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News ed EventiNewsCozze, sapete da dove arrivano?

Cozze, sapete da dove arrivano?

In Italia se ne allevano tante, ma una sola è autoctona. E la maggior parte arriva dall’estero. Ve lo dice l’etichetta

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Diciamocelo: quando si vanno a comprare le cozze fresche raramente si presta attenzione all’etichetta (obbligatoria) che le accompagna. Eppure leggerla potrebbe riservare informazioni interessanti. Ad esempio si può scoprire che la maggior parte delle cozze proviene da allevamenti e non da pesca, che molte arrivano dall’estero (in particolare dalla Spagna) e che non sono tutte uguali.

In commercio se ne trovano, infatti, due specie diverse: le Mytilus edulis, le cozze atlantiche (spesso coltivate anche in Italia), e le Mytilus galloprovincialis, che sono tipiche del Mediterraneo. Una differenza non da poco, tanto che la legge riserva la denominazione “cozza” solo alle Mytilus galloprovincialis mentre le Mytilus edulis devono essere etichettate come “cozza atlantica”. Se in etichetta compare il logo europeo della Dop (Denominazione di origine protetta) allora la cozza non può essere che quella di Scardovari, la sola in Italia ad aver ottenuto questo riconoscimento dalla Ue (anche) perché è l’unica 100% italiana tra quelle allevate, e proviene da una filiera certificata, dal seme in poi, che si svolge tutta dentro una zona ristretta del parco del Delta del Po, riconosciuta come Riserva di Biosfera dal Programma Mab (Man and the Biosphere) dell’Unesco.

Un allevamento sostenibile
L’allevamento delle cozze è molto diffuso in Italia: dal Friuli alla Liguria, dal Veneto alla Sardegna, dalla Romagna alla Puglia. Ed è considerato, anche da Slow Food, una forma di acquacoltura molto sostenibile, perché questi molluschi si nutrono dei microrganismi presenti nell’acqua (l fitoplancton) e non hanno, quindi, bisogno di mangimi. Ma anche perché le cozze e tutti i molluschi bivalvi mettono in circolo nutrienti e sedimenti importanti per altre specie e che contribuiscono alla biodiversità delle acque. Inoltre non emettono anidride carbonica, ma anzi la trattengono e la utilizzano per fabbricare i gusci.

L’ambiente incide sul gusto
Le caratteristiche dell’ambiente in cui sono allevate si riflette sulle caratteristiche e sulla qualità delle cozze: la prova assaggio può confermare le differenze. Ad esempio la cozza nera tarantina, grande e profumata, ha un caratteristico gusto dolce dovuto all’azione dei citri, le sorgenti di origine carsica che immettono acqua dolce nel Mar Piccolo di Taranto, riducendone la salinità. Invece il muscolo spezzino, allevato da un’ottantina di mitilicoltori nel golfo di La Spezia, è in genere più piccolo e sapido. Quanto alla Cozza di Scardovari Dop, crescendo nelle acque salmastre del Delta del Po, è naturalmente dolce (perché ha un basso contenuto in sodio), ma anche molto morbida e gustosa. E decisamente polposa, visto che la polpa rappresenta oltre un quarto del peso di ogni cozza.

A ogni cozza la sua stagione
L’allevamento delle cozze inizia con la semina: in genere si acquista il novellame (soprattutto in Spagna) e lo si alleva per un periodo piuttosto lungo. Le cozze prodotte in Italia si trovano in commercio da marzo a settembre, dopodiché arrivano quelle fresche importate dalla Spagna. Invece la Cozza di Scardovari Dop si può gustare solo per una quarantina di giorni, tra giugno e luglio, perché la sua produzione segue il ciclo vitale naturale di questo mollusco.
Per ottenere la Cozza di Scardovari Dop non si parte dal novellame d’importazione ma dal seme autoctono raccolto raschiando le superfici sommerse, pescandolo su banchi naturali o “catturandolo” su corde posizionate nel mare davanti al Delta del Po. Questi filari vengono quindi portati nei vivai allestiti dentro la laguna costiera di Scardovari, dove ci sono le condizioni perfette per il loro accrescimento. Lasciate immerse in acqua a una profondità di circa un metro e mezzo, controllate, diradate e ripulite, dopo circa un anno, quando le cozze superano i 5 centimetri vengono raccolte a mano e portate in una delle 150 “cavane”, le tipiche casette su palafitte, dove vengono sgranate e differenziate in base al loro calibro. Da qui vengono poi trasferite sulla terraferma, negli impianti dove vengono fatte depurare per un giorno nell’acqua proveniente dalla Sacca di Scardovari. Dopo essere state lavate, controllate e pesate, le cozze vengono confezionate, messe in una cella a una temperatura di 6° C e avviate direttamente alla spedizione, che avviene al massimo il giorno seguente. Consegnate ancora vive, si conservano in frigorifero al massimo per quattro giorni. E si gustano soprattutto crude o gratinate.

Manuela Soressi
luglio 2023

 

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