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piaceriTonno di coniglio

Tonno di coniglio

Il nome non deve trarre in inganno: nel tipico antipasto piemontese non c'è traccia di pesce

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In Piemonte il menu degli antipasti tipici è ricco e variegato, anche nelle osterie. Una tradizione così radicata e attenta alla preparazione dei piatti d'entrata non si trova in nessun'altra regione, dove prevalgono perlopiù affettati e formaggi. Che anche sulle tavole piemontesi non mancano, ma più spesso vengono preferite vere e proprie ricette, anche di carne, che, in dose più abbondante, possono diventare secondi di tutto rispetto, soprattutto in estate, perché si gustano freddi.

Basti pensare al famosissimo vitello tonnato, piuttosto elaborato, o alla più semplice carne cruda di vitello battuta rigorosamente al coltello. A questi va aggiunto il meno noto tonno di coniglio. Un nome che è quasi un ossimoro, dato che di pesce non c'è traccia, ma che allude invece al tipo di lavorazione e conservazione a cui viene sottoposta la carne, che per consistenza e sapore ricorda il tonno sott'olio.

Le origini
Leggenda vuole che il curioso nome sia frutto di un trucchetto escogitato nell'Ottocento dai frati di un convento di Avigliana, nel Torinese, i quali, per poter sgarrare dal digiuno quaresimale senza commettere peccato, preparavano in questo modo la carne bianca di conigli e galline per renderli più simili al pesce.

Accantonando la proverbiale arguzia dei frati, più verosimilmente l'origine del piatto è contadina. Al tempo in cui non esistevano frigoriferi e congelatori, l'esigenza era di poter mantenere a lungo la carne macellata: se quella di maiale veniva insaccata, quella degli animali da cortile, non adatta alla preparazione di salumi, veniva messa sott'olio, tra i più antichi conservanti dell'area mediterranea.

Mantenuto in contenitori di coccio con coperchio, il tonno di coniglio durava fino a una decina di giorni, pronto per essere consumato dai contadini al ritorno dai campi o trasportato sul posto.

Un gioiello di biodiversità
Nella gastronomia piemontese il coniglio è protagonista di molte ricette, preparato "in civet" (marinato e cotto nel vino rosso), con peperoni o "alla contadina" (stufato con il suo fegatino).

Una carne bianca di tradizione molto radicata, basti pensare che il primo mattatoio italiano per conigli fu aperto nell'Ottocento proprio a Torino.

Nelle campagne era diffuso il Coniglio Grigio di Carmagnola, rustica razza autoctona quasi scomparsa dopo gli anni '50 per via dell'allevamento in garenna (recinti all'aperto), ormai poco pratico.

Di recente la razza è stata recuperata, inserita nei prodotti P.a.t della regione e tra i presidi Slow Food. La carne soda e leggermente più scura del "nostrano" rispetto a quella dei conigli convenzionali ha gusto più sapido per via dell'alimentazione a base di erba e cereali ed è considerata il non plus ultra per il tonno di coniglio: bollita a lungo, diventa tenerissima, quasi spalmabile, senza disfarsi. Olio buono, aromi e giusto tempo di riposo completano la magia.

Di Paola Mancuso
settembre 2022

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