Il Miele della Lunigiana, il primo nettare ad avere ottenuto il marchio DOP in Italia nel 2004, è prodotto da secoli in una valle quasi “incontaminata”. Infatti, si legge nei documenti d'epoca che già agli inizi del Cinquecento la Lunigiana era terra di apicoltori: su 447 mucche e 41 maiali, gli alveari erano 331. Un numero destinato a salire nel tempo, con "800 bugni" (alveari) nel periodo napoleonico e circa 5000 oggi. Perché le api, decimate dai pesticidi in parte dell'Europa e del Nord America, non hanno abbandonato l'alta Lunigiana, questa valle appartata, bagnata dal fiume Magra, che dall'Appennino guarda verso la Liguria e il mare. Ancora incontaminata (quassù l'industria non è arrivata), ha pochi abitanti ma tanti prati e boschi: di castagni, coltivati un tempo soprattutto per i frutti e la farina, che ritroviamo in molte ricette tipiche (lasagne bastarde, frittelle), e di acace. Dai fiori dei due alberi, bianchi e profumati quelli di acacia (maggio), a grappoli giallastri e acri quelli di castagno (giugno, luglio), le api succhiano il nettare da cui nasce il Miele della Lunigiana.
Entrambe le varietà, di acacia e di castagno, sono vendute in vasetti che devono riportare il logo europeo e quello del consorzio, a garanzia che sia stato rispettato il disciplinare. Cioè la raccolta in un territorio delimitato (14 comuni in provincia di Massa Carrara), omogeneo e incontaminato, con una tradizione storica di apicoltura; le buone pratiche di allevamento e cura delle api; un prodotto di estrema purezza, con un preciso Dna territoriale, identificato dalle caratteristiche organolettiche, chimico-fisiche e dei pollini.
Dolce o amarognolo
Le due varietà di miele della Lunigiana hanno caratteri molto diversi. Quello di acacia è delicato, di colore molto chiaro, odore leggero e fruttato, sapore decisamente dolce e aroma tenue e vanigliato. Un nettare gentile e gradevole, che solitamente piace a tutti e si mantiene limpido e liquido a lungo. Più difficile e scontroso il miele di castagno, scuro con sfumature rossastre: ha odore forte lievemente tannico (il tannino è contenuto nella pianta), sapore persistente con note amare, tanto da essere preferito da chi non ama lo zucchero. Si mantiene a lungo liquido ma talvolta può in parte cristallizzarsi. Anche gli usi dei due mieli cambiano.
Miele di acacia o di castagno: gli usi in cucina
Il miele di acacia, che non copre i sapori, è il più usato come dolcificante e nelle preparazioni di gusto delicato: piatti salati con verdure (in insalata o grigliate), formaggi freschi, pesce, crostacei, carni bianche. Quello di castagno, invece, è ottimo per le degustazioni di formaggi stagionati, con le carni, per esempio il maiale caramellato, in torte rustiche, biscotti. La spongata, tipico dolce natalizio emiliano che si prepara anche a Pontremoli, ha fra gli ingredienti il miele: si possono usare entrambe le varietà, a seconda dei gusti, come per molti altri piatti.
Novembre 2021,
Marina Cella, foto di Maurizio Lodi
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