Si fa presto a dire arrosto. In realtà, il termine si riferisce, prima ancora che a una ricetta, a una tecnica di cottura. Che, applicata alle carni, regala secondi piatti importanti da servire sulle tavole delle grandi occasioni come nei pranzi in famiglia. Ripercorriamo allora tutti i passi per ottenere un arrosto al forno o in casseruola da applausi.
I tagli giusti
L’arrosto si fa, tipicamente, con un pezzo intero di carne. In genere, si usano tagli pregiati, abbastanza magri e teneri. Infatti, al contrario di quel che si crede, nella maggior parte dei casi le cotture non sono eccessivamente prolungate ed è meglio evitare carni tenaci o ricche di connettivo, più adatte a brasati e stufati. Per la scelta, vale sempre il consiglio di affidarsi a un buon macellaio e, al super, di orientarsi su parti a prova di errori. Per un arrosto di manzo: scamone, noce, codone, punta di petto, controfiletto, lombata. Se preferite il vitello, scamone, girello, noce, sottofesa, fesa di spalla. Per un ottimo arrosto di maiale, la parte migliore è il carré, con o senza ossi (la famosa arista o lonza), ma anche il cosciotto e la coppa, la parte vicina al collo, che dà arrosti rustici (è ricca di grasso) ma succulenti. Carrè e cosciotto sono anche i tagli preferiti se parliamo di agnello, dal quale si ricavano anche ottimi arrotolati di pancia. Risultati egregi si ottengono, infine, con la fesa di tacchino, ovvero il petto.
Bardature e lardelli
I tagli più magri possono aver bisogno di un “aiutino” per non risultare, a fine cottura, asciutti e stopposi. Questo può venire dalla bardatura: una camicia di fettine di lardo o pancetta che rilasceranno i loro grassi insaporendo la preparazione. Una tecnica particolare è quella della lardellatura, tramite la quale si inseriscono nella polpa sottili striscioline, di solito di proprio lardo. Per farlo, si può usare l’apposito attrezzo (una sorta di ago grosso e lungo). Più semplicemente, si può forare la carne in più punti con un coltello appuntito e sottile, poi inserire nelle incisioni il salume scelto e, volendo, spicchietti d’aglio o ciuffetti di rosmarino e salvia, che aromatizzeranno l’arrosto.
Legare l’arrosto
Che sia o meno “ingrassato” e aromatizzato, l’arrosto deve essere legato altrimenti, durante la cottura, tende a sformarsi. Il modo più semplice è quello di eseguire, con spago da cucina, alcuni legature parallele ai lati corti, poi fissarle con una lunga legatura perpendicolare alle prime. Più facile ancora, utilizzare una retina elastica, che ormai si trova facilmente anche online. La legatura può servire anche a fermare gli aromi, come rametti di rosmarino o foglie di alloro.
La tecnica di cottura
Le fasi di cottura di un arrosto sono abbastanza codificate. Preparato il taglio di carne, si effettua una scottatura esteriore. Questa rosolatura, che avviene a fiamma vivace, grazie alla reazione di Maillard crea una prima coloritura e una crosticina esterne e insaporisce il fondo di cottura, che poi diventerà il sughetto dell’arrosto. La cottura prosegue poi a calore controllato. Durante questo tempo, l’arrosto deve essere mantenuto condito e umido. Questo può avvenire rigirandolo nel recipiente o irrorandolo, di tanto in tanto, con il fondo di cottura.
“Vivo” o morto?
L’arrosto più propriamente detto si cucina in forno. La tecnica è analoga a quella allo spiedo, molto usata in passato, in cui la carne è esposta direttamente al calore. Prima di finire in forno, si può dorare sul fornello, sfumando eventualmente con poco brodo o vino. Per evitare che la base risulti “bollita”, si può posare la carne su una griglietta, da inserire nella teglia. Più dolce è il metodo per ottenere il cosiddetto arrosto morto. Codificato da Pellegrino Artusi (è la ricetta numero 526 del celebre La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene), è il classico arrosto in casseruola che si cucina con il coperchio e, soprattutto, con una generosa dose di liquido, in genere brodo ma anche latte o vino, unito dopo la rosolatura iniziale. Il risultato è un arrosto più delicato e morbido, che può essere arricchito da un soffritto iniziale (che in forno brucerebbe), anche con erbe e spezie, come chiodi di garofano o bacche di ginepro.
Che temperature?
Quelle del forno sono in genere piuttosto alte, intorno ai 200°. Mentre l’arrosto morto si cuoce a fuoco moderato. Più interessante ragionare sulla temperatura che la carne deve raggiungere al cuore per potersi dire cotta. Questa temperatura si misura con un termometro da cucina da inserire in una parte spessa, lontano da eventuali ossi, fermandosi a circa metà altezza del pezzo di carne. Per un manzo cotto a puntino, la temperatura al cuore è di circa 60°, 5° in meno per un roast beef al sangue, fino a un massimo di 68° per un arrosto ben cotto. Il vitello e l’agnello sono “rosa” a 60-62°, al punto a 68-70°, ben cotti a 75°. Il maiale e il tacchino, che non si mangiano al sangue, devono raggiungere 80-85°. Sebbene il filetto e la lonza di suino possano essere serviti un po’ indietro, intorno ai 70°. Non serve, invece, a nulla rilevare la temperatura in caso di arrosti arrotolati e ripieni: in queste preparazioni, la carne è sempre piuttosto sottile, quindi cuoce in fretta, mentre si deve invece calcolare il tempo necessario per il ripieno.
Prima di servire
Giunto a cottura, l’arrosto deve riposare una decina di minuti, in modo che le fibre si rilascino e i succhi interni si redistribuiscano nella polpa. Perché non si raffreddi, toglietelo dal recipiente di cottura e avvolgetelo in un largo foglio di alluminio. Nel frattempo, occupatevi di rifinire il sughetto. Staccate dal fondo del tegame tutte le parti attaccate (purché non bruciate!) con qualche cucchiaiata di brodo, vino o semplice acqua. Trasferite il tutto in un pentolino, eventualmente filtrando al colino. Fate sobbollire e addensate unendo, un pezzetto per volta, una noce di burro impastata con un cucchiaio raso di farina. Oppure, potete aggiungere un cucchiaino di amido di mais, prima sciolto in poca acqua fredda. Pronto l’intingolo, non resta che scartare l’arrosto e affettarlo con un bel coltello a lama liscia, lunga e ben affilata: il secondo è in tavola!
Giugno 2021
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