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News ed EventiConsigli praticiBloody Mary e le sue varianti: quando il cocktail è al pomodoro

Bloody Mary e le sue varianti: quando il cocktail è al pomodoro

Nato a New York e ispirato a una regina, questo drink classico a base vodka si può miscelare con liquori differenti e persino con la birra. Corposo e profumato, è adatto anche al brunch

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È un cocktail che non conosce mezzi termini. Corposo, di un rosso intenso, salato, piccante: il Bloody Mary ha sicuramente carattere da vendere! A base di succo di pomodoro, vodka e condimenti vari, è ideale per l’estate e adatto anche a orari non canonici. Tanto da essere scelto spesso per accompagnare il brunch a cavallo fra colazione e pranzo, trasformandosi da aperitivo in drink da tutto pasto.


La ricetta codificata
Nato mescolando in parti uguali succo di pomodoro e vodka, negli anni la ricetta si è raffinata e alleggerita di gradi. Quella attualmente codificata dall’Iba (l’Associazione internazionale dei bartender) prevede 4,5 cl di vodka, 9 cl di succo di pomodoro, 1,5 cl di succo di limone fresco, sale di sedano, pepe, gocce di Tabasco e Worcestershire Sauce a piacere. Si prepara direttamente nel bicchiere tumbler con ghiaccio e si guarnisce con una costa di sedano con le sue foglie e, volendo, una fettina di limone. Nota bene: il sale di sedano non è sale, ma sedano essiccato e macinato che conserva la naturale sapidità dell’ortaggio fresco. Si può acquistare nelle gastronomie più fornite o, naturalmente, sostituire con una presa di sale, magari in fiocchi, lasciati affiorare sulla superficie densa del pomodoro con un bell’effetto decorativo.


Una storia curiosa
È la tinta scarlatta ad aver ispirato il nome che, secondo la versione più accreditata, sembra rifarsi alla regina d’Inghilterra Maria Tudor, soprannominata “la sanguinaria” per la sua propensione a mandare a morte gli oppositori. Certo è che fu perfezionato, sul finire degli anni Trenta, dal barman dell’Hotel St. Regis di New York, e per un certo tempo fu chiamato Red Snapper, il nome che nel resto del mondo oggi identifica la versione con gin al posto della vodka. L’hotel, diventato una catena internazionale, è così legato a questo cocktail da aver creato una versione su misura per ogni location, ribattezzandola ad hoc. A Venezia il Santa Maria ha fra gli ingredienti il Verjus du Perigord, sorta di succo d’uva lievemente acidulo, a Firenze il Bloody Brunello aggiunge grappa di Brunello di Montalcino e una punta di miele, a Singapore il Chilli Padi Mary è profumato con citronella e zenzero, e così via.


Le varianti alcoliche
Nulla vieta di imitare la creatività dell’hotel St. Regis e creare Bloody Mary personalizzati. Un gioco che coinvolge sempre più spesso i bartender. Per cominciare, si può cambiare la base alcolica. Con il gin, come si è detto, ma anche con rum scuro (e diventa Bloody Pirate), sakè giapponese (Bloody Geisha), birra messicana (Michelada), tequila (Bloody Rita), whiskey o whisky, ovvero distillati americani o irlandesi, oppure scozzesi. E si può fare persino... senza pomodoro: con solo vodka e condimenti prende il nome di Bloodless Mary. Mentre il Bull Shoot sostituisce il succo con brodo di carne: decisamente curioso ma probabilmente intrigante, tanto da essere approvato dall’Iba.


Aromi diversi
Non è azzardato affermare che tutto ciò che può stare bene con il pomodoro può stare bene in un Bloody Mary. Le note piccanti si possono prendere da peperoncino in polvere, paprica affumicata forte, succo di zenzero fresco grattugiato e spremuto, crema di rafano. La sapidità può essere data da salsa di soia o tamari. Potete provare qualche goccia di salsa di pesce thailandese o di nostrana colatura di alici: non così azzardate come potrebbe sembrare visto che anche la Worcester, usata nell’originale, ha le acciughe fra gli ingredienti. Il lime può andare al posto del limone e si possono aggiungere erbe aromatiche fresche, per esempio foglie di basilico o melissa, oppure rametti di rosmarino usati al posto dello stirrer, il bastoncino miscelatore.


Scegliere i succhi pronti
La base di tutto quel che abbiamo raccontato sinora è, naturalmente, un buon succo di pomodoro. Che potrebbe non essere così facile da scovare. In Italia, infatti, resta un prodotto un po’ di nicchia e, sebbene sia presente nella grande distribuzione come nelle drogherie specializzate, è difficile che in un punto vendita possiate trovare più di una referenza. I migliori sono ottenuti direttamente dai pomodori, non da concentrato, meglio se italiani. Come per molti altri prodotti a base vegetale, l’origine biologica resta un plus da tenere in considerazione. Fate attenzione alla quantità di sale, se presente: meglio verificare il gusto assaggiando il succo in purezza. Se, infatti, fosse già molto sapido, al momento di unire i condimenti potreste ottenere un drink sbilanciato. Alcune marche prevedono l’aggiunta di altri ingredienti come erbe, aromi, persino ortaggi diversi. È il caso dell’iconico V8 di Campbell con carote, sedano, barbabietole, prezzemolo, crescione e spinaci: non per tutti, ma sicuramente interessante da provare.


Il succo homemade
In piena stagione, vale la pena provare a realizzare un succo casalingo. Scegliete pomodori da sugo ben maturi e dolci. Per 4 persone, ne occorrono 6-800 g. Potete passarli alla centrifuga oppure spellarli, privarli dei semi e frullarli, filtrando eventualmente al colino per ottenere un succo più liscio. Perfetto per ognuna delle ricette che vi abbiamo raccontato e soprattutto per il Virgin Mary, la versione senza alcool che, più di tutte, con una base homemade, fresca e saporita, avrà solo da guadagnare.


Francesca Romana Mezzadri
Giugno 2021

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