In Italia il vino è da sempre il protagonista silenzioso delle celebrazioni: illumina tavole e volti, accompagna brindisi di buon augurio, sigilla abbracci e, talvolta, anche riconciliazioni. Ma scegliere le bottiglie giuste non è sempre immediato perché bisogna pensare all’abbinamento con i piatti ma anche al “peso” simbolico dello stesso vino. Ecco quindi una piccola guida!
Delle bollicine per aprire le danze e dei vini bianchi vi abbiamo già parlato qui. Ora è tempo di...
Natale è, da sempre, la stagione del rosso: colore di fiamma, di cuore e di festa. Nel calice, i rossi interpretano questo immaginario con un repertorio di rubini, carmini e granati che sanno di bosco, legno, spezie e memoria. La tavola delle feste, dal pranzo di Natale fino all’Epifania, mette in scena il meglio della cucina d’inverno, con arrosti, umidi, brasati, selvaggina, maialino, tacchino, agnello e formaggi stagionati. Proprio in questo momento entrano in campo i grandi rossi italiani. Dal Piemonte arrivano le nobili declinazioni del Nebbiolo: Barolo, Barbaresco, Gattinara. Profumi di rose, violette, piccoli frutti rossi, erbe balsamiche e tabacco dolce si fanno preludio di un sorso profondo e tannino denso; perfetti con brasati, stracotti e secondi importanti. In Toscana, il Sangiovese veste abiti diversi: Brunello di Montalcino elegante e austero, Vino Nobile di Montepulciano più morbido e succoso, Chianti Classico e Chianti Classico Gran Selezione fedeli compagni di arrosti, faraone, anatre e cinghiale. A Bolgheri, poi, i tagli bordolesi raccontano le suggestioni di Cabernet, Merlot, Syrah, il sole e il mare d’occidente. Nel Nordest l’Amarone della Valpolicella è il re della ricchezza e della complessità: ciliegia, spezie, cioccolato, frutta sotto spirito e tannini sempre avvolgenti. A tavola governa secondi a base di cervo, capriolo, stracotti in genere, ma sa anche essere sorprendente con formaggi stagionati. Scendendo al Sud, l’Aglianico si esprime in Taurasi, Aglianico del Taburno e Aglianico del Vulture: vini di grande struttura, profondi, con richiami di liquirizia, carrube, tabacco e perfetti con agnello, capretto e carni al forno. In Puglia i Primitivo di Manduria e i Negroamaro del Salento portano calore, confettura di frutti rossi e morbidezza; in Calabria il Cirò Rosso racconta la fierezza del Gaglioppo; in Sicilia brillano Etna Rosso (fine ed elegante nel suo animo vulcanico) e Nero d’Avola; in Sardegna, infine, Cannonau e Carignano del Sulcis completano il quadro con toni mediterranei e una sapidità marina da primato. I grandi rossi meritano calici ballon ampi che permettano al vino di ossigenarsi e una temperatura tra 16 e 18°C (mai oltre, soprattutto in case molto riscaldate). Vecchie annate e vini importanti beneficiano di un passaggio in decanter per aprirsi lentamente. Nell’ordine di servizio prima i rossi più giovani e agili, poi le Riserve e i vini più strutturati.
Tra un antipasto e un secondo, può esserci spazio per un brindisi “di rottura”: uno spumante rosato Metodo Classico per alleggerire il palato, un Lambrusco di Sorbara secco per accompagnare salumi e tortellini in brodo, un rosso giovane servito leggermente fresco per ridare brio alla tavola. Piccoli intervalli liquidi che scandiscono il tempo del pranzo e aiutano il palato a non “stancarsi”.
Con i vini dolci iniziano nuove sfide. Una regola è chiara: mai abbinare un vino secco a un dessert. Il dolce del piatto schiaccerebbe il vino, facendolo sembrare amaro. Meglio scegliere vini dolci, passiti o liquorosi, calibrando intensità e struttura. I Moscati sono tra i compagni più fedeli delle feste. L’Asti Spumante Dolce (ne esiste anche una versione in secco) e il Moscato d’Asti piemontesi sono perfetti con panettone e pandoro, crostate di frutta, biscotti assortiti e dolci a pasta lievitata. Profumi di fiori, agrumi, miele, salvia, uva fresca: un mondo immediato e sorridente. Non solo Piemonte, tuttavia, quando si parla di Moscato, giacchè nel resto d’Italia troviamo anche il Moscato di Tempio Pausania in Gallura, il Moscato Giallo trentino e altoatesino, il Moscato Fior d’Arancio dei Colli Euganei e, nel Lazio, il Moscato di Terracina. L’appassimento è la “magia” di far perdere acqua agli acini concentrando zuccheri e aromi: può avvenire in pianta, su graticci al sole o in fruttaio. Il Passito di Pantelleria, da Zibibbo, è un classico: dorato alla vista, profuma di agrumi canditi, albicocca secca, miele e rivela al sorso una sapidità marina che lo rende perfetto con dolci alle mandorle e la pasticceria siciliana. Dal Nordest arriva il Recioto della Valpolicella, “padre” dell’Amarone e perfetto su torte al cioccolato, Sacher, biscotti al cacao e frutta secca. Il Picolit friulano è ideale con la Gubana, le crostate alle noci, frolle ripiene e dolci a base di crema pasticcera, oltre che con formaggi erborinati e stagionati. Quando la Botrytis cinerea diventa “muffa nobile”, il risultato sono vini straordinari: Sauternes in Francia, ma anche Muffati italiani come quelli dell’Orvietano e di Breganze. Profumi di miele, zafferano, frutta tropicale e frutta secca anticipano una dolcezza ben equilibrata da vibrante acidità. Perfetti con cheesecake, dolci al cucchiaio, crostate di frutta caramellata e, anche qui, formaggi erborinati. Il Vin Santo toscano, invece, insieme alle versioni umbre e trentine, racconta di uve appassite, caratelli nei sottotetti, fermentazioni lente. Note di miele, frutta secca, canditi e accenti tostati che si sposano con panforte, biscotti, cantucci e tutta la biscotteria secca delle feste. Da non dimenticare, infine, i vini liquorosi. Il Marsala, nelle versioni Oro, Ambra e Rubino, profuma di frutta secca, agrumi canditi, spezie, miele, cacao ed è ideale con pasticceria secca, dolci alla mandorla o dessert al cioccolato. Gli Sherry dolci (Cream e Pedro Ximénez) sono densi, scurissimi, ricchi di profumi di fichi secchi, datteri, caramello, caffè ed esaltano dolci al cucchiaio caramellati, crème caramel, torte al cioccolato e dessert al caffè. Il Porto, poi, è un universo a sé: impagabile, nelle versioni Old Tawny e Tawny, con cioccolato, torroni e frutta secca.
A Natale e durante le feste di fine anno, ogni bottiglia è una piccola storia che si apre con un colpo del tappo, il rumore della mescita e poi si riempie di voci per finire sempre tra i sorrisi.
La scelta del vino giusto non è un esame da superare, ma un gesto di cura verso chi siederà alla nostra tavola. Che sia un grande Barolo di famiglia, un Vermentino profumato per la Vigilia, un Moscato dolce con il panettone o un Porto da fine pasto, l’importante è che ogni calice abbia qualcosa da raccontare. Il resto lo faranno le persone, i piatti e quel momento sospeso in cui ci si guarda negli occhi, si solleva il calice e si dice “alla salute” perché il vino, proprio come il Natale, vive di attesa e condivisione e il brindisi perfetto sarà quello che ricorderemo anche a luci spente.
Alessandro Brizi,
dicembre 2025