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News ed EventiNewsPajata, adesso arriva quella vera

Pajata, adesso arriva quella vera

L'Unione Europea ha ulteriormente allentato le regole che erano state imposte dopo la mucca pazza.

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La notizia risale a un anno fa (leggi qui): l'Unione Europea, dopo quasi 15 anni, ha sdoganato la pajata. E quindi, qual'è la novità? Che da ora in poi si potrà di nuovo gustare la “vera pajata”.

Tutto era cominciato con la “mucca pazza”, la pericolosa malattia che colpiva i bovini – oggi un rischio che nel nostro Paese è considerato “trascurabile” - e che rendeva particolarmente pericoloso consumare le loro interiora. E proprio di interiora è fatta la “pajata”, o “pagliata”, termine con il quale ci si riferisce all'intestino tenue del vitello da latte, o del bue.

Dal 5 agosto scorso (quando il regolamento Ue era entrato in vigore) tale parte del bovino (di qualsiasi età) era dunque di nuovo in commercio. Ma prima di essere messa in vendita doveva essere pulito, svuotato e sbiancato, dato che la norma prevedeva appunto lo svuotamento di tutte le viscere previa messa in circolo sul mercato.

Ciò non aveva fatto felici gli estimatori della “vera pajata”: e cioè l'intestino medio (o tenue, appunto) del vitello da latte, che contiene il chimo, ossia il latte della mamma di cui i piccoli ancora si nutrono.

“Con questo riconoscimento la Commissione europea identifica una tipicità del nostro Paese e allo stesso tempo approva il metodo di produzione italiano che ne garantisce l'assoluta innocuità per la salute umana” ha dichiarato soddisfatto Franois Tomei, direttore di Assocarni. Il Ministero della Salute, per favore questo “secondo sdoganamento”, aveva consegnato alla Commissione Europea un dossier scientifico in cui spiegava l'innocuità dell'intestino. E anche la Coldiretti si era impegnata in una lunga battaglia.

La pajata è una pietanza della tradizione romana: la preparazione principe è quello del primo piatto coi rigatoni; altrimenti viene servita alla brace in forma di spiedino. Oppure, per esempio, al forno con le patate.

La modifica della normativa riguarda il cosiddetto Materiale Specifico a Rischio (MSR) negli organi e nei tessuti degli animali. Ad essere ancora escluso rimane il cervello del bovino: chi proprio ci tiene a mangiarlo in frittelle, dovrà aspettare ancora un po'.

Carola Traverso Saibante
Foto: Flickr/Luciano
25 marzo 2016

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