Oltre alle numerose versioni italiane, ne esistono a Creta, in Libano. E una in Catalogna, che è pura poesia
Pane e pomodoro, cosa c'è di più semplice e di più buono. Un pizzico di sale, volendo un filo d'olio, una foglia di basilico o un po' di origano e poi via con l'assaggio. Un morso di saggezza contadina, una merenda d'altri tempi, un intermezzo che celebra l'estate. Tempo quindi di bruschette, friselle, cialledde o di piatti appena più ricettati coma la pappa al pomodoro o la panzanella. Ma nel bacino del Mediterraneo non siamo soli ad amare questi due ingredienti, così c'è chi a Creta prepara il dakos, piatto tipico che utilizza un pane duro simile alla frisella come base per pomodoro, olive, origano, olio e feta, mentre in Libano preparano il fattoush, un'insalata a base di khubz, un pane basso, usato raffermo, tagliato a quadratini, fritto e mescolato con pomodori, cetrioli, lattuga ecc. ecc. E infine i catalani che amano smodatamente il pan amb tomàquet, ossia pane con pomodoro ridotto a salsa. Insomma Paese che vai pane e pomodoro che trovi, ma dietro questi due semplici ingredienti si nascondono forti passioni e riti da osservare religiosamente. Me lo hanno insegnato due trattatelli scovati per caso: La panzanella all'uso aretino, di poi a l'uso toscano (Luciano Gatteschi, Edizioni Helicon) e Teoria e pratica di pane e pomodoro (Leopoldo Pomés, Graphe.it edizioni). Partiamo dalla panzanella, contesa tra toscani e romani, è in verità per Gatteschi (poeta e disegnatore) assolutamente toscana, ma prima di tutto aretina, in barba ai fiorentini che ci mettono i cetrioli. L'originale prevede solo pane, pomodoro, cipolle, olio, aceto e sale, che vanno scelti e adoperati secondo i dettami di un'antica ricetta trasmessa oralmente. Prima di tutto un buon pane cotto a legna, meglio ancora se di recupero. Spezzettato e depositato con grazia (non gettato) in un'ampia zuppiera di coccio, semi colma di acqua fredda dove deve "merlare", cioè inumidirsi lentamente. Scolata l'acqua, il pane va strizzato delicatamente e disposto su un canovaccio per venti minuti e poi riposto nella zuppiera; qui "due croci di ottimo aceto e un bel tondo di olio extravergine dei colli aretini, in quantità tale da non sovrastare l'aceto", provvederanno a condire. Poi i tocchi finali: basilico da unire spezzettato e cipolle rosse larghe, schiacciate ossia "tecchiotte" e lucide come "coppe etrusche" da tagliare a piccoli pezzi rimestando tutto. Sette pizzichi di sale, tre a croce e uno in tondo e tre a "compimento" e il riposo, prima dell'assaggio. La passione per pane e pomodoro accomuna gli autori dei due trattatelli. La ricetta catalana, tipica di questa regione spagnola, nonostante la disarmante semplicità, assume nel racconto di Leopoldo Pomès, fotografo, scrittore e importante pubblicitario, l'importanza di un grande piatto. Al tempo della prima pubblicazione del libro (1985) il pan amb tomàquet era una preparazione vituperata e maltrattata nei locali pubblici, buona solo tra le mura domestiche. Oggi a quarant'anni dalla prima stampa è impossibile trovare in Catalogna un pane e pomodoro indegno di questo nome. Il segreto del piatto è racchiuso in tante piccole cose e Leopoldo Pomès le racconta con dovizia di particolari e molta passione. Un po' di galateo per cominciare: pane e pomodoro va gustato in un piatto di buona porcellana, sottile e liscio, quando si è seduti a tavola, in un momento di serenità e quando l'appetito non è vorace: l'ansia da fame disturba l'assaggio. Sono necessarie le posate per bocconi perfetti ed evitare di ungersi. Il pane di grano duro, cotto a legna, senza note bruciacchiate ha forma tonda, le fette tagliate ad altezza di 1,5 cm devono avere una mollica non eccessiva da raggiungere in due o tre morsi. I pomodori devono essere rossi, maturi e lisci senza macchie verdi o gialle, di una varietà che contiene poca acqua. L'olio extravergine con un'acidità dello 0,4% al massimo. Il resto è poesia: la gestualità nel taglio del pane, nello sfregamento del pomodoro sulle fette, l'accortezza di mettere il sale prima dell'olio perché il suo fluire non lo sposti. Tutto deve contribuire a fare di un piatto semplice qualcosa di sublime. Leopoldo Pomès ha mangiato a colazione tutti i giorni della sua vita pan amb tomàquet celebrandolo con grande rispetto.
In Catalogna si utilizzano i tomàquet de penjar: medio piccoli, tondi a grappolo e con la buccia tenace. Il famoso cuoco catalano Josef Marcadar divideva a metà i pomodori, toglieva acqua e semi, li avvolgeva in un panno pulito, come una sorta di sacchetto e li metteva in frigo per una notte, così i pomodori perdevano i liquidi acidi. Volendo scegliere una varietà italiana, si usino i pomodorini del piennolo del Vesuvio Dop.
Laura Maragliano,
giugno 2025
Direttore editoriale di Sale&Pepe (di cui è stata direttore responsabile dal 2008 e dove lavora dal 2005, dopo aver seguito il tema food, anche come direttore, in diverse testate), è giornalista e grande appassionata di cibo. Poco la entusiasma quanto sperimentare una delle (rare) ricette che ancora non conosce, studiarne la storia e scoprire usi e costumi delle persone che la preparano (o preparavano). Ligure – o meglio genovese – di nascita e cultura, per lavoro e per diletto gravita da oltre da trent’anni su Milano, ma è Lodi (a una manciata di chilometri da dove ha messo le sue nuove radici) la cittadina lombarda che l’ha catturata.
Direttore editoriale di Sale&Pepe (di cui è stata direttore responsabile dal 2008 e dove lavora dal 2005, dopo aver seguito il tema food, anche come direttore, in diverse testate), è giornalista e grande appassionata di cibo. Poco la entusiasma quanto sperimentare una delle (rare) ricette che ancora non conosce, studiarne la storia e scoprire usi e costumi delle persone che la preparano (o preparavano). Ligure – o meglio genovese – di nascita e cultura, per lavoro e per diletto gravita da oltre da trent’anni su Milano, ma è Lodi (a una manciata di chilometri da dove ha messo le sue nuove radici) la cittadina lombarda che l’ha catturata.