Il prosciutto crudo è il principe dei nostri salumi: il trono spetta al culatello, ma sicuramente il crudo porta la corona di principe – in questo caso duca, letteralmente, visto che il marchio che riconosce la Dop (Denominazione di Origine Protetta) alle cosce di prosciutto di Parma è proprio una corona ducale a cinque punte.
Come riconoscere la qualità: le caratteristiche organolettiche
1_Al momento dell’acquisto, il prosciutto di Parma Dop deve presentare un colore tra il rosa e il rosso, con striature e orlo di grasso bianco. La presenza del grasso all’esterno della coscia di prosciutto ne garantisce la morbidezza. Deve essere quindi pronunciata, anche se non eccessiva.
2_Il taglio dev’essere fatto solo con l’affettatrice, meglio se meccanica, così la fetta non si scalda. Lo spessore ideale, dicono gli esperti, dev’essere quello di un velo da sposa. La fetta non deve apparire secca o translucida, men che meno con tinte vagamente nocciola o gialle. Troppo rossa, però, potrebbe significare che non è sufficientemente stagionato.
3_Il profumo dev’essere privo di sentori di carne cruda, deve manifestare solo la caratteristica fragranza che suggerisce dolcezza.
4_Al palato deve avere un sapore delicato e pieno, dolce (cioè poco salato) e gustoso; il grasso conferisce al tutto un che leggermente burroso, complementare allo spessore aromatico della carne.
La degustazione: si arriva al punto
Il prosciutto di Parma Dop è ottimo gustato da solo, per apprezzarne appieno il sapore delicato e caratteristico, ma si abbina bene in particolar modo ai cornetti ferraresi e al pane casereccio leggermente tostato, magari coperto di pomodoro fresco a pezzetti, a mo’ di bruschetta.
Non disdegna un velo di senape.
Nella golosa Parma lo si gusta con la classica “torta fritta” (così chiamano qui lo gnocco fritto) servita caldissima, e formaggi morbidi come lo squacquerone (un’abbinata vincente, questa, che caratterizza la celebre piadina romagnola) e la crescenza.
Se vi piacciono le verdure, perfette quelle cotte a vapore o bollite; bene i funghi crudi affettati sottili in insalata e le zucchine, anche grigliate; da provare con fettine di carota o patata passate al forno o in padella, ma con pochissimo olio.
Per una degustazione light, arrotolatelo in fette sottili su bastoncini di carota, asparagi e cavolo rapa appena scottati a vapore.
Per chi ama il contrasto dolce-salato, da provare assolutamente l’accoppiata con la frutta di stagione: tradizionali ma sempre eccellenti gli abbinamenti con melone e fichi, sfiziosi quelli con frutta semi-asprigna, come le prugne Regina Claudia e i mirtilli, golosi quello con le pesche o con la composta di mele, purché non sia troppo dolce. Un buon accostamento è quello con la frutta esotica.
E per brindare? Sia i vini bianchi sia i vini rossi si accompagnano perfettamente al prosciutto di Parma. Servitelo idealmente con vini bianchi freschi come Lugana, Soave, Albana di Romagna, Corvo Bianco di Salaparuta Colomba Platino, un Prosecco ma che sia brut, lo champagne.
Se scegliete un rosso, si sposa con un Lambrusco fruttato e altri vini con le stesse caratteristiche di leggerezza, serviti a 14° di temperatura.
Va ricordato che, oltre alla tipica piadina romagnola, il prosciutto di Parma è l’ingrediente principale dei tradizionali tortellini bolognesi, dell’arrosto di maiale chiamato Rosa di Parma e tanti altri piatti gustosi.
Un prodotto 100% naturale
Non si può dare torto agli estimatori di questa grande delikatessen che, gastronomicamente parlando, insieme al parmigiano reggiano (link) è uno dei simboli della bella città emiliana. Oggi sono 150 le aziende produttrici, disseminate nelle valli del Parma, del Taro e del Baganza, ma la zona di Langhirano è quella più “vocata”.
Una componente senza eguali
Quindi gli ingredienti di questa eccellenza italiano sono solo cosce di suino, sale e il tempo. O no?
Non proprio: il gran segreto sta nell’aria asciutta e delicata delle profumate colline parmensi della zona tipica di produzione, un vero microclima privilegiato ideale per la stagionatura naturale, chiave della caratteristica dolcezza e del gusto inconfondibile del prosciutto di Parma.
Le cosce vengono infatti stagionate per almeno 10 mesi appese alle tradizionali “scalere”, che sono montanti in legno, disposti a distanze regolari, in grandi locali con finestroni contrapposti. Queste finestre vengono aperte alternativamente per far sì che il prodotto asciughi all'aria, nel modo più naturale possibile. Una tecnica antica, visto che il nome viene dal termine latino perex suctum, letteralmente “asciugato”.
Qualche curiosità storica
Negli archivi di Stato di Genova sono conservati curiosi documenti sulle fasi di preparazione da parte di corsari genovesi, nel periodo a cavallo tra Settecento e Ottocento, di "crociere di guerra", circa sei mesi per mare. Spessissimo tra i viveri stivati a bordo è ricordato il prosciutto, che per le sue caratteristiche si presta all'uso dilazionato.
Sempre ai primi dell'Ottocento, a Parigi, il prosciutto parmigiano era già celebre e ambito: si sa per certo che il langhiranese Loderingo Bonanni, importatore del tempo, prendeva “per la gola” i gourmet parigini con i suoi prosciutti di Parma. In Italia, il Parma era la passione culinaria del compositore Gioacchino Rossini, famoso per le musiche immortali ma anche per i suoi raffinati gusti gastronomici.
Francesca Tagliabue
27 maggio 2016
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