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News ed EventiConsigli praticiAlghe: verdure di mare buone che fanno bene

Alghe: verdure di mare buone che fanno bene

Sono tradizionali della cucina giapponese, diffuse nelle acque fredde del nord Europa e usate in piatti tipici del nostro Meridione. E regalano alle pietanze una naturale sapidità, arricchendole di nutrienti preziosi. Conosciamo le varietà più diffuse, facili da trovare nei negozi di prodotti orientali, in quelli di alimentazione naturale e nelle pescherie più fornite!

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Fra i prodotti insoliti che stanno diventando via via più familiari ci sono senza dubbio le alghe. Ci imbattiamo nelle “verdure di mare” ogni volta che andiamo al ristorante giapponese, quando facciamo acquisti nei negozi di specialità orientali e in quelli di alimentazione naturale. E se a molti sembrano ancora una stranezza esotica, in Campania nelle pescherie più fornite si possono trovare le lattughe di mare, dalle foglie verdi e leggermente arricciate, ingredienti di zeppoline di pasta cresciuta, frittelle salate diffuse anche nella cucina pugliese e in quella siciliana. In Calabria le alghe tipiche si chiamano scrine e compaiono in piatti di spaghetti e zuppe di pesce. Mentre l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, le ha inserite nell’elenco dei novel food, alimenti che non fanno parte della nostra tradizione ma meritano di essere approfonditi per le loro caratteristiche nutrizionali e/o organolettiche. E la spirulina, microalga di colore verde-azzurro, è talmente ricca di nutrienti da essere stata inserita dall’Onu tra i cibi potenzialmente utili per combattere a livello mondiale la malnutrizione.


Vegetali preziosi e gustosi
Onnipresenti sulle tavole asiatiche, le alghe sono pescate e consumate anche in nord Europa. Capaci di donare ai piatti intense note salmastre, sono apprezzate dalla cucina vegetariana che si può arricchire, così, di sentori marini senza inserire prodotti ittici. E ricavarne anche nutrienti preziosi: infatti le alghe sono fonte di proteine, vitamine del gruppo B, C ed E, clorofilla, minerali come fosforo, calcio, magnesio, ferro, iodio... Un concentrato di sostanze utili ma anche di virtù gastronomiche: la naturale sapidità sposa l’umami, il cosiddetto “quinto gusto” che è stato codificato in Giappone e potremmo tradurre con “sapore di saporito”. Infine, forse non tutti sanno che è ricavato da un’alga l’agar agar, alternativa vegetale alla gelatina alimentare (o colla di pesce), che è invece di origine suina.


Al ristorante jap
Da noi, le alghe più conosciute sono proprio quelle utilizzate nella cucina del Sol Levante. In particolare le nori che avvolgono i rotolini di sushi chiamati hosomaki, si trovano nel ripieno degli uramaki (i rotolini con il riso all’esterno) e formano i coni detti temaki. Essiccate e pressate, le nori si presentano sotto forma di fogli quadrati sottili e abbastanza morbidi da poter essere avvolti, nella preparazione del sushi, senza spezzarsi. Tagliate a striscioline fini fini, sono usate spesso anche per guarnire le scodelle riso. Altra alga, altra preparazione jap: l’insalata di wakame. Si tratta anche in questo caso di alghe secche che si possono trovare in due formati: a lamelle o a julienne. Dopo una rapida reidratazione in acqua, si condiscono con aceto di riso, salsa di soia, olio e semi di sesamo.


La regina delle alghe
Al ristorante la vediamo di rado, aggiunta a volte alla zuppa di miso, ma in realtà è onnipresente nella cucina giapponese: stiamo parlando della kombu, conosciuta anche come kelp, che è alla base del brodo dashi, a sua volta elemento imprescindibile di ogni minestra e salsa. Formata da ampie lamine carnose, anche quest’alga è disidratata e si presenta in larghe sfoglie, grossomodo rettangolari e arrotolate su se stesse, che si distendono dopo l’ammollo in acqua. La superficie della kombu secca è velata da una patina biancastra: si tratta di un particolare sale minerale responsabile proprio dell’intenso gusto umami che l’alga dona alle preparazioni, caratterizzendole fortemente. La cucina naturale la consiglia anche nella cottura dei legumi: aggiunta all’acqua in cui si lessano fagioli e affini, insaporisce e rende tenere le bucce, regalando pietanze più digeribili.


Nere o rosse
La cucina macrobiotica, che si basa sulle dottrine filosofiche orientali e ricerca l’equilibrio fra gli ingredienti nella dieta, ha avuto il merito di diffondere anche in Occidente le alghe hijiki: formate da filamenti verde scuro, quasi neri, nella versione secca ricordano le foglie del tè e una volta reidratate si ripassano in padella o si saltano nel wok con riso e noodles, in particolare i soba, gli spaghetti giapponesi di grano saraceno. Hanno una bella tonalità rosso-violacea le alghe dulse. Morfologicamente sono simili alle wakame, sono commercializzate (sempre secche) in lamine o a filetti, crescono nei mari più freddi, storicamente consumate in Norvegia come in Scozia e in Bretagna. Tra i modi per valorizzarle c’è la frittura in pastella, stile tempura, che ne esalta la fragranza e il gusto salmastro.


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Un pesto di mare
Fra gli utilizzi più interessanti delle alghe, c’è la possibilità di preparare salse da abbinare a pesci e frutti di mare, pasta, riso. Come il pesto di kombu che abbiamo pensato di suggerirvi e che sarà speciale anche per arricchire un minestrone di verdura. Regalando a un semplice piatto dell’orto un inedito sapore di mare, ma 100% green.
Pesto di alga kombu. Essiccate in forno a 120°, per 10 minuti, un pezzo di alga kombu lungo circa 15 cm, poi sbriciolatelo finemente con le mani. Mettete la kombu sbriciolata nel bicchiere del frullatore con uno spicchio d’aglio, sbucciato e privato del germoglio, 2 cucchiai di pinoli, una manciata di prezzemolo, una di spinacini, 2-3 cucchiaini di succo di limone e una presina di sale. Frullate aggiungendo 5-6 cucchiai di olio extravergine d’oliva fino a ottenere pesto fluido e omogeneo.


Francesca Romana Mezzadri
febbraio 2022

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