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News ed EventiNewsBreve storia dei ricettari: dai primi manoscritti alle riviste

Breve storia dei ricettari: dai primi manoscritti alle riviste

Dai trattati di cuochi illuminati alle moderne riviste di gastronomia.

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DAI PREZIONI MANOSCRITTI AI PRIMI LIBRI STAMPATI

25 giugno 1475: Elisabetta da Montefeltro si unisce in matrimonio con Roberto Malatesta. Per il menu di nozze, tra “arosti, presiutti, lessi, gelatine, marzapani e tanto altro”, vengono servite 22 portate, “un’omerica gozzoviglia di carname mal cucinato….aromi accumulati senza discernimento…….”: così quattro secoli dopo il critico letterario e gastronomo Olindo Guerrini definiva i facoltosi pranzi dei nobili di quel tempo. Ma anche questi banchetti luculliani hanno avuto un merito: allo stuolo di credenzieri, trincianti, coppieri, famigli si aggiungeva un piccolo esercito di cuochi, di palazzo ma anche forestieri, che lavoravano fianco a fianco consentendo la diffusione di pietanze dei loro paesi d’origine in ogni parte l’Italia. Le ricette erano contenute in ricettari manoscritti affidati allo scalco, vero regista del convivio, che organizzava e sovrintendeva il lavoro di cucina. Tra i pochi ricettari del tempo recuperati spicca il libro De Arte coquinaria del maestro Martino da Como, datato alla metà del ‘400 (la copia manoscritta è stata trovata nel 1927 a Chicago da un bibliofilo americano). Già cuoco del Patriarca di Aquileia e Camerlengo pontificio, il maestro è ancora oggi considerato il principe della cucina italiana del Rinascimento e cuoco, per il suo tempo, di livello internazionale: prima ancora delle ricette, nelle sue pagine si dispensano consigli sulle cotture di base e si elencano le proprietà di carni, pesci e verdure. Al libro, caposaldo della ricettazione del tempo, si è ispirato Bartoloneo Sacchi, detto il Platina, celebre umanista, autore di De honesta voluptate e valetitudine, che dopo una breve diffusione manoscritta, viene stampato a Roma nei 1474, prima opera di cucina impressa con l’invenzione di Gutemberg. Corredato di suggerimenti dietetici, di igiene e di etica della tavola e aperto alle diverse realtà territoriali, l’opera segna i primi passi verso una cucina italiana connotata da ingredienti locali.

Nel secolo successivo questi trattati generali lasciano spazio a ricettari più specializzati tra cui si distingue il Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivanda di Cristoforo Messisbugo che segna il passaggio a una cultura gastronomica rinascimentale di più ampio respiro. Ma è Bartolomeo Scappi, cuoco personale di padre Pio V, pubblicata nel 1570, a fare una trattazione sistematica della materia: la sua Opera, pubblicata nel 1570, è corredata da disegni che illustrano con dovizia di particolari gli strumenti di cucina e le varie fasi di lavorazione: un vero e proprio corso di cucina illustrato.

L’EVOLUZIONE NELL’EPOCA DEI LUMI

Nel ‘600 il fulgore di Versailles influenza anche la nostra cucina: si affermano burro e aromi, trionfano brodi e salse. Ne danno testimonianza Il cuoco francese pubblicato nel 1682 a Bologna, e ristampato 14 volte nel corso di 150 anni, e molte altre opere tradotte da ricettari d’oltralpe. Abbandonati i fasti della corte si passa a un’interpretazione “borghese” della cucina, conferma questa inversione di tendenza la Cuisinière bourgeoise che tradotto nella nostra lingua diventa Il Cuoco piemontese perfezionato a Parigi arricchito con l’inserimento di tante proposte di tradizione italiana. Si va quindi lentamente verso una cucina di territorio: alla fine del ‘700 spicca la personalità di Francesco Leonardi che pubblica nel 1790 l’Apicio Moderno, una monumentale opera in 6 tomi che raccoglie tra l’altro gli usi gastronomici locali e che vede la rinascita di un’autentica cucina italiana: è lui il primo grande cuoco a inventare il sugo ottenuto cuocendo i pomodori con cipolle, sedano, aglio e basilico che diventerà il tradizionale condimento delle nostre paste.

CUOCHI ILLUSTRI SPOSANO LA CUCINA “DI CASA”

All’inizio del secolo si punta sempre più su una cucina borghese. Lo stesso Giovanni Vialardi, alla guida della corte sabauda per 30 anni, dopo il suo Trattato di cucina (2000 ricette con le dosi degli ingredienti riferite per la prima volta al nuovo sistema metrico decimale adottato dal regno sabaudo) nel 1864 dà alle stampe l’opera Cucina borghese semplice ed economica, 1150 ricette, semplificate rispetto a quelle di corte e suddivise in modo sistematico: una trattazione moderna in cui lo chef esorta tra l’altro i cuochi a utilizzare soltanto ingredienti di prima qualità.

A fine 800 la grande svolta di Pellegrino Artusi: se la storia del gusto italiano ha avuto un ricettario per eccellenza questo è certamente la Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene pubblicato nel 1890. Qui si parla il linguaggio di una cucina domestica destinata alle famiglie, l’approccio è didattico: “..con questo manuale pratico, scrive l’Artusi, basta saper tenere un mestolo in mano…” e aggiunge nella sua prefazione: “la cucina è una bricconcella, spesso e volentieri fa disperare, ma à anche piacere…..”) e le ricette, 790 nelle ultime versioni, sono accompagnate da riflessioni e storielle sapienti e argute. Una fortuna senza precedenti per uno dei libri all’epoca più letti dagli italiani.

Ma è grande successo anche per uno dei classici più autorevoli della gastronomia: La fisiologia del gusto di Brillat Savarin, uscito anonimo nel 1925, poi tradotto e pubblicato nel 1914 dall’Editore Salani. L’opera alterna a riflessioni sui cinque sensi, descrizioni e aneddoti, digressioni filosofiche e di costume, notazioni scientifiche. Impareggiabile «homme d'esprit», secondo la definizione di Balzac, Brillat-Savarin del cibo non coglie tanto l'aspetto edonistico ma soprattutto quello sociale, ed è questo che rende la sua opera così moderna. L’interesse per una cucina pratica però prevale: esempio eclatante L’arte di utilizzare gli avanzi di Olindo Guerrini pubblicato nel 1918. L’autore scrive nell’esordio: “l’arte della cucina è conservatrice e passatista”, ma quanta sapienza pratica nell’elaborare minestre avanzate, pani, paste, carni lessate e arrostite, verdure passate in padella……!

LA RIVINCITA FEMMINILE

Nello stesso periodo iniziano ad avere fortuna i primi ricettari femminili, scritti da donne per le donne, dalle semplici operaie alle facoltose padrone di casa che si dilettano in cucina. Come il Piccolo Focolare di Giulia Lazzari Turco, e il Talismano della felicità di Ada Boni, dedicato alle future spose. Siamo in pieno periodo fascista: il ruolo prioritario della donna è quello di una moglie e una madre devota che ha l’inclinazione naturale per le incombenze domestiche e la cucina. la Boni, direttrice anche del periodico “Preziosa”, impreziosice, appunto, la sua opera con tratti di cucina raffinata, ispirandosi a La grande Cucina del maestro Escoffier. La trattazione per argomenti, le dosi precise e la spiegazione chiara ed esaustiva fanno del Talismano un manuale di facile consultazione che verrà aggiornato edizione per edizione. Alla filosofia tradizionalista della Boni non corrisponde quella di una certa “signora Petronilla”, al secolo Amalia Foggia Moretti, che nel 1927 esordisce sulle pagine della Domenica del Corriere dispensando ai lettori le sue ricette di casa raccontate come storielle e calate in freschi e frizzanti aneddoti di vita familiare, e nelle stesse pagine, sotto lo pseudonimo “dottor Amal” (in quegli anni un medico donna come era lei, laureata in medicina e specializzata in pediatria, non sembrava affidabile) firma la rubrica “il parere del Medico”; ricette e consigli medici sono raccolti nel volume Le ricette di vita del dottor Amal e di Petronilla. Femminista ante litteram dichiarava che “cucinare bene per gli uomini è un modo per far dimenticare loro che siete intelligenti” ma anche: “cucinare per la famiglia è uno dei modi per tenerla unita….farsi apprezzare e aumentare l’autostima”.

Il diffuso interesse per la produzione gastronomica segna una svolta con il primo mensile di gastronomia, La Cucina Italiana, nata nel 1929. Già il primo numero è ricco di novità: oltre alle ricette del mese per la tavola di tutti i giorni, i piatti prelibati per i buongustai firmati da note personalità e perfino il menu di festa suggerito dal capocuoco di “Sua Maestà il Re”. Il tutto con la supervisione di un autorevole Comitato di degustazione. Chi acquista il giornale non rinuncia però ai volumi “opera omnia” che raccolgono migliaia di ricette ordinate in capitoli di facile consultazione come il Cucchiaio d’Argento dell’Editoriale Domus. Siamo negli anni 50 e la posata immortalata in copertina è simbolo di abbondanza, benessere fortuna: un titolo ben augurante dopo la scarsa produzione del tempo di guerra in cui la casalinga doveva fare miracoli con quel poco che consentiva la tessera annonaria. Impresa ardua ma non impossibile: ne è la prova il prezioso volumetto La cucina del tempo di guerra di Lunella de Seta, pubblicato nel 1942: 346 ricette per utilizzare al meglio i prodotti reperibili dove tutto si sfrutta, persino le briciole.

CUCINA REGIONALE E INTERNAZIONALE

Dopo la penuria post bellica il boom degli anni 60 accompagna anche le pubblicazioni gastronomiche: nel 67 esce il volume Le ricette regionali italiane di Anna Gosetti della Salda, che dà il via a un nuovo filone: quello di raccogliere i piatti più autentici, in un viaggio dal nord al sud delle nostre regioni. Nello stesso periodo l’editore Fabbri stuzzica l’interesse delle lettrici con un’opera enciclopedica, La cucina dall’A alla Z, distribuita in edicola a dispense settimanali. Diecimila ricette, non solo italiane, ma anche internazionali, in gran parte tratte, semplificandole, dal volume la Grande Cucina dell’illustre gastronomo Luigi Carnacina. Dalla stessa opera, divisa in argomenti tematici, verranno poi editati I jolly della Buona cucina. Un successo oltre ogni aspettativa se si pensa che il solo volumetto sulla pasta ha venduto più di un milione di copie. Carnacina resta comunque un’entità astratta, a differenza dei grandi maestri degli anni 80-90 come Vincenzo Buonassisi e Gualtiero Marchesi: quest’ultimo nel suo piccolo manuale Oltre il fornello, vademecum del buongustaio e prontuario del cuoco dilettante, svela i suoi segreti sulle corrette tecniche di cucina, seguendo il principio “la cucina è di per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte”. Mentre gourmet e cuochi aspiranti al successo sono i grandi estimatori di Gualtiero e della sua “nouvelle cuisine”, ma anche di altri chef stellati chef come Gianfranco Vissani e Carlo Cracco, in questo momento veri protagonisti dello scenario gastronomico, il mondo delle casalinghe rivolge il suo interesse a pubblicazioni più pratiche. Nasce Sale & Pepe, il mensile Mondadori “per mangiar bene” che oltre a suggerire pranzi e cene da mettere in tavola tutti i giorni, “si propone di stuzzicare fantasia e curiosità con una cucina che appaghi l’occhio oltre alla gola”, come scritto nella presentazione del primo numero uscito nel febbraio del 1987. Fedele alle promesse il giornale esce ricco di notizie, interviste, viaggi e rubriche e tante tante ricette “vere” sperimentate e accattivanti, come dimostrano le immagini che le accompagnano. In trent’anni ha seguito l’evoluzione dei gusti e interpretato le diverse tendenze, diventando un fedele amico delle lettrici impegnate nel quotidiano a essere sempre aggiornate, anche in campo gastronomico. E con l’avvento delle nuove tecnologie, ha conquistato il web: adesso le sue ricette, sempre più ricche di consigli e approfondimenti, si possono leggere direttamente su Ipad e cellulari.

Miriam Ferrari
aprile 2017

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