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News ed EventiPiaceriSale nei cocktail per rinfrescare l’estate

Sale nei cocktail per rinfrescare l’estate

Una punta di sapidità nel drink è il modo migliore per amplificare i gusti e richiamare freschezza: parola di bartender esperto!

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C’è un trend che va sempre più affermandosi nella mixology: l’aggiunta di una punta di sale nei cocktail. Così come accade, per esempio, in pasticceria (pensate alla frolla), un pizzico di sale è in grado di amplificare e armonizzare fra loro le diverse componenti gustative dei drink e, se ben dosato, è in grado di caratterizzare le bevande in modo deciso. Ce lo siamo fatto raccontare da Francesco Bonazzi, bartender di Tripstillery, cocktail bar con distilleria di gin nel cuore di Milano.

Non solo Margarita
“Tra i mixologist, l’aggiunta di una soluzione salina ai cocktail, come esaltatore di sapidità, ha iniziato a prendere piede qualche anno fa”, spiega Bonazzi che ricorda come, all’esplodere della moda, c’è stato chi l’ha sperimentata su tutto, persino nel Daiquiri, il sour caraibico a base di rum bianco, lime e zucchero. Del resto, due dei più celebri cocktail di ispirazioni tropicale sono da sempre serviti in calici con il cosiddetto rim, o crusta: l’orlo intinto nel sale è infatti il segno distintivo del Margarita (tequila, triple sec e lime) e del Paloma (tequila, sciroppo d’agave e pompelmo), quest’ultimo molto richiesto.

Bonazzi cita anche un altro messicano, il Batanga: tequila e cola con rim di sale grosso. In tutti questi casi, però, il sale è un’esperienza effimera: finito quello sul bordo del bicchiere, ne resta solo il ricordo. Se, invece, diventa ingrediente, ecco che apre i gusti e, soprattutto nei drink estivi, è capace di richiamare freschezza.

Dalla cucina al bancone del bar
“Oggi c’è molta vicinanza tra cucina e cocktail”, osserva il bartender. “Sia a livello di pairing che di scelta e scambio di prodotti”. Così come vediamo vermouth, bitter e distillati diventare ingredienti, allo stesso modo nei cocktail arrivano verdure e spezie. Un esempio di questo continuo interscambio è la collaborazione tra cocktail bar e aziende agrolimentari. Come Incuso, azienda agricola con produzioni in Sicilia e Campania che sta sviluppando diversi progetti nel mondo del beverage, settore in cui le sue olive, il suo olio, i capperi e i pomodori possono essere usati sia come elementi in miscelazione che come completamento dell’offerta food.

Due grandi classici
Il successo di questo genere di partenrship deriva proprio dalla seconda giovinezza che stanno vivendo cocktail come il Martini cocktail e il Bloody Mary (nella foto in basso).

Il Martini, tipicamente guarnito da un’oliva verde, nella versione Dirty è arricchito da qualche goccia della stessa salamoia. “Da notare che proprio la grassezza di entrambe - oliva e salamoia - fanno assimilare meglio l’alcol rendendo il cocktail più gradevole e beverino”, sottolinea Bonazzi. La regola aurea, ci svela l’esperto, vorrebbe che in un Martini Dirty entrasse una quantità di salamoia pari al volume del nocciolo. In pratica, per 6 cl di distillato (vodka, invece del gin del Martini classico), circa 1 cl di salamoia, oltre naturalmente al vermouth dry (1 cl). Tra le tante variazioni sul tema, anche l’utilizzo di olive farcite, come le classiche con il peperone (foto in basso).

Se al posto del verde frutto si mette una cipollina sott’aceto ecco il Gibson, dove la cipollina unisce dolcezza alla sapidità. Del resto, un nonnulla di zucchero (una parte ogni 5 di sale) bilancia la salinità anche in molti rim creando un inaspettato effetto umami, il “sapore delizioso” che costituisce il quinto gusto tipico della cucina giapponese. La combinazione più esplosiva? Quella dell’Oyster Martini in cui tuffare un’ostrica cruda, con il suo intenso sapore salmastro.

Interpretazioni creative
Nella mixology moderna non manca certo la fantasia, anche quando si tratta di comporre cocktail salati. Reinterpretando il Bloody Mary, per esempio, sono nati nuovi drink che sono già piccoli classici. Come il Bruschettini del maestro barman Enrico “Frog” Contro: base vodka, pomodori datterini pestati con sale Maldon, basilico e una lacrima di olio all’aglio. Mentre ancora Bonazzi cita il cocktail a base rum invecchiato, bitter e salamoia al coriandolo abbinato al taco, firmato Carlo Cracco, che aveva proprio il coriandolo tra gli ingredienti. Un’idea da replicare anche a casa: le dosi per la soluzione salina da usare in miscelazione sono 5 g di sale disciolto in 100 ml d’acqua, in cui a piacere si possono lasciar macerare a freddo erbe e/o spezie: ne bastano 2 gocce per dare un twist a diversi drink. In particolare, come suggerisce l’esperto, se a base Scotch Whisky, per richiamare l’aria marina ricca di salsedine delle isole scozzesi. A proposito di mare, un altro celebre mixologist, Mattia Pastori, ha di recente studiato insieme a un’azienda pugliese un nuovo gin. Si chiama Muma, ha sei botaniche (camomilla, ireos, ginepro, cannella, limone, arancia), un ingrediente segreto e l’acqua purificata del Mar Mediterraneo. Per creare Gin Tonic, Gin Fizz o Negroni... che sanno d’estate!

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