“Non puoi dire di aver fatto il mochi finché non ne sei completamente coperto…”, dice Kirito, protagonista del noto anime Sword Art Online. Un’affermazione che forse può capire solo chi ha avuto la fortuna di assistere alla preparazione di questi iconici dolcetti giapponesi. Soprattutto se lo ho fatto a Nara, suggestiva cittadina e meta turistica irrinunciabile per i templi spettacolari e per l'esercito di cervi sacri che, liberi nei parchi, si godono le carezze e le moine di migliaia di turisti. (Attenzione! Le dolci - ma non dolcissime - bestiole sono golose di carta: custodite le mappe! Altrimenti le divoreranno prima che ve ne siate accorti!).
A Nara, appunto, la specialità sono gli yomogi mochi (nell’impasto ci sono foglie di yomogi, cui si deve il particolare colore verde vivido) e c’è un laboratorio dove la parte più spettacolare della preparazione si svolge davanti agli occhi attoniti e ammirati dei passanti. La pasta di riso (riso glutinoso, ça va sans dire, se volete sapere di più sui risi asiatici leggete qui), viene messa in un mortaio e battuta - anzi picchiata - a lungo e con forza (e molto velocemente perché non perda calore) a turno da due persone. Prima con due grossi pestelli e poi alternando un colpo di pestello a un movimento manuale che ricompone la palla di pasta prima del colpo successivo (abbiamo provato a raccogliere l'incredibile dinamica in questo breve video).
L'intensa danza di pestello, mani, pestello e poi ancora mani è un'operazione energica e precisa che richiede sincronia e coordinazione e, proprio per questo, è ritmata dalla voce incalzante di uno dei lavoranti. Il risultato di tanti sforzi è una pasta sofficissima che viene sagomata in pallotte e farcita (nella versione più classica con crema di fagioli rossi). Ha consistenza morbida e delicata, vagamente collosa, mai troppo dolce. Per i Giapponesi i mochi sono i dolci delle occasioni (e delle feste, in particolare Capodanno), ma qui a Nara si preparano tutti i giorni. E di ritorno dai siti religiosi, a spasso tra le vie del centro, davvero non si può resistere alla tentazione di assistere a questa allegra liturgia, stipati tra il pubblico, siglando la preparazione con un applauso. E ovviamente con un acquisto. Fatte salve due raccomandazioni: gustate i vostri mochi subito, morbidi e freschissimi, e fatelo sul posto, che in Giappone non si mangia camminando.
Livia Fagetti
settembre 2024
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