È tempo di Natale, la preparazione del dolce di tradizione è un momento di condivisione e magia: l’aria profuma di agrumi e cannella e il calore del forno ne diffonde la fragranza, dando il via all’incantesimo natalizio. Scopriamo alcune delizie regionali che significano Natale
Le specialità natalizie della tradizione italiane – dolci tipici italiani noti e meno noti – sono un patrimonio davvero ricco e variegato, spesso con una comune origine. Nella più remota antichità, la preparazione di semplici dolci – poco più che pani a base di farina e miele, cui si univa quello che di buono si riusciva a reperire – era riservata a particolari periodi dell’anno, coincidenti con le festività pagane. Da queste remote usanze provengono i nostri dolci tradizionali delle feste religiose, in primis il Natale.
Chiodi di garofano, spezia originaria di Molucche e Indonesia Per secoli, i dolci della festa della tradizione sono partiti da un pane (simbolo di abbondanza) che con il tempo si è arricchito di uova, burro, uvette, canditi, fichi, noci, per arrivare ad aggiungere ingredienti inediti: nel Medioevo, la contaminazione positiva con l’arte dolciaria araba portò l’inclusione di farina, miele, cannella e vino. Poi nelle cucine delle massaie vennero le preziose spezie arrivate dall’Oriente, seguite dal misterioso cacao, portato dal Nuovo Mondo: i dolci di Natale italiani divennero profumati e sostanziosi, un concentrato di aromi e fragranze che contribuivano a rendere la Festa indimenticabile. Semplici golosità, spesso di origine contadina, ricette tramandate di madre in figlia che hanno retto il passare del tempo, mantenendo la loro identità territoriale. Facciamo un viaggio per conoscere alcuni dei dolci tipici italiani di Natale.
Gubana friulana Oltre che per gli ingredienti, il pane doveva essere speciale anche nella foggia: è il caso della friulana gubana, specialità originaria delle verdi valli del Natisone, territorio di frontiera a est di Udine che deve il nome alla caratteristica forma a chiocciola: pasta dolce lievitata, soffice ed elastica, che così riesce ad avvolgere e sostenere il ricco ripieno di noci, uvetta, pinoli, amaretti, impregnato dell’aroma della grappa, eccellenza friulana.
Serpe di Pienza, dolce toscano Da Nord a Sud: curiosa la forma – che ricorda un serpente arrotolato con due file di “scaglie” sulla schiena – del serpe di Pienza, dolce toscano preparato con mandorle tritate, zucchero, albumi montati a neve e praline colorate; simile è anche il torciglione di Perugia, con anche i pinoli e una sola fila di scaglie.
Un altro esempio sono le cartellate pugliesi, nastri di sfoglia sottilissima intrecciati a formare una sorta di “rosa” di pasta, fritta e poi intinta o farcita con miele, vincotto (cioè mosto d’uva cotto) o “cotto di fichi” (sciroppo denso ottenuto dalla lunga ebollizione di fichi maturi, un tempo il frutto più economico e abbondante delle Murge) per trattenere in superficie spezie o granella di frutta secca.
Bisciòla, dolce valtellinese Come spesso accade, i prodotti e i dolci tipici italiani raccontano il proprio territorio attraverso i propri ingredienti: ne costituiscono a tutt’oggi la memoria la bisciola – il “panettone” dei Valtellinesi, fatto con farina di segale – e il pandolce genovese, che assomiglia al panettone lombardo ma è più compatto, ricco di canditi e frutta secca, profumato con semi di finocchio, Marsala e acqua di fiori d’arancio.
In Val d’Aosta, a Natale non può mancare il Mont-Blanc, omaggio alla vetta più alta d’Europa. Invenzione di un anonimo pasticciere francese, è una cupola fatta di castagne, latte, zucchero, vaniglia e rum, guarnito con panna montata e marrons glacé.
Mont blanc valdostano
Zelten altoatesino In Lombardia regna il panettone, il morbido lievitato che pare risalga al tempo di Ludovico il Moro e che ha da tempo varcato i confini regionali per conquistare l’Italia prima e poi il mondo. Qui trovate le regole di Iginio Massari per acquistarne uno top.
Lo zelten altoatesino, i cui ingredienti e la forma variano di valle in valle mentre il peso della frutta è sempre uguale a quello della farina, in Trentino è più gonfio mentre in Alto Adige è più basso. Contiene fichi e frutta secchi, uvetta e datteri, il tutto bagnato da succo d’arancia e grappa; viene aromatizzato con chiodi di garofano, cannella, pimento e anice stellato.
Panone bolognese In Emilia-Romagna nasce anche il pan speziale o panone bolognese, preparato dai frati della Certosa che modificarono un pane dolce arricchendolo di mandorle, pinoli, cioccolato fondente e canditi al punto che conquistò la popolazione, che iniziò a chiamarlo certosino. Solo pinoli, noci, zucchero, uva passa, crusca e farina per il dolce di magro della riviera adriatica intorno a Cattolica: il miacetto si consuma infatti la Vigilia di Natale.
Servita già alle corti degli Sforza, degli Este e dei Farnese, la spongata è oggi diffusa soprattutto in provincia di Parma, nella zona dell’Appennino tra Massa e Carrara, ma anche nelle aree di Piacenza, Mantova e Reggio Emilia, dove trasmette il calore del Natale: si tratta di una frolla bassa e rotonda, farcita con un composto morbido e speziato di noci, miele, mandorle, pinoli, cedro candito e uva passa, amata in particolare dal compositore Giuseppe Verdi. La tradizione vuole che sia punzecchiata prima della cottura in forno.
Pampapato ferrarese Molti di questi pani speziati – oggi tra i più famosi dolci tipici italiani – erano realizzati nei conventi e, per la loro pregevolezza, destinati ai nobili delle corti e agli alti prelati, come dimostra già dal nome il pampapato ferrarese, – “pan del Papa” – con la tipica forma a zuccotto che ne rivela l’antica destinazione. La ricetta rinascimentale del pampapato è a base di mandorle, nocciole, pinoli, pepe, cannella, noce moscata, arancia o cedro canditi, mescolati a farina, miele, mosto cotto d’uva, talvolta anche cacao – una miscela tenuta segreta e passata di generazione in generazione nelle famiglie dal XIII secolo, quando alla ricetta primitiva vennero aggiunte le spezie – e fu ulteriormente perfezionata agli inizi del ‘900 con l’introduzione di una glassa di cioccolato, ingrediente sconosciuto al tempo della corte dei duchi d’Este.
Panforte senese Dalla Toscana dell’Anno Mille arriva il panforte, discendente di un antico dolce detto “pan mielato” e oggi specialità senese: in versione bianca (coperto di zucchero a velo) o scura (il “panpepato”, con pepe nero e coperto di spezie, è il dolce natalizio in Umbria), è basso e molto compatto, con frutta secca, agrumi canditi, spezie e zucchero a velo, con alla base uno strato di ostia di amido. La ricetta del panforte contiene 17 ingredienti, numero che corrisponde alle contrade cittadine che si contendono il Palio ogni anno. Pellegrino Artusi, nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, lo raccomanda per il pranzo di Natale.
"La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene", Pellegrino Artusi, 1891 Senesi e natalizi sono anche i cavallucci, diffusi anche nelle Marche: molto antichi, dalla consistenza morbida, erano fatti originariamente con soli farina, zucchero, miele e semi di anice. Più tardi vennero aggiunti noci, frutta candita, sapa, pangrattato, caffè e gocce di diversi liquori (dall’Alchermes al Cognac e l’Amaretto). Ci sono due teorie sul nome, e una non esclude l’altra: una lo fa risalire al fatto che venivano consumati dai viaggiatori a cavallo, per trarre energia nei viaggi, l’altra che avessero anticamente impresso un disegno di un cavallo o che avessero la forma del ferro di cavallo.
Nelle Marche sulla tavola delle feste arriva anche la pizza di Natale marchigiana, a doppia lievitazione, a base di fichi secchi, mandorle e noci, uvetta e cacao, con cannella e scorzette di agrumi. Il pangiallo romano è versione molto rustica e antica del pane dolce di Natale); qui la ricetta di questo dolce laziale. Curiosa la storia del parrozzo abruzzese amato da Gabriele d’Annunzio, a cui venne dedicato da un amico pasticcere; D'Annunzio lo regalava ad amici e parenti ogni Natale e oggi è il dolce di Natale ufficiale dell’Abruzzo.
Struffoli napoletani I loukoumádes, antiche frittelle dolci della Magna Grecia imbevute di miele e spolverizzate di cannella e zucchero – che sotto altri nomi sono diffuse anche in Turchia, a Cipro, nei Paesi Arabi – risalgono al Califfato ai tempi del Medioevo e sono anche menzionate nelle “Mille e una notte”.
Per secoli il sapore dolce nelle preparazioni veniva dato soprattutto dal miele, che ancora oggi lega insieme dolci festivi che alle loukoumádes sono ispirati, come le palline di pasta fritta che compongono la piramide degli struffoli, classico natalizio napoletano, che vengono fritte, impilate e passate nel miele, decorate con frutta candita e confettini. Le stesse palline fritte e imbevute di miele – disposte però a ciambella – in Umbria e nelle Marche formano la cicerchiata.
Cicerchiata marchigiana È formata da tante piccole palline di pasta fritte anche la cicerata o cicirata calabrese, queste solitamente disposte a ciambella o a piramide: preparate con farina, uova, zucchero, un pizzico di sale e liquore, vengono fritte e, una volta raffreddate, cosparse di miele caldo e decorate con confettini, canditi e zuccherini.
Buccellato siciliano In Sicilia non è Natale senza il buccellato, chiamato anche cucciddatu, un guscio di pasta frolla a forma di corona che racchiude un trito grossolano di noci, pistacchi e mandorle, fichi secchi ammorbiditi e macinati, cui vengono uniti cioccolato, uvetta, zuccata. Il tutto viene profumato con cannella e chiodi di garofano.
La saba, il mosto d’uva fatto cuocere per un intero giorno, dà il nome al dolce di Natale della Sardegna: il pan’e saba è morbido e umido, e racchiude uva passa, finocchietto, pinoli, noci e mandorle.
Una panoramica tra solo alcune delle variegate dolcezze regionali che illuminano il Natale, dolci tipici italiani all’insegna della condivisione e della Festa.
Francesca Tagliabue
dicembre 2025