A ciascun piatto il suo calice: una guida facile ed efficace ai migliori abbinamenti per pranzi e cene delle festività di fine anno. Con arrosti, pesce, panettone e… parenti in arrivo
Il poeta romantico Friedrich Rückert sosteneva ben cinque motivi per bere vino e il primo di questi era «per far festa». In fondo, il Natale funziona così: addobbi, piatti importanti, qualche parente fuori copione e, sopra ogni cosa, bottiglie stappate come piccoli fuochi d’artificio in forma liquida.
In Italia il vino è da sempre il protagonista silenzioso delle celebrazioni: illumina tavole e volti, accompagna brindisi di buon augurio, sigilla abbracci e, talvolta, anche riconciliazioni. Ma scegliere le bottiglie giuste non è sempre immediato perché bisogna pensare all’abbinamento con i piatti ma anche al “peso” simbolico dello stesso vino. Le feste, infatti, reclamano qualcosa di speciale come grandi rossi di territorio, bollicine importanti, etichette rare o di vecchie annate che attendono da tempo “il momento giusto”.Qualunque sia la vostra selezione, si parte da una regola banale solo in apparenza: servire bene i vostri vini. Spumanti e Champagne intorno ai 6°C, bianchi tra 8 e 12°C, rosati mai oltre i 14°C e i rossi tra 16 e 18°C (20°C solo per i più strutturati). Con le case riscaldate a 22°C e oltre, conviene addirittura servire un paio di gradi sotto le temperature canoniche. Anche i calici contano, così le bollicine rendono meglio in bicchieri snelli ma non flûte, con bordo a tulipano, i bianchi freschi e leggeri sempre in calici a tulipano mentre le forme si fanno appena più panciute per i bianchi strutturati o passi in legno; i grandi rossi reclamano ballon ampi mentre i vini dolci, passiti o liquorosi prediligono bicchieri piccoli, sempre svasati sul bordo o delle copita da Jerez, per concentrare profumi e limitare le quantità.
Il brindisi è molto più di un gesto automatico perché rito, simbolo e piccola coreografia collettiva. Già Omero raccontava di coppe levate “alla salute degli altri”, mentre nell’antica Roma la propinatio prevedeva che il festeggiato bevesse per primo come augurio. La parola “brindisi” pare arrivi dal tedesco bring dir’s, “lo porgo a te”, mentre il nostro “cin cin” deriva dal cortese saluto cantonese rivolto ai marinai inglesi nell’Ottocento. Per le feste è curioso ripetere qualche regola non scritta di questa liturgia, come quella di non brindare mai con il bicchiere vuoto, né con l’acqua e tantomeno con i bicchieri di plastica. Quando si alza il calice, si guarda negli occhi chi ci è vicino: è un gesto di rispetto, non solo di educazione. Il tocco sul tavolo? Il galateo lo guarda con sospetto, ma un tempo era il modo con cui il signore locale ringraziava il produttore del vino.
Nessun’altra tipologia di vino dice “festa” come le bollicine. Mettono di buonumore, aprono l’appetito, puliscono il palato e, dettaglio non trascurabile, stanno benissimo in foto.
Nella scelta, se amate la complessità, puntate sui Metodo Classico (seconda fermentazione in bottiglia e soste sui lieviti di molti mesi): Franciacorta, Trento DOC, Alta Langa, alcuni Oltrepò. I profumi di questi vini ricordano la crosta di pane e la frutta secca, il sorso è brioso, lungo e strutturato. Qualora, invece, preferiste freschezza e immediatezza, scegliete dei vini metodo Charmat (rifermentazione in autoclave) come Prosecco DOCG di Valdobbiadene e Conegliano, alcune etichette di Lambrusco di Sorbara o di Pignoletto. Più fiori e frutta in questo caso, meno pane e tostature. Le bollicine secche (Brut o Extra Brut) sono perfette con finger food, fritti leggeri, torte salate, salumi non troppo stagionati, carpacci di pesce, tartine con salmone e burro, insalate di mare. Gli spumanti Rosé, soprattutto Metodo Classico da Pinot Nero, si sposano benissimo con salumi nobili, cappone ripieno, lasagne di pesce o di verdure. Le bollicine dolci, che approfondiremo successivamente, da Moscato e Malvasia le teniamo per il gran finale: panettone, pandoro, biscotti e dolci lievitati.
La Vigilia, in molte case italiane, è il regno dei vini bianchi. Eleganti, freschi, più o meno aromatici o strutturati, questi calici accompagnano pesci, crostacei, risotti di mare e antipasti. Per piatti freddi come insalate di mare, tartare e carpacci sono ideali i vini d’annata freschi e leggiadri quali Falanghina dei Campi Flegrei, Gavi del comune di Gavi, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Ribolla Gialla friulana, Frascati Superiore e simili, da serviteli intorno ai 10°C. Con crostacei e piatti dove l’intensità del mare è protagonista, meglio cercare profumo e tensione con vini come Sauvignon dei Colli Orientali o del Collio, Grillo e Catarratto di Sicilia, Vermentino di Gallura o Etna Bianco da Carricante. Profumi agrumati, erbe e note salmastre sono, infatti, la combinazione ideale per scampi, gamberi, ostriche e primi piatti di mare. Nel caso di pesci al forno, zuppe, paste ripiene di mare o pietanze con salse cremose entrano in scena i bianchi strutturati: Chardonnay in parte affinati in barrique, Fiano di Avellino, Greco di Tufo, Timorasso dei Colli Tortonesi e alcuni Collio Friulano. Questi vini hanno corpo, complessità, note di frutta matura e talvolta sentori tostati che si sposano bene anche con funghi e tartufi. Temperatura ideale, in questo caso, tra 12 e 14°C. E gli aromatici? Gewürztraminer, Müller-Thurgau, Malvasia o Moscato secco sono uve che regalano vini dai profumi intensi di fiori, spezie e frutta tropicale. A tavola sono etichette da usare con cura e senza esagerare. Meravigliosi, infatti, in abbinamento a piatti esotici e piccanti in chiave natalizia, formaggi erborinati “fuori copione” o preparazioni vegetariane speziate.
Alessandro Brizi,
dicembre 2025