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News ed EventiPiaceriFagottini dal mondo: scrigni di pasta dal cuore caldo e goloso

Fagottini dal mondo: scrigni di pasta dal cuore caldo e goloso

In ogni Paese la cucina di tradizione offre piccoli involti realizzati con le più diverse paste, che racchiudono ghiotti ripieni, principalmente salati ma anche dolci, secondo la regione di provenienza, la disponibilità e la fantasia. In comune? Il piacere di morderli

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Le torte salate come le conosciamo (i pie all’inglese) e i loro corrispettivi in miniatura, come le panadas sarde, storicamente risalgono alla cucina medievale. L’idea di fondo è quella di un guscio di pasta o pane che racchiuda una farcia o un intingolo. Nel Rinascimento questa tipologia di piccoli pasticci ripieni (così verranno chiamati) si moltiplica, declinandosi in diverse forme e tipologie, che possono essere cotte nel forno, o fritte - nell'olio o nello strutto.
Prendendo in considerazione le specialità destinate a essere fritte o cotte al forno, nel suo volume “Banchetti, composizioni di vivande e apparecchio generale” (1549), il ferrarese Cristoforo di Messisbugo  ne enumera diverse, in gran parte oggi scomparse. Noi oggi classifichiamo questo tipo di cibo come fagottino, ma in realtà in tutto il mondo se ne trovano di simili che utilizzano lo stesso concetto di pane e companatico uniti nella stessa preparazione. Ecco i più noti tra i fagottini dal mondo

CORNISH PASTY

Medievale come origini, il Cornish Pasty (foto sopra) è un tipico fagotto, originario della Cornovaglia, in Inghilterra. Un ripieno di carne e verdure viene disposto al centro di un disco di pasta brisée, che viene poi piegato a metà per avvolgere il ripieno a mezzaluna, sigillando il bordo curvo tutt’intorno prima della cottura. La parola inglese "pasty" deriva dal francese medievale paste (dal latino pasta) che indicava un pasticcio ripieno di carne - cervo, vitello, manzo o montone - oppure di salmone o di formaggio, con verdure, cotto al forno. Nato come un cibo da ricchi - un totale di ben 5.500 pasticci di cervo furono serviti alla festa dell'installazione di George Neville, cancelliere d'Inghilterra nel 1465 - durante i secoli XVII e XVIII, il Cornish Pasty divenne popolare tra i minatori e manovali in Cornovaglia, che lo adottarono per la sua caratteristica di fornire un pasto completo, facilmente trasportabile, da mangiare con le mani. Il ripieno, naturalmente, cambiò, dalla raffinata selvaggina dei pasticci reali si passò a quello che oggi è citato dal suo Disciplinare: carne di manzo, cipolla, patate e rutabaga (non rapa!) a dadini o tritati grossolanamente insieme a un condimento "leggermente piccante". Niente carote.
In realtà, i vecchi libri di cucina della Cornovaglia mostrano che i Cornish Pasty erano generalmente fatti con qualsiasi cibo disponibile, tra cui maiale, pancetta, uova, coniglio, pollo, sgombro (anche ripieni dolci come datteri, mele, marmellata e riso zuccherato), portando alla nascita del detto popolare “Il diavolo stesso ha paura di attraversare la Cornovaglia per paura di finire in un pasticcio”.

Stesso concetto per le empanadas argentine (vedi foto apertura) si tratta di fagottini di pasta ripieni di verdure e/o carne, diffusi  in tutta l'America Latina (in Venezuela, Ecuador, Perù, Colombia e Messico vengono considerate piatto nazionale). Tradizionalmente vengono servite in accompagnamento alla tradizionale grigliata di carne, l'asado e in Argentina, anticamente, si preparavano per festeggiare il ritorno dei gaucho dopo i lunghi periodi trascorsi nelle pampas a sorvegliare le mandrie. Si ritiene che la ricetta arrivi dalla Spagna: gli spagnoli, a loro volta, l'appresero dai popoli arabi del bacino del Mediterraneo, dove sono comuni piatti che prevedono carne finemente tagliata presentata in un guscio o un fagotto di pane (come kebab o il gyros pita). Le empanadas hanno anch’esse la forma di una mezzaluna e sono lunghe 12-15 cm. Pasta e ripieno (recado) variano a seconda delle regioni, della disponibilità degli ingredienti e dei gusti: recado possono essere carne di manzo, gallina o pollo oppure maiale, lepre o gamberi, come in Patagonia. I cuochi che cucinano le empanadas normalmente ne riconoscono i recado secondo il disegno della treccia con cui si chiudono le empanadas, chiamata in Argentina repulgue o simba. Le empanadas possono essere fritte o cotte nel forno - in quest'ultimo caso si spennellano con uovo sbattuto per lucidarle prima della cottura. Si tende comunque a prepararle in anticipo per poi cuocerle e consumarle calde al momento, come la gran parte delle preparazioni a fagottino.


Anche la cucina brasiliana ha il suo fagottino: si tratta del pastel brasiliano (foto sopra). I pastel sono involtini fritti tipici del Brasile, dove si trovano un po' ovunque. Come altri fagottini, li trovate farciti con diversi ripieni: i più comuni sono salati come carne macinata di manzo, pollo, baccalà, gamberetti, formaggi. Una particolarità: nell’impasto va sempre aggiunto un cucchiaio di cachaça il distillato di mosto fermentato da canna da zucchero. Economico e di facile produzione, è uno dei simboli del Brasile. Spesso, se la cachaça non è disponibile, i pastel vengono preparati con un cucchiaio di… grappa.

Dalla Turchia arriva il börek, piatto tradizionale della gastronomia turca ma diffuso anche nei Paesi balcanici come Macedonia del Nord, Bosnia e Albania a seguito dell'espansione ottomana. Le origini sono antichissime: con il termine börek – che deriva dalla radice turca bur, cioè “arrotolare”- ci si riferisce a ogni piatto a base di yufka ekmeği, il pane tradizionale turco, una sfoglia sottilissima. I fagottini prendono diversi nomi secondo la regione o la forma (per esempio, il sigara böreği è a forma di sigaro (nella foto sopra), mentre il kol böreği è leggermente piegato al centro): il börek si prepara farcendo la yufka con formaggio, carne macinata, spinaci o altre verdure a piacere. Prima di infornare il börek, si spennella la yufka con tuorlo sbattuto.

Particolare la forma del samosa (foto sopra), un fagotto di origine indiana che si è diffuso nell’Asia centro-meridionale, nella penisola arabica, fino all’Africa orientale: si tratta di un guscio triangolare (talvolta a mezzaluna o addirittura tetraedrico, come nella foto) di pasta di farina croccante. Fritto, più o meno speziato, solitamente il ripieno è un masala vegetariano, composto da una base di cipolla e patate, arricchita da spezie locali come peperoncino o coriandolo e altre verdure come piselli e lenticchie. Alcune versioni contengono formaggio, più raramente carne di manzo o pollo. Viene poi fritto (talvolta cotto al forno). Le dimensioni e la consistenza del ripieno dei samosa variano a seconda della cultura o del Paese dove vengono preparati, anche se generalmente si tratta di un triangolo non più grande di dieci centimetri. Il samosa è spesso servito con chutney di tamarindo e altre salse di accompagnamento che spesso sono ricette segrete.

Terminiamo con il rissól portoghese, un involucro di pasta con un ripieno dolce o salato e fritto. Ha forma di mezzaluna ed è fatto con un impasto precotto a base di farina; prima di essere fritto, il fagottino viene passato nell’uovo e poi nel pangrattato. Il ripieno può essere di carne, pesce, gamberi oppure verdure. Normalmente i rissóis di carne o verdure hanno il bordo liscio, mentre quelli di pesce o frutti di mare hanno bordi ondulati, così da identificare il tipo di farcia. Sono buoni sia caldi, appena fatti, sia a temperatura ambiente. Sono bocconcini e stuzzichini, ma spesso sono anche parte integrante di un piatto unico, come pastéis de bacalhaus, servito accompagnato da riso, rissóis e insalata.


Il termine rissoles è presente nella tradizione culinaria di diversi paesi europei: in Portogallo i rissòis, in Galles e Irlanda le rissoles, in Inghilterra i risshens (piccoli pasticci di carne fritti descritti in un manoscritto di metà Quattrocento), in Francia le rissolle, piccoli ravioli fritti di pasta brisée farciti con carne tritata (o pesce per i giorni di magro), in Italia le rissole – il termine indica sempre un fagotto di pasta farcito con i più diversi ingredienti. In Italia all’inizio del Settecento Francesco Leonardi, chef al servizio di molti potenti in Europa e autore de L'apicio moderno, ossia l'arte di apprestare ogni sorta di vivande, introduce le rissole– più tardi rossole - alla napoletana che per la prima volta sono ripiene di formaggio e prosciutto, invece di carne: entrano così sulla scena i panzerotti (foto sopra), la cui ricetta in un paio di versioni - si inseriva la mozzarella nel ripieno - verrà data alle stampe dal napoletano Ippolito Cavalcanti, nella sua “Cucina teorica pratica” (1844).


 


Francesca Tagliabue
marzo 2022


 

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