Se ne parla a proposito di carta, plastica, vetro. Non gettare questi materiali e dare loro nuova vita è una buona pratica sempre più diffusa a tutela dell’ambiente. Allora, la domanda nasce spontanea: è anche possibile riciclare in cucina? La risposta, naturalmente, è affermativa. Ai fornelli e in dispensa, non gettare in modo indiscriminato e riutilizzare il più possibile è non solo consigliabile ma necessario in un’ottica antispreco e di risparmio, per il nostro portafoglio prima ancora che per il mondo che ci circonda.
C’era una volta la cucina povera
Spesso di parla di rivalutazione della tradizione popolare o contadina, la cosiddetta cucina povera, ma ricca di ricette di recupero. Pensiamo alla ribollita, la corroborante “minestra riscaldata” toscana nata per portare in tavola la zuppa di verdure del giorno prima, o alle tante zuppe di pesce e alla stessa frittura di paranza, nate da minutaglia (quando non proprio da scarti come lische e gusci) priva di valore commerciale ma saporita e nutriente. Sebbene l’argomento sia letteralmente sulla bocca di tanti appassionati di buona tavola, nella pratica molti di noi ancora preferiscono il filetto, taglio nobile, alla trippa, “regina” del quinto quarto. Dei carciofi o dei finocchi mangiamo il cuore gettando senza troppi pensieri gambi e giri su giri di foglie esterne. Le croste del formaggio finiscono, nella migliore delle ipotesi, nella pappa di Fido, e i fondi di prosciutto ci sembrano sempre così grassi! Il risultato è che questi “sottoprodotti” vanno diretti nell’umido e... buonanotte al secchio – nel vero senso della parola! Un atteggiamento che affonda le sue radici nel boom di benessere che ci ha, fortunatamente, travolto nella seconda metà del secolo scorso. Ma che risulta anacronistico alla luce di concetti attuali e indispensabili come sostenibilità e riduzione dei consumi.
Dal brodo al ragù
Lo abbiamo raccontato tante volte: tutto fa brodo! Il modo migliore di riciclare gli scarti di ortaggi, carni e pesci è immergerli in un pentolone di acqua bollente e preparare ottime basi casalinghe da conservare in frigo per tutta la settimana o riporre in freezer per utilizzi futuri: non solo minestre e risotti, ma anche sughi, salse, umidi, stufati... Nella pignatta possono finire le spuntature delle alette di pollo e in generale gli ossi e persino la pelle che rimangono quando spolpiamo un volatile, ma anche le rifilature (parti grasse o nervose) che eliminiamo quando puliamo o pareggiamo un pezzo di manzo da fare arrosto o brasare, oltre a teste, gusci, lische di crostacei e pesci. Piccoli ritagli di carne, come la parte finale e più sottile di un filetto di maiale, possono essere macinati al coltello o nel mixer per fare da base o da aggiunta a un ragù. Lo stesso per i fondi dei salumi, che sono anche ottimi per insaporire le zuppe, così come le croste di grana e parmigiano. A volte, questi resti sono davvero poca roba, quantità così minime che è quasi naturale gettarli, ma ci viene in aiuto il freezer dove farne scorta fino a raggiungere la quantità adatta a essere cucinata.
Essiccare o friggere
Le bucce delle patate fritte sono una delizia. Allora, perché non provare con quelle del topinambur, delle zucchine, delle melanzane, delle carote, dei pomodori? Basta lavarle bene e tuffarle in olio ben caldo per ottenere chips multicolore e croccanti. Si possono friggere anche il verde di porri e cipollotti ridotti a filetti sottili che diventeranno una “paglia” decorativa, le foglie esterne dei carciofi, quelle di cavoli e verze tagliate a losanghe. L’alternativa è l’essiccazione che si può fare in forno, a temperatura molto bassa (intorno ai 50-60°) o nell’apposito essiccatore. Una volta ben asciutte, le verdure essiccate si possono macinare e mescolare con sale (circa un quarto del peso degli ortaggi) per ottenere una sorta di dado per brodo casalingo. Oppure, lasciare al naturale e usare come guarnizione e per rinforzare il sapore dei piatti: una spolverata di “polvere” di bucce di pomodoro su una caprese la vivacizza e le dona fragranza, una di foglie di broccoli intensifica le classiche orecchiette.
Dal passaverdure o dall’estrattore
Le bucce di pomodoro che vi abbiamo suggerito di essiccare possono venire anche dal passaverdura, dove rimangono quando prepariamo la conserva. Analogamente, si può usare lo scarto che resta nell’estrattore quando prepariamo succhi di frutta o verdura: un riciclo molto diffuso nella cucina vegetariana e vegana che si ispira a quello dell’okara, come è chiamata la polpa che rimane nel setaccio al termine della preparazione, anche casalinga, dei latti vegetali di soia, mandorle o avena.
Nelle insalate
Le foglie dei ravanelli spezzettate, quelle dei cavolfiori ridotte a julienne finissima, i ciuffi delle carote o i gambi di prezzemolo e coriandolo tritati: sono solo alcuni esempi per dare un twist alla più semplice delle insalate, aggiungendo gusto e colore. Provate anche il verde di cipollotti e porri, scegliendo solo la parte centrale più tenera e gradevolmente piccantina, mentre quella più esterna, come detto, potrà essere fritta o trovare posto nel brodo. Le scorze “svuotate” dopo aver spremuto arance, limoni e lime possono essere grattugiate o ridotte a filetti per profumare vinaigrette e citronette.
Gli avanzi veri e propri
Fin qui abbiamo parlato degli scarti di alimenti freschi e crudi. C’è poi il tema degli avanzi di piatti cucinati che, arricchiti di altri elementi, possono diventare portate nuove di zecca. Così una mezza porzione di pasta si trasforma in frittata o sformato per 2 persone e ogni risotto può essere fatto al salto. Un pezzetto di brasato o qualche boccone di spezzatino si sfilacciano, si arricchiscono con pomodoro e diventano ragù o farcitura per crostini. Lo stesso fondo o sughetto che resta nella casseruola dell’arrosto, staccato con brodo o semplice acqua calda e legato con una grossa noce di burro, diventa la base ideale per saltare penne o spaghetti. Le verdure cotte sono la farcitura di pie e torte salate, anche mescolate a pezzetti di formaggio nella più classica delle ricette svuotafrigo. L’ingrediente in più? La vostra fantasia, unita alla capacità di guardare gli avanzi da un altro punto di vista: come risorse, invece che come rifiuti.
Le ricette inaspettate
Dopo tanta teoria, passiamo alla pratica. Dal nostro archivio abbiamo selezionato tre ricette che possono ispirarvi per diversi utilizzi degli scarti alimentari. La più insolita? I muffin con le bucce di banana: provateli subito!
Trippa di croste di grana al pomodoro. Raschiate bene 320 g di croste di grana padano con un coltello per ripulire la parte esterna. Mettetele in una pentola, coprite con un litro d’acqua, portate a bollore, abbassate la fiamma e fatele cuocere a pentola coperta per circa un’ora. Sgocciolatele con un mestolo forato, lasciatele intiepidire e tagliatele a striscioline larghe circa un cm. Filtrate il brodo. Lavate 2 piccole coste di sedano e una carota, sbucciate una cipolla, tritateli e fateli rosolare in una pentola con un rametto di timo e un filo d’olio. Unite 500 g di passata di pomodoro e mezzo litro del brodo di croste di formaggio. Proseguite la cottura per circa 20 minuti. Riunite le croste di grana tenuta e una bustina di zafferano diluito in un cucchiaio di brodo. Terminate la cottura in 5 minuti. Regolate di sale, pepate, diluite se occorre con poco altro di brodo caldo e decorate con timo. Per 4 persone.
Muffin alle bucce di banana. Private delle estremità 2 bucce di banane mature. Mettetele in un pentolino, copritele d’acqua, portate a bollore e fate cuocere 30 minuti. Scolatele, tagliatele a pezzi, frullatele e trasferitele in una ciotola. Imburrate uno stampo da muffin da 12 pezzi e spolverizzatelo di farina. Tritate 30 g di nocciole spellate. Setacciate in una ciotola 250 g di farina con un cucchiaino di lievito in polvere e uno di bicarbonato. Mescolateli con 140 g di zucchero. In un’altra ciotola mescolate 85 g di burro fuso con 2 uova, 2 dl di latte e la purea di bucce di banana. Unite i due composti e incorporate metà delle nocciole. Suddividete l’impasto negli incavi dello stampo, spolverizzate con le nocciole rimaste e infornate a 200° per 15-18 minuti. Serviteli spolverizzati di zucchero a velo. Per 6 persone.
Palline al cocco e succo di carote. Lavate un chilo di carote. Con l’estrattore, ricavate il succo da circa 200 g di carote, tenetelo da parte e recuperate la polpa residua. Trasferitela nel mixer con 100 g di gherigli di noci, 100 g di mandorle spellate, 6 datteri snocciolati, un cucchiaio di sciroppo d’agave e un pizzico di vaniglia, cardamomo e cannella in polvere. Frullate per ottenere un composto omogeneo. Prelevate una piccola porzione di impasto per volta e formate tante palline della grandezza di una noce, rotolandole fra le mani. Allargate in un piatto 3-4 cucchiai di cocco secco grattugiato e rotolatevi le palline. Allineatele su un vassoio, rivestito di carta da forno, e passatele in frigo a rassodare 30 minuti. Estraete il succo dalle carote rimaste, unitelo a quello ricavato in precedenza e servitelo con le palline (potete essiccare il resto dello scarto delle carote e usarlo per arricchire brodi e minestre). Per 4 persone.
Francesca Romana Mezzadri
marzo 2022
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