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News ed EventiPiaceriMangiare regionale a Milano: viaggio nell’Italia del gusto, sotto la Madonnina

Mangiare regionale a Milano: viaggio nell’Italia del gusto, sotto la Madonnina

Nel capoluogo lombardo si possono assaggiare tutte le cucine del Bel Paese. Anche grazie all’intraprendenza di imprenditori milanesissimi, dei tantissimi toscani, degli estroversi pugliesi, degli accoglienti siciliani...

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Sapessi com’è strano, mangiare regionale a Milano. Parafrasando una canzone anni Sessanta, portata al successo dalla milanesissima Ornella Vanoni (e scritta dal brianzolo Memo Remigi), per molti suona insolito gustare i piatti della tradizione italiana nella città in cui, secondo una celebre battuta, il piatto tipico sarebbe il sushi. Gli ultimi anni hanno infatti visto crescere e moltiplicarsi ristoranti etnici di ogni ordine e grado. L’Oriente è ben rappresentato dai tantissimi giapponesi, forse i più diffusi in assoluto (da qui il motto citato), e dagli altrettanto numerosi cinesi. Seguono a ruota le insegne messicane, peruviane, argentine e i mille fast food di ispirazione araba e turca, regno di kebab e falafel. Milano come Londra: ci si trovano tutte le cucine del mondo. E quella “de’ noantri”? Naturalmente, sì. Anzi: si può dire che la cucina regionale sta riguadagnando terreno fra gli avventori, forse un po’ saturi di gusti forti e speziati, piatti dai nomi impronunciabili e specialità di dubbia provenienza, come certi poké.


Dalla Toscana con amore
Una diceria assai diffusa è quella per la quale i ristoratori di Milano sono quasi tutti toscani, e i pochi altri pugliesi. In effetti, nella città della Scala, si parla con la “C” aspirata in molti indirizzi famosi, spesso caratterizzati da un impeccabile servizio in giacca bianca.


197597È il caso della Torre di Pisa (foto a sinistra), nel cuore di Brera, elegante trattoria dove gustare la più classica delle fiorentine con contorno di fagioli ma anche, com’è giusto che sia, piatti squisitamente milanesi, dal risotto alla cotoletta.
Resta più legato alla tradizione natìa il Lucca, a Porta Venezia, con un menu ricco in cui non mancano i crostoni ai fegatini, i pici in mille salse, le sontuose bistecche e per finire cantucci e Vin Santo. Si era, al contrario, completamente “milanesizzato” Giacomo Bulleri, originario di Collodi, che citiamo non tanto per il menu, che viaggia su e giù per lo Stivale, quanto per aver fatto la storia aprendo la sua prima trattoria nel 1958. Scomparso nel 2019, oggi portano il suo nome 8 locali diversi per tipologia: dal ristorante tradizionale al bistrot informale, passando per la tabaccheria.


Milano-Roma
I toscani, insomma, hanno una grande tradizione nella ristorazione e buon fiuto per gli affari. Luca Guelfi, imprenditore con 6 aperture all’attivo fra il capoluogo lombardo e la Sardegna (più una in arrivo a Los Angeles), ci conferma che in giro per il mondo il 60-70 per cento dei locali che si fregiano del tricolore si rifanno alla cucina fiorentina. Dal canto suo, partito con attività di ispirazione internazionale (dal Messico al Vietnam), durante il lockdown ha sentito l’esigenza di un progetto che rivalutasse la cucina della sua città, Milano appunto, facendola uscire dalle sale un po’ polverose di certe locande d’antan per darle nuova contemporaneità.


197598È nato così Dal Milanese, in zona Cinque Giornate: atmosfera modaiola e chicchina, vagamente anni Ottanta, mentre sui vassoi sfilano risi al salto, mondeghili e ossibuchi.
Da Milano a Roma il passo, per Guelfi, è stato breve: segue un mood più scanzonato il suo Volemose Bene, sottotitolo “Ostaria Romana”, a Porta Nuova. In carta, c'è davvero tutto quello che ti aspetteresti dalle parti di Trastevere: puntarelle, cicorietta, carciofi alla giudìa, il poker di primi (matriciana, carbonara, cacio e pepe, gricia), i saltimbocca, la coda alla vaccinara.
Pietanze che sembrano entrate nel cuore dei milanesi, che le apprezzano anche al ristorante Ponte Milvio, accanto alla storica Macelleria Pellegrini (siamo ancora in zona Porta Venezia), dove non mancano supplì, broccoletti, fritti e fettuccine, ma neppure trippa con pomodoro, pecorino e mentuccia e coratella di agnello coi carciofi.


197599Interessanti due nomi sbarcati direttamente dalla Capitale. Il primo è Felice a Testaccio (foto a sinistra), al Carrobbio, celebre per le paste e i tonnarelli cacio e pepe mantecati al tavolo, cui far seguire polpette al sugo, fracoste, carciofi alla romana. Il secondo è Ba’ Ghetto, in zona Washington, dove ordinare concia di zucchine, carne secca, alici fritte, pappardelle, abbacchio, animelle e altre leccornie della cucina ebraica romanesca.

Pugliesi con una marcia in più                                              
Si diceva dei pugliesi, fra i più intraprendenti sulla piazza. Una delle aperture più recenti e più apprezzate è Il Mannarino, in De Angeli e in Repubblica, vincente sin dalla formula: si ordina dal banco macelleria, si scelgono antipasti, contorni, bevande e si attende al tavolo l’arrivo di bombette (proposte almeno in 8 varianti), zampine (salsicce tipiche), caciocavallo alla griglia, fave e cicoria, accompagnati da taralli e pane casereccio.
Offerta prettamente carnivora anche da Fratelli Torcinelli, in Porta Vigentina, nato dalla creatività di Pietro Caroli, partner in crime di Diego Rossi in Trippa: fra le proposte pugliesi doc, oltre alle immancabili bombette e salsicce, la carne cruda di cavallo, le uova in purgatorio affogate nel pomodoro, la pitta di patate e i torcinelli che danno il nome al locale: involtini di interiora di agnello arrostiti sulla griglia.


197602Arrivano da Polignano i panini di mare di Pescaria (in Garibaldi e in Solari): farciti con tartare di tonno, polpo fritto, gamberi scottati, hanno scalzato in popolarità gli iconici sandwich meneghini e oggi vantano innumerevoli tentativi di imitazione. In carta, sono affiancati da tantissime specialità al piatto tra cui spiccano i crudi comprese ostriche, cozze pelose e tagliatelle di seppia. Fra carne e pesce, orecchiette non pervenute. Per ritrovarle, insieme ai troccoli, ai salumi di Martina Franca, alle burrate e agli immancabili pasticciotti, l’indirizzo giusto è La Massaria, in Porta Romana, recente apertura di due sorelle, Gabriella e Daniela Picariello, che si sono ispirate alle dimore rurali pugliesi per un locale accogliente che è anche emporio, dove fare scorta di taralli, focacce, olio, conserve, caciocavallo e pecorino di grotta, ceci e lenticchie di Zollino e persino ceramiche di Grottaglie.


Su e giù per lo Stivale
In un ideale viaggio fra le tradizione gastronomiche nostrane, le proposte si susseguono ricostruendo una cartina del Paese punteggiata di ricette e prodotti tipici. Arrosticini, pallotte cacio e ova, sagne e fagioli, spaghetti alla chitarra: siamo da Giannino l’Angolo di Abruzzo, in uno dei due locali con tovaglie a quadretti e profumo di griglia di questa insegna storica, a Porta Venezia o in via Padova. A due passi dal secondo indirizzo, passiamo per magia in Friuli all’Hosteria Sauris: frico morbido, jota (zuppa di fagioli e crauti), bigoli al radicchio, blecs (sorta di maltagliati), toc’ in braide (polenta con burro e formaggio) con fegato d’anatra, gulasch rappresentano il meglio di questa cucina dalle forti influenze mitteleuropee.
Dalla periferia al centro, si trova alle spalle del Duomo il tempio della cucina emiliana, Dal Bolognese. Da 50 anni a Roma, “sbarcato” da più di 15 sotto la Madonnina, propone una cucina straclassica fatta di prosciutti e culatelli, tagliatelle e tortellini, cotolette alla bolognese (forse, gli unici in città a “osare” questa versione con prosciutto e formaggio) e, soprattutto, il carrello dei bolliti con i suoi sette tagli canonici: manzo, gallina, prosciutto, cotechino, vitella, testina, lingua. A poca distanza si gustano panelle, Norma e altre delizie siciliane da Slow Sud, definito dai titolari “ristorante terrone”.


197606Decisamente contemporanea la proposta firmata dallo chef Peppe Barone per Terrammare (foto a sinistra), locale in Brera dove non mancano la pasta alle sarde e la cotoletta alla palermitana, ma neppure portate raffinate come il risotto allo zafferano, gamberi di nassa e polvere di capperi o il tataki di tonno che strizza l’occhio ai trend del momento.
Chi ama mescolare cucina di terra e di mare va a colpo sicuro da U Barba, osteria genovese (e bocciofila) in zona corso Lodi: si può partire da una focaccia al formaggio o una farinata, proseguire con trofie e testaroli al pesto o pansoti con salsa di noci per poi regalarsi un sontuoso fritto misto di pesce, un fresco cappon magro o - perché no - tornare in campagna per gustare il rustico coniglio alla ligure.


197609Frittatine di pasta, crocché, montanarine, cuoppo di mare, spaghetti alla Nerano, polipetti alla Luciana e pizze... Non c’è dubbio, siamo a Napoli! Nell’interpretazione di Locanda Carmelina (due indirizzi, all’Isola e in Porta Romana): cucina verace in un ambiente easy al motto “A Milano come in Costiera”. Perché, si sa: come recita il verso di O mia bela Madunina, “canten tucc ‘lontan de Napoli se moeur’, ma po’ i vegnen chi a Milan”. Tradotto: cantano tutti “lontano da Napoli si muore”, ma poi vengono qui a Milano. E... aprono ristoranti!

Francesca Romana Mezzadri
Foto di copertina Francesca Moscheni
marzo 2022

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