Poke è il termine hawaiano per “tagliare o fare a pezzetti”, diventato poké in inglese: si tratta di un piatto di pesce crudo a cubetti condito con salsa e servito come antipasto o piatto principale in una ciotola, la poke bowl, da consumare con le bacchette.
Il poke agli inizi – cucinato a casa o acquistato nei mercati al banco dei frutti di mare – era limitato a uno o due varianti molto basic, solo pesce bianco o tonno conditi con noce delle Molucche, cipolla e/o limu, termine polinesiano per indicare piante commestibili che vivono sia sott'acqua, come le alghe, sia vicino all'acqua; molte limu sono commestibili e usate nelle cucine della maggior parte della Polinesia, in Giappone e nelle Hawaii. Furono i giapponesi – già esperti di sushi e chirashi – a inserire il riso nel piatto, a usare il tonno e a utilizzare condimenti come l’olio di sesamo, l’aceto di riso e la salsa di soia.
Gli hawaiani conobbero il salmone per la prima volta nei primi anni del 1800, quando in molti emigrarono come lavoratori a contratto nel Pacifico nord-occidentale. Lo preparavano tradizionalmente come poke: condito con fegato di polpo essiccato e sale rosso delle Hawaii, era accompagnato da diversi tipi di cipolla, limu kohu e una grande ciotola di poi, una purea di tuberi di taro.
Il salmone fresco viene massaggiato con il sale rosso e poi tagliato a cubetti piccoli (circa 1 cm di lato) e di nuovo massaggiato con un mix di pomodori e cipolle tritati finemente. Alcune ricette moderne sono arricchite da cipollotti, cetrioli, peperoncini, lime, anche altri pesci diversi dal salmone. Il lomilomi viene solitamente servito freddo o con ghiaccio.
Nei primi anni ‘90, un gruppo di chef hawaiani diede il via a una cucina fusion locale, una mescolanza di influenze culinarie etniche e ingredienti del luogo. Lo chef Sam Choy, uno dei fondatori di questo movimento, nel 1992 diede inizio a un Festival del Poke che consisteva in un concorso di ricette di poke per chef professionisti e cuochi amatoriali, che si tiene ancora oggi. I partecipanti presentarono molte nuove combinazioni di sapori, utilizzando frutta esotica, tante verdure e trasformarono un cibo semplice e comune nelle isole in un piatto trendy che nelle decadi successive sarebbe apparso nei ristoranti di tutto il mondo. A portarlo in Italia nel 2017 sono stati Michael Lewis e Rana Edwards, ideatori di I love poké, che hanno dato il via alla prima catena italiana di fast food dedicata al mondo del poke, declinando questo piatto nato semplice con tanti ingredienti diversi, perché ognuno possa trovare o comporrre il proprio poke.
Va ricordato che il pesce per il poke va inteso sì freschissimo, ma deve essere assolutamente abbattuto, secondo le regole del pesce crudo. Oggi si trovano molte ricette di poke: tra le più autentiche ci sono l’ahi poke, tonno crudo con cipollotti, peperoncino, sale marino, salsa di soia, olio di sesamo, noce delle Molucche tostata e limu, serviti su un letto di cavolo rosso; nella versione piccante viene aggiunta la sriracha. Diffuso anche il tako poke o heʻe poke (poke di polpo, che in questo caso non è crudo bensì lessato) con olio di semi di sesamo, peperoncino tritato e sale marino. Mentre il poke è comunemente associato a un piatto di pesce crudo, nei tempi moderni è piuttosto libero. Può essere conservato come il ceviche o cotto al vapore, fatto con o senza pesce oppure tagliato diversamente dai cubetti. Può contenere riso, frutta esotica come avocado e mango, wasabi, salsa teriyaki, cous cous, polpette di soia, mais, edamame, carote, olive, jalapeno, zenzero, funghi, etc. Lo chef Sam Choy ha reso popolare il “poke fritto” ma anche il pipikaula (carne essicata in stile hawaiano), l'ake (fegato di manzo crudo), la trippa e la tartare di manzo possono essere preparati come poke. A questo punto, via con la creatività!
Giulia Paganelli
settembre 2024
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