Prodotta in molti comuni dell’Italia del Nord e anche Oltralpe, la robiola nasce come formaggio vaccino di breve stagionatura, ma è prodotta anche con latte ovino e spesso lasciata stagionare. Nata come formaggio da tavola per non sciupare il latte avanzato, si sposa con contorni semplici, mostarda, chutney, ma anche frutta, cioccolato e miele. Ed è ampiamente utilizzata in ricette sfiziose, tra salse, creme, condimenti, ripieni.
Originaria probabilmente del Piemonte, in particolare della zona delle Langhe, e della Lombardia, tra bresciano, bergamasca e Valsassina, la robiola è prodotta anche in alcuni territori emiliani e nel Canton Ticino, in Svizzera. L’etimologia del nome è contrastata e rivendicata da fonti diverse: chi dice che si debba il suo nome al paese di Robbio, in provincia di Pavia, dove era prodotta già dal Cinquecento, chi invece la vuole tratta dall’aggettivo latino “rubrum”, cioè rosso, come il colore che assume spesso la crosta di questo formaggio. Secondo una terza versione, invero la meno accreditata, il nome deriverebbe da “robbia”, una pianta utilizzata per ricavare un pigmento rosso, ancora in riferimento alla sua crosta rossastra.
Il formaggio fresco a pasta molle (foto sopra) è solitamente prodotto con latte vaccino, anche se hanno trovato largo consenso anche le produzioni con latte di pecora, di capra o misto. La stagionatura è ammessa per arrivare a un formaggio comunque commercializzato in forme medio-piccole, che muta il suo sapore fresco, dolce e leggermente acidulo in un gusto più sapido e una pasta più compatta, con crosta fiorita e sapore più deciso e strutturato. La classificazione della robiola si può fare in due modi, a seconda del tipo di latte o del tipo di stagionatura. Per tipo di latte si produce la robiola di capra, cremosa, delicata, leggermente acidula, da assaporare con miele, noci e frutta. Con latte di mucca, la robiola vaccina ha consistenza variabile a seconda della stagionatura; si gusta con confetture, miele o si usa per mantecare un risotto. Esistono infine robiole prodotte con una miscela di diversi tipi di latte (vaccino, caprino, ovino). La classificazione per stagionatura, invece, annovera tra le robiole fresche quei prodotti che hanno una stagionatura breve di 4-10 giorni e una consistenza morbida e burrosa; se la stagionatura supera i 10-11 giorni, arrivando anche oltre i tenta, si ottiene un formaggio “affinato” dalla pasta più consistente e fondente, crosta fiorita e sapori intensi.
Interessante anche per le sue proprietà organolettiche, la robiola è un ottimo formaggio da tavola, consumato con contorno di stagione se proposto come secondo piatto, o accompagnato con pomodorini (foto sopra a sinistra), frutta fresca e secca (foto sopra a destra), miele, chutney, mostarda di frutta e di verdura, composta di frutta e persino cioccolato per un insolito dessert a fine pasto. La versione stagionata si presta alla degustazione di vini robusti, principalmente rossi.
Se volete usarla come antipasto, nella versione di capra potete accompagnarla con i cracker al sesamo (foto sopra a sinistra) per uno stuzzichino da accompagnare con un aperitivo; dip di cipolla e robiola per esaltare il sapore dei crostini al prosciutto o budino salato con cetriolo, un antipasto fresco e delicato, da accompagnare con fette di pane o grissini, anche aromatizzati. Per antipasti più raffinati i tartufini di robiola stanno bene con il tartufo e la terrina di robiola e uova di quaglia è un piatto freddo vegetariano, facile ma scenografico. Buonissima anche su crostoni di pane, di polenta, di frittata, di focaccia o racchiusa tra insoliti biscottini salati (foto sopra a destra). Tra i primi piatti arricchisce la ciambella di bucatini, ideale per un pranzo allargato tra amici e parenti, le tagliatelle festonate integrali, pasta fresca profumata al basilico, o l’anello di paccheri con prosciutto, una proposta scenografica per la tavola di Natale. Autunnale e vegetariano, il risotto con le pere ha il sapore dello zenzero e l’aroma della maggiorana per un primo alternativo che stupisca il palato. È un’ottima farcitura anche per torte salate, strudel salati, involtini di salumi, carne e pesce bianco.
Nella versione fresca diventa un formaggio spalmabile ideale per salde dolci e creme, da provare nelle tartellette con crema di robiola allo zafferano, melagrana e noci, per un dolce al cucchiaio colorato e voluttuoso, la mousse di lamponi e robiola (foto sopra a sinistra), servita con grissini, una proposta leggera e golosa per la merenda dei bambini. Per sorprendere le amiche davanti a una tazza di tè, gli éclair alla robiola e marmellata di arance (foto sopra a destra), sono dolcetti deliziosi, preparati con pasta choux e cosparsi di zucchero a velo. La robiola fresca è ingrediente gradito anche nelle crostate, nelle cheesecake e, a piacere, nei tartufi al cioccolato.
Grande produttore di robiola, il Piemonte vanta anche i natali della varietà più pregiata, la Robiola di Roccaverano (foto sopra), formaggio Dop, prodotta con solo latte di capra ricavato da razze autoctone allevate nel territorio incontaminato delle Langhe (Piemonte) o misto pecora o micca. La Robiola di Roccaverano è prodotta da metà marzo a metà dicembre, pronta da consumare fresca o da conservare sott’olio. Il sapore delicato ma ricco di sfumature aromatiche è dovuto alle numerose piante che crescono nella zona -lavanda, cardo, salvia, rosa canina- di cui si cibano gli animali. In questa regione si produce anche la Robiola delle Langhe, o langarola, a latte misto o di pura capra, tipica dell’Alta Langa, disponibile anche aromatizzata al tartufo, che qui è di casa. Tra Asti e Alessandria si lavora un’altra robiola pregiata, la Robiola del bec, fatta con latte di capra, dalla pasta tenera, grassa, spalmabile, coagulata con caglio di vitello. È buffa la spiegazione del suo nome: il bec è il caprone in dialetto piemontese, che amoreggia con le capre tra ottobre e novembre, periodo di produzione di questa formaggella. Nell’astigiano si trova un altro prodotto caseario P.A.T. (Prodotto Agroalimentare Tradizionale), la robiola di Cocconato, perfetta per farcire torte salate e mantecare risotti. Meno conosciuta, ma non meno interessante, anche perché riservata più alla produzione casalinga, la Robiola di Ceva e Mondovì, è un latticino dalla crosta morbida e sottile che matura in circa venti giorni. Spostandosi verso Cuneo, la Robiola d’Alba si trova fresca tutto l’anno e la Robiola di Murazzano, da latte ovino e vaccino, è un formaggio fresco Dop (Denominazione di origine controllata). Nelle zone confinanti la robiola ligure, un formaggio fresco di latte ovino (capra o pecora), cremoso e bianco da giovane, più sapido dopo la stagionatura. Dalla robiola ligure due varianti, la pregiata robiola piemontese di Roccaverano, di cui abbiamo già narrato, e la ligure Robiola della val Bormida P.A.T., venduta in forma rotonda o rettangolare; è tra i formaggi liguri più noti della provincia di Savona, citata anche nel Summa lacticinorum del medico di casa Savoia Pantaleone da Confienza. Anche in Lombardia si scoprono diverse eccellenze: nel territorio bresciano, tra Franciacorta e Lago d’Iseo, la robiola besciana (robiola vaccina) da latte vaccino, nella variante dura e morbida, si riconosce per la caratteristica rigatura sulla superficie dovuta al periodo di stufatura su stuoie di legno. Nella zona limitrofa alla provincia di Bergamo, si trova la robiola boscaiola, un prodotto di nicchia ma strabiliante, che usa lo stesso procedimento del Taleggio Dop. La forma piccola e stagionata è saporita e la crosta, commestibile, risulta leggermente amarognola. Spostandosi verso ovest, nella provincia di Lecco, la Robiola della Valsassina P.A.T. è un formaggio vaccino, stagionato tra i 30 e i 60 giorni e affinato nelle grotte della zona; è spesso definita una "variante del Taleggio" proprio per il metodo di stagionatura. Esistono almeno due varianti di questo formaggio lombardo, la Robiola Vecchia, con crosta rosata, e la Robiola Grignola, prodotta con latte intero di montagna, crosta fiorita e una pasta più cremosa e aromatica. (I formaggi leccini sono ottimi con confetture di verdure, frutta fresca o pane morbido, olio e pepe e vini maturi). Spostandoci un po’ più a Nord, la robiola Valtellina, prodotta nell’omonimo territorio della provincia di Sondrio, è prodotta con latte di montagna e ha una consistenza incredibilmente cremosa. In Brianza la robiola di Montevecchia, conosciuta anche come "Furmgètt de Muntavégia" o "Robiolina Montevecchia", è un formaggio fresco e senza crosta ottenuto da latte vaccino pastorizzato. Passato il confine, la robiola prodotta nel Canton Ticino è fresca, morbida, dal sapore più o meno intenso a seconda del latte utilizzato. Potremmo fermarci qui, ma anche l’Emilia Romagna, forse un po’ invidiosa di tanta varietà e bontà delle altre regioni, ha la sua robiola di Castel San Giovanni, che si fa sui Colli piacentini. La robiola dell’Appennino è unica nel suo genere, per l’aggiunta durante la lavorazione di zucchero, sale, vino bianco secco oppure grappa. Fresca o stagionata è un ottimo formaggio da tavola che, nella versione stagionata, è conservata in recipienti di vetro sott’olio, diventando la pasta forte e piccante. E voi quale preferite per la vostra tavola?
Letizia Tiani
Novembre 2025