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News ed EventiBenessereChe fico quello d’India!

Che fico quello d’India!

Cresce ovunque e con poca acqua. È buono e salutare. E anche a spreco zero.

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È un frutto ben noto e dal lungo passato, visto che in Italia è arrivato con la scoperta delle Americhe (da qui il suo nome fuorviante visto che non arriva dall’Asia) e oggi viene ampiamente coltivato, tanto che ne siamo il secondo produttore al mondo dopo il Messico. Ma il fico d’India è anche uno dei 50 alimenti del futuro individuati dalla Fao come fondamentali per combattere i cambiamenti climatici e affrontare le esigenze alimentari di una popolazione mondiale in continua crescita. Merito dei suoi “eco-poteri”: il fico d'India è in grado di restaurare le terre degradate, conservare l'acqua e ridurre l'emissione di anidride carbonica. Ed è anche a spreco zero, perché può essere usato per intero, bucce comprese.

Sostenibile e generoso
La pianta del fico d’India si moltiplica facilmente, anche in terreni difficili da coltivare perché troppo scoscesi o rocciosi oppure aridi o pietrosi, come quelli alle pendici dell’Etna dove la sua coltivazione è documentata da 200 anni e dov’è stata introdotta per la capacità delle sue radici propagarsi facilmente nelle fenditure della roccia lavica. Basta sotterrarne nella terra i rami (le cosidette “pale”) per far attecchire le sue radici penetranti e diffuse, che sono capaci di captare umidità e nutrimento anche a grande distanza. Anche per questo la pianta del fico d’India richiede pochissima acqua e, altro punto a vantaggio della sua sostenibilità, assorbe importanti quantità di anidride carbonica. Ed è anche una pianta generosa perché, grazie a una particolare tecnica di coltivazione (la scozzolatura), si riesce a farle dare due raccolti l’anno. La prima avviene agosto e settembre e dà i fichi d’India nostrani o agostani (chiamati anche primo fiore), mentre dalla seconda, che si fa tra settembre e novembre, si ottengono gli scozzolati (o bastardoni).

fico d'india

A spreco zero
Del fico d’India si usa tutto. Oltre ai frutti, si può consumare la buccia, bollita e saltata in padella. Se la si fa rosolare in padella e la si condisce in agrodolce (ossia con aceto e zucchero) si ottiene un contorno delizioso, perfetto anche da usare nella farcitura dell’hamburger. Le pale del fico d’India, soprattutto quelle giovani e tenere, sono molto apprezzate in cucina (soprattutto in Messico). Le si può provare prima sbollentate e poi impanate e fritte. Una delizia dal gusto dolce, che ricorda quello delle melanzane. Il fiore essiccato serve per preparare infusi depurativi, mentre dai semi si ricava uno degli oli più pregiati dall’industria dei cosmetici. Oltre che per gli uomini, il fico d’India è stato per secoli anche una risorsa per gli allevamenti animali. Infatti i frutti scadenti e le bucce si davano in pasto ai maiali mentre le foglie più tenere rappresentavano un’alternativa ai foraggi nell’alimentazione bovina. 

fico d'india

A ognuno il suo colore
Sono tre le varietà di fico d’India più comuni in Italia, e in Sicilia in particolare (fornisce il 97% della produzione italiana), dove il frutto coltivato in provincia di Catania ha ottenuto anche la Dop (Denominazione di origine protetta). Quello giallo è il più diffuso e anche il più amato per la polpa morbida e dolce. Anche quello rosso ha una polpa molto zuccherina e succosa, ma più friabile e con meno semi. La varietà più pregiata è quella bianca: ha una polpa chiara e croccante, dal sapore fresco e delicato. In tutti i casi, per gustarlo al meglio va tolto dal frigorifero, dove lo si conserva, almeno un paio di ore prima di mangiarlo.

fico d'india

Benefico e antiage
Sta nei suoi bei colori l’elisir di giovinezza del fico d’India: infatti il rosso, il giallo o il porpora della sua polpa, che dipendono dalle diverse varietà della pianta, sono dovuti a due tipologie di pigmenti, le betalaine, che hanno la capacità di contrastare lo stress ossidativo. L’identikit nutritivo del fico d’India non finisce qui: composto per l’83% di acqua e con il 13% di zuccheri, apporta fibre e vitamine, in particolare la C e il betacarotene. Il rapporto favorevole tra buone quantità di potassio e scarso apporto di sodio lo rendono diuretico e drenante.

Manuela Soressi
Novembre 2022

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