Fino a qualche anno fa, ristorante cinese era sinonimo di cibo economico ma abbastanza dozzinale, spesso con basi surgelate, talmente carico di glutammato da appiattire il gusto. Così ogni portata, si trattasse di un riso alla cantonese, un pollo alle mandorle o un involtino primavera, aveva lo stesso sapore, non sempre invitante.
Oggi, per fortuna, nelle nostre città tira un'aria diversa e la cucina orientale sta vivendo una nuova primavera. Ristoranti e locali specializzati in street food fanno a gara per proporre ricette originali e per far conoscere una tradizione ben lontana da ciò cui eravamo abituati. Lo fanno proponendo specialità inedite, come i panini al vapore ripieni o da farcire, accanto a piatti già conosciuti, come i ravioli, ma finalmente confezionati a mano con ingredienti freschi.
Ecco allora una carrellata di cosa ordinare, la prossima volta che proverete un cinese, scansando gli obsoleti risi, rolls e compagnia, peraltro ormai scomparsi da molti menu o totalmente reinventati.
A differenza di quanto accade con la nostra pasta ripiena, i dumplings (così si chiamano in inglese) non costituiscono una portata principale ma uno spuntino. Fanno parte dei dim sum, quell'insieme di bocconcini che in Cina, in particolare a Hong Kong, si gustano a colazione o come accompagnamento al tè.
Ecco spiegato perché si usa servirne anche solo due o tre, al massimo sei, graziosamente adagiati nei cestelli di bambù usati per la cottura o allineati su piccoli piattini.
Per lo stesso motivo, in uno stesso pasto è possibile assaggiarne tanti diversi per ripieno (di carne, verdure, pesce), fattura (chiusi, aperti, allungati, tondeggianti, a spiga) e metodo cottura (al vapore, lessati, alla piastra, persino fritti).
La pasta in genere è di farina o fecola di frumento e acqua, più o meno sottile secondo la mano dello chef e la ricetta. Si chiamano Jiaozi i ravioli a lunetta che, quando sono ripieni di maiale, si cucinano tipicamente alla piastra (simili a Gyoza giapponesi). Gli Shao Mai hanno la caratteristica forma a cestino che lascia intravedere il contenuto: i più diffusi sono quelli con i gamberi e la guarnizione di piselli. Gli Shao Long Bao (foto in basso) e i Won Ton sono i fagottini tondeggianti, spesso serviti anche in zuppa alla moda di Shangai.
Oltre a questi, complice la vastità della tradizione cinese, le varianti di nome dovute alla traslitterazione e la creatività dei cuochi, i menu ne offrono tantissimi altri. Il modo migliore per orientarsi è sempre chiedere al ristoratore o, semplicemente, sperimentare con fiducia: difficile che i dumplings vi possano deludere. Il condimento classico è una salsa di soia e aceto (il più tipico è l'aceto di riso nero, abbastanza forte), servita in ciotoline a parte in cui intingere il raviolo che si gusta, rigorosamente, in un sol boccone.
Altro dim sum molto popolare sono i Baozi (foto in basso), grossi ravioli dall'impasto spesso e soffice che è una sorta di pane cucinato al vapore. Al loro interno, il ripieno può essere di carne o verdure, anche molto saporito ma stemperato abbastanza bene dalla delicatezza dell'involucro.
Il medesimo impasto è utilizzato anche per i Mantou, i paninetti al vapore che compaiono nel menu di ogni ristorante. In genere, sono di farina bianca e abbastanza squadrati, forma che ne denuncia l'origine surgelata. Per fortuna, alcuni cominciano a proporli homemade, anche con l'aggiunta di grano saraceno o farina integrale e in versione tondeggiante, simili a focaccette. Quale che sia la forma, si prestano sempre a essere farciti con intingoli gustosi, spesso piccanti o comunque dai sapori intensi. È il caso del Momofuku Pork Bun, il celebre panino al vapore con pancetta di maiale e cetrioli sott'aceto dello chef David Chang, pioniere della cucina fusion a New York. Un impasto simile a quello del Mantou dà vita, infine, alla focaccetta chiamata Xian Bing, ripiena di manzo e cipollotto e cotta alla piastra, quindi dorata e fragrante.
Se c'è un piatto elaborato che, nell'immaginario collettivo, identifica la cucina cinese è senza dubbio l'anatra laccata alla pechinese (foto in basso). La preparazione dura alcuni giorni, durante i quali la pelle viene "soffiata", per staccarla dalla polpa, e ripetutamente spennellata di miele: sarà questo, in cottura, a rendere croccante e lucida la pelle che diventa, così, la parte più prelibata. Destinata a finire nei piccoli pancake che accompagnano il piatto e si completano con cipollotto, ortaggi a julienne e salsa.
Tanta è la bontà di questa combinazione che una versione semplificata di anatra arrosto si può ormai trovare, senza doverla ordinare in anticipo, in molti ristoranti, subito pronta per essere avvolta dalle frittelline. Che spesso sono preparate, con farina e acqua, secondo una tecnica particolare che le rende quasi sfogliate, seppure sottili. Se i pancake cinesi, senza uova, sono un semplice accompagnamento, le larghe crespelle alla piastra di Pechino chiamate Jian Bing, che le uova le prevedono, diventano l'involucro di ripieni ricchissimi: oltre alla carne e alle verdure, compaiono persino lunghe frittelle di pasta, gli Youtiao, simili ai churros latinoamericani. Neanche a dirlo, in Cina si usa mangiare le crespelle farcite di frittelle a colazione, sebbene a noi appaiano abbastanza corpose da poter fare tranquillamente da piatto unico. Perfette, fra l'altro, come pranzo da asporto approfittando dell'abitudine dei ristoranti cinesi, anche i più nuovi e modaioli, di fare take away: un'occasione in più per assaggiare specialità di una cucina lontana, ma in fondo sempre più vicina.
Francesca Romana Mezzadri
Aggiornato Gennaio 2024
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