Una prelibatezza della pasticceria, nata per conservare la frutta e diventata in poco tempo un prodotto ricercato. Metodi industriali, artigianali e home made per dolcetti d'eccellenza
I canditi come noi li conosciamo sono un'evoluzione di una tecnica antica, nata, come spesso accade nel mondo della gastronomia, da una necessità, che era quella di conservare il più a lungo possibile la frutta nel momento di massima espressione di sapore, colore e profumo. Così nelle terre di mezzo, tra Mesopotamia e Cina, le prime prove di "canditura” erano volte a conservare frutta e radici con l'utilizzo del miele e sciroppo di palma, dolcificanti naturali e largamente disponibili.
Prima di essere un dolce, i canditi sono stati un rimedio medicale, utile per lo stomaco, l'intestino, l'alito e -si diceva- anche il cuore. Virtù legate per lo più al miele che vantava le stesse proprietà. Hanno conquistato la loro identità dolciaria grazie agli Arabi che, precursori dei metodi moderni, perfezionarono questa tecnica di conservazione utilizzando lo zucchero di barbabietola, conosciuto in Medioriente già nel VI-VII secolo.
Particolarmente amanti del sapore dolce, era abitudine degli Arabi offriredurante i lussureggianti banchetti frutta e fiori canditi, come rose e violette (foto sopra a sinistra), orchidee (foto sopra a destra) e gerani. Anche se alcune fonti riportano la conoscenza dei canditi in Occidente solo nel Cinquecento, quando erano considerati, al pari delle spezie, prodotti pregiati e costosi, di fatto gli Arabi ne introdussero il metodo durante il dominio della Sicilia tra il IX e il XII secolo, utilizzando un prodotto che conoscevano già da alcuni secoli, lo zucchero di canna. La conoscenza dei canditi nel Mediterraneo si deve all'espansione araba, mentre la diffusione dei canditi in tutta Europa fu opera dei marcanti veneziani e genovesi.
Ancora oggi, come un tempo per candire la frutta, la si fa bollire in uno sciroppo zuccherino, in modo che si impregni di zucchero che ne impedisca l'alterazione nel tempo. L'iter prevede che lo sciroppo impregni la frutta prendendo il posto dell'acqua presente della polpa e nella scorza, possibilmente senza alterarne il gusto e il colore. Secoli fa si usava miele o zucchero di canna, attualmente si può usare qualsiasi tipi di dolcificante, anche se quelli che danno i risultati migliori, oltre al miele e allo zucchero di canna, sono lo zucchero di barbabietola e in alcune zone, come per esempio in Emilia Romagna (dove si fa la saba o sapa), il mosto cotto. Si può candire qualunque tipo di frutta, pesche, ciliegie, albicocche, marroni, etc (foto sopra a sinistra), benché i canditi più conosciuti sono quelli di agrumi, limone, cedro e arancia (foto sopra a destra). La canditura può essere artigianale, industriale o home made.
Sicuramente meno pregiati rispetto alla produzione artigianale, i canditi industriali, offrono per contro una scelta più ampia, includendo alimenti meno facilmente reperibili, come il chinotto (foto sopra a sinistra) o più impegnativi da trattare, come per esempio la radice di zenzero (foto sopra a destra) e i kiwi. Nella canditura industriale il processo avviene all'interno di autoclavi sottovuoto o vasche atmosferiche, tecnologie che utilizzano un processo osmotico per accelerare i tempi di lavorazione della frutta: avviene dunque uno scambio, per cui l'acqua contenuta nella frutta è sostituita con sciroppo di zucchero (appunto per "osmosi”). Questa operazione può avvenire con un processo sottovuoto in autoclavi a chiusura ermetica che portano lo sciroppo a ebollizione mantenendo basse le temperatura. In questi grossi recipienti, la frutta può essere lavorata in cesti o sciolta nello sciroppo, a seconda della delicatezza. In alternativa si usano vasche atmosferiche, secondo il metodo tradizionale "a cielo aperto”, che richiedono tempi leggermente più lunghi (2-7 giorni). Il metodo industriale può prevedere l'aggiunta di glucosio (per evitare che la frutta cristallizzi), coloranti, aromi naturali e conservanti, che possono rendere i canditi meno morbidi e alterarne, almeno in parte, il sapore e il colore. Utilizzando una minor quantità di zucchero si ottiene la frutta semi-candita, che ha un maggior contenuto di succo e un periodo di conservazione più breve. La frutta semi-candita è spesso usata come spuntino o come guarnizione a piatti dolci e salati.
La canditura artigianale è un metodo più lungo che richiede pazienza, ma anche in questo caso avviene uno scambio (osmosi) tra il liquido presente nella frutta e la soluzione zuccherina. La frutta posta in una vasca di canditura e ricoperta dallo sciroppo, riposa per alcuni giorni; a questo punto lo sciroppo è separato dalla frutta e portato a bollore per eliminare l'acqua presente, quindi versato nuovamente sulla frutta; l'operazione si ripete più volte finché la concentrazione di zucchero nei canditi è stabile. I canditi pronti si possono consumare subito, conservare nel loro sciroppo fino al consumo oppure essere "ghiacciati” cioè ricoperti da uno strato di zucchero (canditi alla parigina). Potete anche candire la frutta in casa, ma occorrono alcuni giorni di lavoro: se volete candire l'ananas (foto sopra) ricavate dal frutto di 1 kg tante fette, private anche dell'anima dura al centro. Sistemate le fette di ananas in una capace casseruola, versatevi sopra mezzo litro di acqua e bollite per 5 minuti. Estraete le fette di frutta, unite 300 g di zucchero e fate bollire per 5 minuti. Togliete dal fuoco e immergete l'ananas nello sciroppo (deve esserne ben coperto). Sigillate con pellicola per alimenti. Dopo 24 ore, togliete l'ananas, aggiungete altri 90 g di zucchero, fate bollire ancora per 2 minuti. Togliete il recipiente dal fuoco e immergetevi di nuovo l'ananas per 24 ore. Ripetete queste 2 operazioni per altri 2 giorni. Al quinto giorno aggiungete 150 g di zucchero e fate bollire ananas e sciroppo per 6 minuti. Fate riposare ancora 2 giorni, poi estraete l'ananas e fatelo asciugare per qualche ora su una gratella per dolci. Mettete le fette in una scatola o in un vaso, separandole con carta oleata. Si chiama canditura anche quella semplicissima che si fa per pomodorini (foto sopra), cipolle, carote, cipollotti (con merluzzetti), radicchio, o altra verdura simile. In questo caso non si tratta di una vera e propria canditura anche se il metodo seguito è simile e tende a sostituire l'acqua dei vegetali con zucchero e sale. Gli ortaggi cosparsi di zucchero e sale sono infornati a basse temperature (tra i 50° e i 100°) per tempi lunghi, circa 2 ore. Il risultato è una preparazione leggermente candita, che mantiene sapore, colore e morbidezza (molto simile ai semi-canditi).
L'uso principale è nella piccola e grande pasticceria, protagonisti di dolci lievitati tradizionali come il panettone lombardo (foto sopra a sinistra), la colomba, la pastiera napoletana (foto sopra a destra), la cassata siciliana, il buccellato siciliano. Si possono aggiungere ai dolci al cucchiaio, a base di crema o di gelato, e alla piccola pasticceria, mignon, praline, cioccolatini, dolcetti vari. Ideali per variegare e decorare marmellate e confetture, crostate, torte, gelati e semifreddi, possono arricchire anche pancake, muffin, tartellette, crostatine. Una meravigliosa sorpresa per il palato se abbinati a ingredienti salati come i formaggi stagionati o erborinati o i petti d'anatra ai kumquat canditi.
Letizia Tiani
Dicembre 2025