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News ed EventiBenessereEducazione alimentare: imparare da piccoli a mangiare bene da grandi

Educazione alimentare: imparare da piccoli a mangiare bene da grandi

In famiglia e a scuola, i bambini possono ricevere importanti insegnamenti sul valore, le proprietà e l’impatto che i cibi possono avere su salute e ambiente

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Nella formazione dei piccoli, destinati a diventare le donne e gli uomini di domani, si parla sempre più spesso di educazione alimentare. Intorno al cibo ruotano mille argomenti e spunti interessanti, per i bimbi ma anche per noi adulti. E, forse, all’interno delle famiglie non se ne parla ancora abbastanza. Mentre occorrerebbe approfondire la conoscenza di cosa si mangia e perché, di come la dieta influenzi il benessere dell’organismo, delle ripercussioni che le scelte a tavola possono avere sulla salute dell’ambiente.


I programmi istituzionali
A questi temi è dedicato il progetto Maestra Natura realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il ministero della Salute. Rivolto agli studenti di elementari e medie, fa del cibo un vero e proprio strumento didattico che avvicina gli alunni ad argomenti scientifici, culturali e “sociologici”. Grazie a una piattaforma accessibile a ragazzi, genitori e insegnanti, si imparano le caratteristiche nutrizionali e di biochimica degli alimenti, i processi di produzione e distribuzione e il loro impatto sull’ambiente, la necessità di un’alimentazione ecosostenibile, concetti come porzioni, abbinamenti, numero dei pasti, i fattori culturali, di stagionalità e soggettivi che incidono sulle scelte alimentari. A oggi, Maestra Natura ha raggiunto oltre 58.000 studenti di 3.000 classi, con 1.850 insegnanti che hanno seguito uno o più degli 8 percorsi didattici di tipo esperienziale, pensati per conoscere gli alimenti da diverse prospettive: non solo tramite lezioni orali e testi scritti ma anche, e soprattutto, facendo esperimenti a scuola e cucinando a casa, coinvolgendo tutta la famiglia.


Una sfida per il futuro
Se da un lato si muovono le istituzioni, dall’altro anche le associazioni intervengono sempre più spesso sul tema. È il caso della Lav, la Lega antivivisezione, che ha recentemente lanciato una petizione all’hashtag #sfidagreen, invitando i sindaci di cinque città italiane – Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli – a impegnarsi a ridurre del 20% il consumo di carne nelle mense pubbliche nei prossimi 4 anni e a istituire un giorno a settimana 100% vegetale in tutti gli esercizi di ristorazione collegati alle loro amministrazioni. Scuole comprese, dunque, con l’obiettivo di ridurre l’impronta ambientale e sanitaria che un consumo eccessivo di prodotti di origine animale lascia sull’ambiente e sulle persone, con emissioni di gas serra e agenti inquinanti, occupazione di suolo, consumo d’acqua. Anche a questo si dovrebbe pensare quando scegliamo un cibo piuttosto che un altro, o quando lo offriamo ai nostri figli.


Cosa succede in mensa?
Se in classe gli studenti possono approfondire la materia dal punto di vista teorico, la principale “aula” per questo studio è, o dovrebbe essere, proprio la mensa: il luogo in cui bambini e ragazzi si misurano con una cucina diversa da quella familiare, con regole di educazione a tavola e convivenza con gli altri, e dove dovrebbero imparare anche a gestire il proprio rapporto con il cibo, questione non secondaria visto il diffondersi di problemi quali l’obesità infantile e i disturbi alimentari dell’età adolescenziale. La strada passa, naturalmente, anche dal gusto. Da questa convinzione è nata di recente una interessante collaborazione tra il Comune di Castelfranco Emilia (Modena), Camst Group (azienda di ristorazione collettiva) e lo chef stellato Luca Marchini del ristorante modenese L’Erba del Re. Lo scopo è fornire ai bambini, dal nido alla primaria, un’alimentazione varia, bilanciata, sana... con il gusto in più! I menu puntano sui prodotti tipici locali, le specialità della gastronomia emiliana, la tradizione e, perché no, anche la convivialità e lo stare insieme, seppure all’interno delle regole vigenti per via della pandemia. Il tutto inserito, naturalmente, nelle linee guida nazionali e regionali con l’intervento dei dietisti e il confronto con le commissioni mensa, i genitori e gli insegnanti, e con i piccoli utenti: “Quelli che un giorno avranno l’opportunità di maturare un senso del buono”, spiega Marchini. “Prospettiva possibile solo se coltivata e stimolata con un insegnamento sul valore del cibo e sull’esperienza di conoscerlo e assaporarlo”.


Il parere dei genitori
Abbiamo parlato con un gruppo di mamme e papà milanesi che fanno parte delle commissioni mensa nelle scuole elementari dei figli. Tra le cose che sono emerse, c’è che i più piccoli... non fanno distinzione tra mensa e ristorante! Così, quando parlano coi grandi, “ordinano” i cibi prediletti, dalle lasagne alla pizza, proprio come se stessero consultando un menu, senza considerare la possibilità che le linee guida prevedano o meno i loro cibi prediletti. Già da piccoli, mostrano di avere gusti precisi, come ha evidenziato una recente “battaglia” in un istituto cittadino per l’abolizione dell’aceto dai condimenti, poco gradito anche nella versione delicata di mele. Un’iniziativa che piace molto ai genitori è la “doggy bag”: agli alunni il Comune ha distribuito sacchettini in cui possono riporre il pane e la frutta non consumati durante la refezione, per poi mangiarli in un altro momento della giornata. Un’esperienza collaterale è poi quella del rigoverno: finito il pasto, sono i bambini a sbarazzare i loro posti tavola e dividere i rifiuti. Se questo è importante per insegnare concetti come collaborazione e riciclo, da riportare anche in famiglia, alcune mamme lamentano che così, purtroppo, buttare via il cibo diventa un gesto abituale. Per effetto della pandemia, infatti, non c’è più il self service, in cui i piccoli potevano scegliere solo quel che più gli piaceva, ma vengono serviti a tutti porzioni standard di primo, secondo e contorno. Chi non gradisce l’uno o l’altro finisce per gettarlo nel secchio dell’umido: un’abitudine poco educativa.


I gourmand di domani
Sempre per via del distanziamento, negli ultimi tempi i docenti non riescono purtroppo a interagire più di tanto durante il pranzo, quando sono tutti senza mascherine. Ma esistono ancora maestre che insegnano ad assaggiare anche quel che di primo acchito non piace: un modo intelligente per stimolare la curiosità e la conoscenza di sapori e ingredienti nuovi e far nascere, chissà, i futuri gourmand. Quel che si impara da piccoli è ciò che si diventerà da adulti: la speranza è che l’attitudine “precoce” a un’alimentazione buona e sana possa creare, un domani, adulti che mangeranno meglio, uomini e donne più in salute, consumatori più consapevoli. E, si spera, anche un ambiente migliore.


Francesca Romana Mezzadri
gennaio 2022

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