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News ed EventiPiaceriStreet food alla toscana: rustico e ghiotto, amato da tutti

Street food alla toscana: rustico e ghiotto, amato da tutti

La cucina toscana, apprezzata in tutto il mondo, promette e mantiene: piatti saporiti che attirano i palati da tutto il mondo. Forse non tutti sanno che anche lo street food di questa regione è un’esperienza da provare: tante e irresitibili sono le gustose leccornie vendute a ogni angolo di strada, ecco le più conosciute

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La schiacciata toscana (che è salata)

Street food - Schiacciata toscana - Valdelsa.net

Oltre lo street food: la la schiacciata toscana è tanto semplice quanto gustosa e versatile. Amatissima e molto diffusa, a seconda della zona della Toscana, questa focaccia cambia di nome (pare che siano centinaia): i più conosciuti rimangono schiacciata toscana, schiacciata all’olio o semplicemente schiaccia o ciaccia. Questa focaccia toscana ha origini antichissime, nasce come un impasto di acqua e cereali macinati, poi “schiacciato” a disco per poter essere cotto su pietre rese roventi al fuoco: doveva infatti essere sufficientemente sottile per cuocere bene, visto il metodo rudimentale di cottura. Successivamente venne aggiunto il lievito e si iniziò a farla con frumento; dal Medioevo iniziò la cottura nei forni e nel Rinascimento nascono le prime schiacciate farcite.

Finocchiona

Oggi la si trova dappertutto, realizzata con un impasto lievitato a base di farina, acqua, olio e lievito; una volta cotta in forno, viene  condita con un filo di olio extravergine. Ottima così, liscia, oppure farcita con i tipici salumi (come il prosciutto toscano, il lardo di Colonnata, la finocchiona, la soppressata e il salame toscano) e formaggi (i vari caprini, il pecorino giovane, il marzolino, etc.) toscani.

Il panino con il lampredotto

STREET FOOD TOSCANO COVER

Che dire del simbolo dello street food toscano? Ha origini molto antiche – ne troviamo traccia già nel Quattrocento – e popolari:  l’origine del nome è curiosa, e si rifà alla lampreda, un pesce simile all’anguilla pescato nel fiume Arno – cibo ritenuto raffinato, riservato alla nobiltà e ai più ricchi che desideravano variare la loro dieta di selvaggina e carne rossa. Ai poveri, che non potevano permettersi cacciagione, bisteccone e lamprede, restavano le frattaglie, le parti meno pregiate del bovino. Così ci fu chi pensò di utilizzare uno dei quattro stomaci del bovino, l’abomaso: questa trippa, in parte magra (la gala), veniva cotta a fuoco lento in un brodo aromatizzato con pomodoro, sedano e cipolla per ammorbidirne la parte più grassa (la spannocchia); poi veniva tagliata a pezzetti e condita con sale e pepe o la tipica salsa verde.

Street food - PANINO CON LAMPREDOTTO

Il tutto veniva venduto nelle semelle o semei (tipici panini toscani), la cui parte superiore veniva bagnata nel brodo di cottura del lampredotto, per renderla ancora più saporita. Se i nobili avevano la lampreda, allora il popolo avrebbe avuto il suo lampredotto! Un tempo veniva venduto nelle botteghe lungo il fiume Arno, ma con il passare dei secoli questo gustosissimo panino è diventato il più famoso street food fiorentino. Trovate qui tante curiose informazioni sulla trippa alla fiorentina (anch’essa venduta per strada dai trippai) e qui trovate la ricetta del panino con il lampredotto.

La schiacciata fiorentina (che è dolce)

Schiacciata_alla_fiorentina_PH_WILO-MA

Non ha nulla in comune con la più famosa schiacciata toscana, che è appunto una focaccia salata. L’avrete vista nelle vetrine dei forni e dei pasticceri di Firenze: la schiacciata fiorentina si presenta come una torta lievitata rettangolare o quadrata, alta non più di tre centimetri e sempre morbida; sulla superficie, uno strato di zucchero a velo decorato con il simbolo del giglio fiorentino disegnato con cacao in polvere. Morbida, aromatizzata all’arancia (si usano scorza e succo), al palato ricorda la torta Paradiso. Qui trovate la ricetta.
Nasce molto tempo fa, una semplice torta casalinga che nel Settecento era nota anche con il nome di “schiacciata delle Murate” perché veniva realizzata dalle suore dell’omonimo convento delle Murate in Via Ghibellina; quando questo si trasformò nel tristemente famoso carcere, questo dolce rimase a far parte dell’ultimo pasto dei condannati. Pellegrino Artusi la cita nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene come “stiacciata coi siccioli” (Ricetta n° 596), dove i siccioli o ciccioli sono ciò che rimane dalla colatura dello strutto, parte della ricetta originale.

Schiacciata con l'uva

Con i cenci (il nome locle per le chiacchiere) e le frittelle, è tipicamente preparata a Carnevale, ma si riesce a trovarla anche fuori periodo, a fette, da godersi in una passeggiata per la città. Per rimanere sui dolci fiorentini in versione street food, non perdetevi una fetta della golosissima schiacciata con l’uva (foto sopra) – la trovate però solo in tempo di vendemmia, a settembre e ottobre.

Il panino con la porchetta

PANINO CON PORCHETTA 2

Per fare la porchetta, il maiale viene pulito e disossato, per poi essere arrotolato e farcito con un mix mdi spezie, erbe aromatiche come il ramerino (rosmarino in dialetto), aglio, salvia e fiori di finocchio, talvolta mescolati a piccoli pezzi di milza e fegato. La porchetta viene infilata in uno spiedo e messa a cuocere sulle braci per 5-8 ore, finché la cotenna sarà croccante, salata, irresistibile.

PORCHETTA

Una volta pronta, la porchetta viene affettata e va a farcire un panino bianco, croccante fuori e dalla mollica morbida. Va mangiata appena cotta, ancora tiepida nel panino. I panini con la porchetta – che è diffusissima anche oltre i confini regionali – sono oggi protagonisti dello street food in occasione di sagre e feste popolari della Toscana (in particolare ad Arezzo) e in tutto il Centro Italia.

La torta di ceci (o cecina o farinata)

farinata CECINA

A chiamare così, con l’articolo, questo tipico street food popolare della loro città sono gli abitanti di Livorno. Uguale nella forma, negli ingredienti, nella cottura e nel sapore è la cecina, come la chiamano a Pisa dove si vende a “quarti”. Nel resto della Toscana, specialmente nell’Alto Tirreno, e nel genovese, potete trovarla anche con il nome di  farinata perché questo piatto povero – con una storia curiosa e condivisa che risale al XIII secolo – è condiviso dalle cucine toscana e ligure. Si tratta di una sottile focaccia fatta con un impasto di farina di ceci, acqua, olio e sale, cotta ad altissima temperatura nel forno a legna in una grande teglia tonda, fino a farle assumere una colorazione dorata.

FARINATA DA MANGIARE CALDA

La torta di ceci, comunque la vogliate chiamare, ha un sapore leggermente dolce, la consistenza dev’essere morbida dentro e con una sottile crosticina fuori; va consumata calda, appena tolta dal forno, da sola oppure accompagnata da formaggi teneri come stracchino, ricotta o gorgonzola. Qui trovate la ricetta. La torta di ceci a Livorno è anche chiamata torta con “cinque e cinque”, perché in passato si potevano acquistare nei forni cinque centesimi di torta di ceci e cinque centesimi di pane – di solito una schiacciatina tonda morbida o uno ‘sfilatino’.

Brigidini di Lamporecchio

Brigidini

Trastullo speciale alla toscana” per Pellegrino Artusi, queste cialde sono una delizia profumata all’anice, perfette da sgranocchiare mentre ci si aggira in una fiera o una sagra di paese, dove sono immancabili. Abbastanza diffusi in tutta la Toscana, specialmente nel pistoiese, sono i brigidini di Lamporecchio, paese in provincia di Pistoia. Queste grandi cialde croccati color giallo-arancio fatte con farina, uova, zucchero e anice, sono irresitibili, una tira l’altra. Qui trovate storia e curiosità, con la ricetta dell’Artusi.

Gelato! Quello artigianale

gelato

È lo street food più adatto alle calde giornale e forse il più amato in assoluto. Da gustare in giro tra vie e stradine toscane, con il classico cono oppure in coppetta. In Toscana il gelato è di casa, anche perché pare sia nato proprio qui. A metà del Cinquecento, in pieno Rinascimento, Bernardo Buontalenti – architetto, scultore, scenografo e maestro di cerimonie per i Medici,  in occasione del banchetto di nozze tra Maria de’ Medici e il Re di Francia Enrico IV fece servire i primi gelati fatti con latte, miele, tuorlo e vino.  Buontalenti – che a Firenze costruì depositi di neve pressata per poter conservare alimenti deperibili, come la piccola piramide presente anche oggi nel parco delle Cascine – «inventò il modo di conservare il diaccio e la neve». A lui è attribuita l’invenzione di una macchina per fare il gelato, formata da pale rotanti con una manovella che dovevano mantecare il composto e da un cilindro – intorno a cui veniva lavorato il gelato – colmo di ghiaccio, che lo raffreddava.

Gelato cono e coppetta

I toscani amano molto il gelato, che si trova ovunque, e preferiscono quello artigianale, come testimoniano le numerose gelaterie sparse per Firenze: gelati cremosi e coloratissimi “passeggiano” per le vie in coni e coppette. Che aspettiamo?

 

Francesca Tagliabue
maggio 205

Foto schiacciata toscana, courtesy of Valdelsa.net

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