Questa delizia dal sapore caramellato che per i più rappresenta le feste natalizie, ha una storia antichissima di apprezzamento e tradizione culinaria, dal Medio Oriente al Vecchio Continente, Italia compresa
Il nome deriva dal greco dactylos, cioè dito, per la forma del frutto, composto da un solo seme legnoso e duro, coperto di polpa dolce racchiusa in una pellicola sottile. Questo frutto – una bacca in realtà – è conosciuto fin dall’antichità per le sue virtù nutrizionali e per la sua dolcezza: la palma da dattero (Phoenix dactylifera L.), diffusa nei deserti del Medio Oriente, Nord Africa e India nordoccidentale.
Palma da datteri con i frutti in maturazione È la classica palma delle oasi, poiché può vegetare e produrre frutti solamente se in un ambiente con un ricco approvvigionamento idrico. I frutti – che si consumano freschi o essiccati (cioè frutta fresca al naturale semplicemente privata dell’acqua) – sono stati riscoperti di recente come alimento superstar dalle proprietà benefiche.
Stampa del 1800 che illustra alcuni usi del dattero Un vecchio detto beduino dice che la palma è più felice con “i piedi nell’acqua e la testa sotto il sole del deserto”: i popoli nomadi se ne nutrivano durante i loro viaggi nel deserto. In un antico inno persiano giunto a noi grazie a Strabone, geografo greco vissuto intorno all’anno 0 che lo tradusse, si rende lode ai trecentosessanta usi della palma da dattero (l’antico vecchio calendario persiano) contava 360 giorni. Il dattero, nella tradizione mussulmana, è considerato il "frutto del paradiso" per le sue straordinarie virtù nutrizionali; il Corano menziona i datteri che Allah fa cadere da una palma datteri freschi e maturi per confortare una donna durante il parto. Trovate curiosità sulla storia e sulla coltivazione del dattero qui.
Datteri preziosi e ricchi di virtù Gli Egizi li consumavano per recuperare le energie. I datteri giunsero a Roma con i soldati di rientro dalle campagne africane e vennero subito amati dagli antichi Romani, che ornavano le loro ville con le palme da dattero; in particolare – racconta Plinio – era pregiata la varietà proveniente da quella che era l’antica Giudea, particolarmente dolce e polposa. I nobili patrizi, in occasione del primo di gennaio, mese dedicato alla divinità Ianus (Giano Bifronte), protettore degli inizi, usavano regalare agli amici vasi e scatole di datteri e fichi secchi conservati nel miele, con l’augurio “Perché l’anno che inizia ti sia dolce”. Venivano consumati freschi o essiccati, anche sotto forma di sciroppo (uno dei dolcificanti più antichi), utilizzati nella panificazione e serviti con i formaggi. Lo stesso Marco Gavio Apicio, in un libro del De Re Coquinaria, sia la ricetta dei datteri cotti nel miele – ai datteri viene estratto il seme e vengono riempiti con pinoli o pepe tritato; farciti, vengono salati e infine cotti nel miele per poi essere subito serviti – sia quella del Conditum paradoxum, vino dolcificato con abbondante miele, aromatizzato con pepe, zafferano e datteri e scaldato a più riprese, per essere servito a fine pasto.
Nel Medioevo, come poi nel Rinascimento, i datteri erano generalmente utilizzati per realizzare torte e pasticci anche salati. Come piccola ghiottoneria, erano serviti ripieni e caramellati al termine dei banchetti. Nei ricettari del tempo, i grandi cuochi delle corti pretendevano che nelle loro cucine non mancassero mai alcuni ingredienti ritenuti basilari come “…persiche (pesche), pomi (mele), pere e datteri”, oltre a zibibbo e noci (Cristoforo Messisbugo, 1577). Bartolomeo Scappi (1570) nella sua Opera, descrive il Rotolo di datteri che usava servire al papa e ai cardinali, dove bolliva nel vino datteri, zibibbo e uva di Corinto e farciva con essi una sfoglia sottile realizzata con fior di farina, uova, lievito, burro e acqua di rose. La ricetta si è poi diffusa in tutte le sue varianti, nella cucina festiva di tradizione del nostro Centro-Sud che vede diversi rotoli o ciambelle farciti di frutta secca come noci, nocciole e mandorle ed essiccata (datteri, prugne, fichi e uva sultanina). Il francese Alexandre Dumas, romanziere e scrittore, autore dei Tre moschettieri e del Conte di Montecristo, era un grande ghiottone, dalle passioni gourmet, e consigliava – nel suo “Grande Dizionario di Cucina, pubblicato poco prima della morte – di mangiare freschi solo quelli maturi, per evitare la nausea.
Deglet-en-Nour, con (sotto) e senza zucchero (sopra) Le varietà più apprezzate e consigliate per la qualità superiore sono la Medjoul – di colore dal marrone chiaro a scuro, gradita per le grandi dimensioni, la morbidezza, la dolcezza e la succosità – e l’aromatica e dolce Deglet-en-Nour o Degla-Nur (letteralmente le “dita della luce” in arabo, riferito alla forma elegante e alla trasparenza ambrata dei frutti guardati in controluce) dalla colorazione dal marrone dorato al marrone scuro, le dimensioni più piccole e il gusto che ricorda il miele; si trovano senza zucchero e con zucchero.
Datteri freschi, in maturazione Da noi, a causa della facile deperibilità, i datteri freschi, come le varietà Berhi e Hiann, sono difficilmente reperibili e quasi sempre conservati in celle frigorifere. In Marocco, ancora oggi il primo pasto della giornata prevede molta frutta, fresca ed essiccata, come le insalata di arance e dolcissimi datteri freschi delle oasi, perfetti per accompagnare le immancabili crêpes beghir (o baghrir) bagnate dal miele. Vengono utilizzati da secoli in molti piatti delle cucine mediorientali, arricchiscono cous cous, tajine, riso, pani e dolci.
Torta djamilah, Tunisina Con i datteri in Tunisia si produce il nabidh, vino che si dice prediletto da Maometto, e il thibarine, un liquore aromatizzato con erbe varie; il makrouds è un dolce speciale realizzato con il cous cous, mentre la torta djamilah è profumata al limone Una parte dei frutti raccolti viene fatta seccare al sole, per aumentare la concentrazione degli zuccheri e la loro conservazione. Nel Regno Unito il pudding con i datteri i pancake e il plumcake al cardamomo sono una raffinatezza, come la macedonia orientale che vi proponiamo. In Giappone arricchiscono la mizuna, una particolare insalata allo zenzero.
Si prestano facilmente a essere farciti, una volta eliminato il seme duro Amano carne (pollo e maiale in particolar modo) e pesce. Si prestano molto a essere farciti per divenire sfiziosi bocconcini. Da provare in piatti sfiziosi come gli involtini con datteri e melagrana – si sposano benissimo con banane e melagrana – e i fagotti di filetto. Danno gusto a insolite torte golosissime come quella alle banane caramellate e la millefoglie al Vin santo. Imperdibile la raffinata mostarda e i datteri farciti al foie gras, da servire nelle grandi occasioni festive, come la crème brûlée alla cannella. Impreziosiscono il classico salame di cioccolato.
Oltre che come ingrediente, si gustano freschi o secchi, al naturale o denocciolati e poi farciti con formaggi morbidi, in special modo il mascarpone freschissimo, che ne bilancia la dolcezza; da provare con erborinati “forti” come il Roquefort e lo Stilton. I datteri si sposano benissimo anche con salumi come la bresaola, lo speck, il lardo e il prosciutto crudo, come in questi farciti al formaggio di capra e balsamico; funzionano anche con il salmone. Nella cucina vegana, sostituiscono margarina e burro.
Francesca Tagliabue
dicembre 2025