Si chiamano New Breeding Techniques e anche Ngt (Nuove Tecniche Genomiche), ma in ogni caso, qualunque sia il nome, preoccupano seriamente Slow Food. La grande associazione impegnata nella valorizzazione del cibo buono e naturale e nel rispetto della biodiversità lancia un grido di allarme a consumatori, agricoltori, allevatori e a tutte le parti in causa, per fermare il via libera della Commissione Europea a questi Ogm di ultima generazione, così come pare invece intendere uno studio appena pubblicato dalla Commissione stessa il 29 aprile. Ma cosa sono i nuovi Ogm? In cosa differiscono da quelli che siamo stati finora abituati a conoscere e perché preoccupano Slow Food? L'ingegneria genetica si è molto evoluta dall'introduzione delle prime colture geneticamente modificate di 20 anni fa. È stato messo a punto un insieme di nuove tecniche che gli scienziati chiamano "editing genetico" e che in pratica permette di modificare i geni esistenti senza aggiungerne da altre specie. Se nei vecchi Ogm venivano inseriti geni estranei al Dna di una pianta e perciò facili da rilevare con i normali controlli, le nuove tecniche consentono di ottenere mutazioni assai più simili a quelle che già avvengono in natura o con la coltivazione tradizionale. Si tratta di un cambiamento che forse, un giorno, potrebbe permettere di raggiungere i risultati voluti con meno effetti collaterali (anche se non pare ancora dimostrato), ma è anche molto più incontrollabile, cioè non si vede. Per capire meglio i pericoli paventati da Slow Food, facciamo un passo indietro: fino a oggi i regolamenti dell'Unione Europea riguardanti gli Ogm sono sempre stati improntati al “principio di precauzione”. In pratica questi prodotti dovevano passare attraverso controlli di sicurezza, superare un processo di autorizzazione e, in ogni caso, venire etichettati in modo chiaro prima dell'immissione sul mercato, così da garantire ai consumatori il diritto di sapere se un prodotto alimentare sia Ogm o meno e anche per assicurare ad agricoltori e produttori di cibo “naturale” una corretta differenziazione (si pensi per esempio ai coltivatori bio). Nel 2018, la corte di Giustizia europea aveva stabilito che anche i nuovi Ogm, proprio come gli altri, dovessero essere sottoposti alla medesima normativa, severa e scrupolosa. Le cose invece stanno cambiando: il 29 aprile infatti la Commissione Europea è tornata sui suoi passi dichiarando che: i prodotti NGT (cioè i nuovi Ogm) potrebbero fornire benefici alla società e affrontare importanti sfide, tra cui la sostenibilità nel sistema agroalimentare, e che le attuali regole dell'Unione Europea sugli Ogm non siano più adatte. Insomma si stabilisce che i nuovi Ogm vadano trattati con assai meno severità; addirittura il commissario del dipartimento Salute dell'Ue ha affermato che "le nuove tecniche genomiche possono promuovere la sostenibilità della produzione agricola, in linea con gli obiettivi della nostra strategia Farm to Fork". Per Slow Food quest'ultima affermazione è stato un vero colpo al cuore: la strategia Farm to Fork, pubblicata dalla Commissione europea nel maggio del 2020, era stata salutata con tutt'altra speranza. Si tratta infatti di un ambizioso piano decennale per trasformare il sistema agroalimentare nella direzione di cibi più sani, prodotti in modo sostenibile, garantendo il giusto compenso ai lavoratori della filiera e implementando il settore del biologico. Come possono i nuovi Ogm inserirsi e supportare questi obiettivi?. Per Slow Food le nuove modificazioni non solo potrebbero essere potenzialmente dannose per l'ambiente e la biodiversità ma metterebbero in serio pericolo la sussistenza dei piccoli agricoltori: le sementi Ogm infatti sono coperte da brevetti di proprietà di una manciata di multinazionali e le ripercussioni sul settore agricolo passerebbero attraverso la monopolizzazione e la concentrazione del mercato. Le monocolture intensive sarebbero favorite, minacciando la sopravvivenza delle sementi tradizionali e delle stesse comunità rurali. Probabilmente anche l'agricoltura biologica non potrebbe più essere garantita sia per ragioni economiche che di diffusione incontrollata dei nuovi semi.
Ovviamente non tutti sono d'accordo, secondo l'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, in agricoltura molte mutazioni casuali si verificano indipendentemente dalla tecnica utilizzata, che sia nuova o tradizionale. Anzi, con alcune delle nuove metodologie se ne verificherebbero di meno. In definitiva, sempre secondo Efsa, alcune di queste tecniche avrebbero lo stesso livello di rischio delle tecniche convenzionali. Resta aperto il problema dei piccoli agricoltori e della sopravvivenza delle specie tradizionali, più o meno rare, con il loro ricco patrimonio di biodiversità, che questi agricoltori tengono in vita.
Chi se ne farà carico?
Maggio 2021
Daniela Falsitta
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