Il rapporto è stato redatto da Assica, Assocarni e UnaItalia, le tre principali associazioni di categoria dei produttori di carne, e questo può scatenare diffidenze per chi non ha ancora un’opinione precisa al riguardo. O un rifiuto immediato e senza appello per chi ha deciso di eliminare carne e derivati dalla propria dieta.
Lo studio, presentato a Milano presso l’Expo Gate, parte dalla dieta mediterranea, che nel 2010 è stata inserita dall’Unesco nella lista del Patrimonio Culturale dell’Umanità, e propone un punto di vista diverso: la conclusione dei produttori è che il consumo di carni non è così inquinante. Entriamo nei dettagli della ricerca.
La dieta mediterranea prevede un elevato consumo di pane, frutta, verdura, erbe aromatiche, cereali, olio di oliva e pesce e un utilizzo minore di carni animali. È la classica piramide alimentare, che ha alla base i prodotti vegetali e che, salendo verso il vertice, posiziona i carboidrati, i condimenti, i latticini e infine le proteine animali. Questa struttura stabilisce le porzioni settimanali dei vari alimenti: 35 porzioni per frutta e ortaggi e 14 porzioni per carne, pesce, uova e salumi.
Uno dei parametri dell’impatto ambientale legato all’alimentazione è la produzione di CO2. E’ indubbio che per ottenere un kg di carne emettiamo nell’atmosfera più CO2 di quella necessaria per coltivare 1 kg di insalata. Il fattore che però non era stato ancora considerato, secondo lo studio, è la quantità di alimenti che consumiamo durante la settimana. La carbon footprint (la misura che esprime in CO2 il totale delle emissioni di gas serra associate direttamente o indirettamente a un alimento) di 35 porzioni di ortaggi è 6,7 kg. La carbon footprint di 14 porzioni di carni è di 7,5 kg.
La differenza fra i due è, secondo il rapporto, di soli 0,8 kg, quindi irrisoria. Ma come si è arrivati a calcolare il peso di 14 porzioni di carni che portano a questo risultato? Sondaggi e indagini a campione indicano il consumo reale medio di carne di un italiano in 85 g al giorno. Ma l’accertato consumo apparente, considerando le parti non edibili (ossi, pelle, tendini, ecc.) sarebbe di 235 g giornalieri, quindi 150 g in più.
Lo studio su questo aspetto recita: “nonostante un campione di dati ampio, le informazioni relative ai consumi reali e apparenti sono abbastanza coerenti tra loro, permettendo una stima attendibile dei differenti dati di consumo”. Questo punto non è affatto chiaro. Se mangio 85 g di carne, devo considerare anche gli scarti nel conteggio della carbon footprint? Se sì, la differenza di peso di CO2 fra vegetali e carne non appare poi così irrisoria. Sembra necessario in approfondimento maggiore.
Lo studio prende in considerazione altri 2 aspetti, sicuramente meno controversi: lo spreco e la necessità di cibarsi di carni.
Chi vuole entrare nei dettagli e analizare con cura tutti i dati, può scaricare l'intero studio.
La nutrizionista Evelina Flachi sostiene che la carne e i salumi, consumati secondo il modello della dieta mediterranea, rappresentano importanti fonti di proteine e di altri micronutrienti solitamente assenti (vitamina B12) o poco rappresentati (zinco e selenio) o scarsamente disponibili (ferro) nei prodotti di origine vegetale.
Dopo questo studio probabilmente nulla cambierà: i vegetariani continueranno a non mangiare carne, mentre i carnivori convinti proseguiranno a divorare bistecche, forse con meno sensi di colpa.
Mauro Cominelli
28 ottobre 2014
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