Originarie dell'Asia e coltivate da almeno 4.000 anni, hanno avuto fama alterna. Usate per i sacrifici agli dei e considerate "nefaste", in quanto legate al mondo dei morti secondo la mitologia greca, sono poi diventate goloso simbolo di abbondanza, tanto da essere anche lanciate agli sposi. Dette "carne dei poveri" per la marcata carica proteica (5 grammi di proteine per ogni etto), erano considerate anche un potente afrodisiaco, che compare in preparazioni dai nomi eloquenti come la "cecamariti" salentina (frittelline di verdure in pastella). Coltivate perlopiù in Puglia, Sardegna, Sicilia e Basilicata, sono i meno calorici tra i legumi (41 cal/100 g). Ricche ferro, fibra e sali minerali, le fave sono energizzanti e depurative. Ottime crude con il pecorino, esaltano la loro cremosità sotto forma di purè: il macco, per esempio, è l'evoluzione della puls fabata decantata dal gastronomo Apicio (200 a.C.). Cotte e intere si usano in condimenti, sformati e frittate. Ne esistono diverse varietà, verdi, gialle e bianche. Tra le più rinomate le siciliane di Caltagirone e le pugliesi di Carpino, presidio Slow Food.
Tra i più tipici prodotti primaverili, quando sono di prima raccolta hanno semi teneri e dolcissimi, ricoperti da una pellicina sottile che non occorre eliminare; si possono quindi mangiare anche crudi, nel classico abbinamento con il salame o il pecorino. Cotte, le fave sono l'ingrediente di mille ricette, anche tradizionali, come la vignarola romana, valida anche per accompagnare l’agnello.
Come si presentano
Si trovano in commercio fresche in primavera-estate e secche tutto l’anno. I baccelli, lunghi fino a 25 cm, contengono da 3 a 8 semi piatti a sezione ovale, lunghi fino a 20-25 mm.
Quali sono le loro caratteristiche
Sono ricche di acqua, fibre e, in particolare, proteine. Sono ideali nelle diete di primavera anche per il loro alto contenuto di ferro. Non possono essere consumate da chi soffre di favismo, una patologia del sangue.