La cita anche Leonardo da Vinci l’acqua di rose, delicato elisir che profuma la cucina soprattutto mediorientale. E poi c’è quella di fior d’arancio, più nota anche ai fornelli nostrani, soprattutto in pasticceria e soprattutto al sud e in Sicilia, dove l’influsso arabo è penetrato anche nella gastronomia. Come farle entrare nelle nostre ricette?
Partiamo dall’acqua di rose, che noi conosciamo principalmente per le sue riconosciute qualità cosmetiche che da sempre con delicatezza esaltano la bellezza femminile. Quella per uso alimentare è detta anche “giulebbe”, che deriva dal persiano “gul”, rosa e “ab”, acqua. In realtà il giulebbe è più sciropposo e conta, oltre all’estratto di rosa, ingredienti quali succhi di erbe o frutti e fiori e miele o zucchero in quantità tali da farlo diventar sinonimo di “stucchevole”. Soprattutto nei negozi etnici si trova invece in versione più pura, ma pur sempre con “aromi”. Originariamente, invece, altro non dovrebbe essere acqua e petali di rosa. Elettivamente, quella di Damasco.
Al pari, l’acqua di fior d’arancio, che da noi si chiama “acqua di zàgara” (il fiore degli agrumi), sarebbe solo fatta di petali e acqua. Il liquido dovrebbe essere puro e trasparente. Con aggiunta, in entrambi i casi, di zucchero se si predilige la versione dolce e sciropposa. Ce ne vogliono tanti, di petali, ma se avete un giardino o un albero da frutta vale la pena di tentare. E bisogna essere nel pieno della primavera.
Intanto, tra le varie ricette, mettiamone in saccoccia una semplice per fare in casa l’acqua di zagara. I fiori vanno raccolti all’alba, sciacquati e asciugati delicatamente. Si pongono 50 gr di fiori in un contenitore di vetro, si coprono con una tazza d’acqua e si lasciano macerare 24 ore. Poi il liquido va filtrato e riposto in un vaso chiuso. Per la versione sciropposa, bisogna sciogliere un etto di zucchero in quest’acqua e tenerlo sul fuoco fino a quando diventa sciropposo. Facile, no?
In qualsiasi stagione possiamo godere di queste acque per aromatizzare in modo originale e raffinato dolci e pietanze. L’uso in pasticceria è più noto. Per l’acqua di fior d’arancio, pastiera docet. L’abbinamento con ricotta, canditi, ma anche cioccolato fondente e marron glacé è indubbiamente riuscito e goloso. Per quel che riguarda l’acqua di rose, può regalare un tocco fiorito e sensuale a molti tipi di dessert: panna cotta, creme, tortini, plum cake (e in estate granite e sorbetti). L’abbinamento con la vaniglia è vincente, ma anche con spezie più esotiche come cardamomo e zenzero. E poi la frutta: la condiscono ed esaltano, un semplice arancio con acqua di fior d’arancio è una delizia per il palato!
La sfida è provarla nelle pietanze salate, facendosi trascinare piacevolmente dal trend culinario che vuole sempre più lo zucchero nei piatti salati, ritorno a un rinascimentale gusto che ha tracce anche ben più lontane, come c’insegnano gli antichi romani. Nelle ricette arabe e mediorientali sono spesso abbinati a frutta a guscio – mandorle in primis – e frutta secca, e scelte per donare un tocco aromatico a sofisticati piatti spesso a basi di carni a volte esotiche, come le quaglie. Ma va bene anche il pollo, con l’immancabile riso e la frutta anche fresca – ribes e melograno sono perfetti. A entrambe le acque si abbina molto bene lo zafferano; con il fior d’arancio funzionano cumino e coriandolo. Provare per credere: prendete una ricetta che v’ispira e osate aggiungere un po’ d’acqua di rose o di fior d’arancio!
Carola Traverso Saibante
aprile 2018
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