Sapevate che il prosciutto che porta il nome della capitale della Boemia è in realtà un prodotto triestino da circa due secoli? Scopriamo insieme questa eccellenza friulana
A dire “Cotto di Trieste” – anche a sottolineare che è riconosciuto dalla Unione Europea come specialità tradizionale garantita (STG) ed è un PAT della Regione Friuli-Venezia Giulia – a pochi verrà in mente un prosciutto che conoscono bene sotto un altro nome: si tratta proprio di quello che da noi viene erroneamente – ma comunemente – chiamato ‘prosciutto di Praga’.
Il prosciutto cotto che chiamiamo “di Praga” appare nell’omonima città boema quasi 200 anni fa, una ricetta nata sull’onda dell’antica usanza di affumicare la carne per conservarla meglio. Semplici cosce di suino venivano – e vengono tutt’ora – cotte infilzate su grandi spiedi e vendute per strada a fette tagliate al momento, come street food. Nel 1857 un macellaio di Praga di nome František Zvěřina ne iniziò una produzione limitata, utilizzando cosce intere con l’osso. Nel 1879, Antonin Chmel, che ha un grande affumicatoio a Praga, diventa un produttore ed esportatore di prosciutto affumicato con osso di fama mondiale: durante la Belle Epoque lo si potrà trovare nei migliori negozi di alimentari a Vienna (l’Hotel Sacher sarà suo cliente), Monaco, Parigi e Londra. Questo prosciutto si diffonde nei territori di appartenenza dell’impero austroungarico, e da Praga arriva a Trieste.
Qui, nell’Ottocento, abili artigiani salumieri interpretano la ricetta base e la arricchiscono di tratti distintivi e originali, dando vita a una tradizione di prodotto che dura da circa due secoli: nel 1874 la produzione inizia a Trieste a opera dell'immigrato trentino Masè. A prepararlo in maniera artigianale e a venderlo al pubblico sono le botteghe della città di Trieste e quelli che vengono chiamati buffet (nulla hanno a che vedere con la comune accezione del termine), cioè locali popolari dove si poteva mangiare economicamente un piatto caldo a qualsiasi ora, spesso a base di maiale con patate, preso direttamente da un grande pentolone che cuoceva sul camino. Una testimonianza certa del prosciutto cotto di Trieste si trova nell'archivio del più antico buffet triestino, “Da Pepi”, tuttora esistente, che risale al lontano 1897. Il prodotto viene menzionato inoltre nella Raccolta provinciale degli usi, pubblicata dalla Camera di Commercio di Trieste fin dal 1956. Questo prosciutto cotto divenne un prodotto “cult”, esportato dalla Baviera alla Romania.
Si racconta che questa ricetta sia arrivata a Trieste con le donne boeme che, numerose, venivano a lavorare a servizio nelle case della ricca borghesia triestina dove cucinavano le pietanze mitteleuropee. Un’altra teoria sostiene che questa maniera di cucinare il prosciutto sia arrivata in Italia al seguito dei cucinieri di Napoleone, sempre di origine boema. Certo è che si parla del prosciutto di Praga nei libri di ricette e nelle Guide turistiche fin dagli inizi del Novecento. Una delle prime ricette per preparare il prosciutto, presente nel Die Siiddeutsche Kiiche (La cucina della Germania meridionale) di Katharina Prato (Graz, 1892), ne descrive il procedimento.
Mentre a Praga è quasi una rarità – potete trovarlo con il nome pražská_šunka in qualche ristorante tipico tradizionale e in qualche sporadico baracchino – questa delizia aromatica si è trasformata in una vera e propria specialità della tradizione triestina, tuttora prodotto localmente perché gli artigiani hanno conservato nel tempo metodiche e regole omogenee. A Trieste, in ogni salumeria che si rispetti si può gustare il “Cotto di Trieste”, esibito su un morsetto per essere tagliato a mano, con il pane nero, senape e abbondante radice di rafano grattugiata. Al taglio, le fette di Praga sono spesse, morbide, gradevolmente rosate con un lieve sentore affumicato, servite ancora tiepide hanno una consistenza morbida e piacevole al palato.
Il Cotto di Trieste è un prosciutto suino, generalmente con osso, cui viene iniettata una salamoia aromatizzante. L’assorbimento della salamoia viene favorito attraverso un massaggio lungo 24 ore chiamato zangolatura, L’affumicatura – che regala al prosciutto Praga il suo tipico aroma – viene fatta a caldo; per i prodotti più pregiati si utilizzano legni di montagna come abete o faggio. Alla fine, i prosciutti passano a una lenta cottura a vapore, con o senza osso, in caldaie a bassa temperatura per circa 12-13 ore. Il prosciutto viene consegnato ancora caldo nei negozi di Trieste e nel Friuli-Venezia Giulia che vendono al pubblico: qui viene tagliato a fette manualmente, man mano che il consumatore lo richiede.
Ottimo l’abbinamento a un vino bianco intenso come un friulano. Speciale con la birra: ideale una Bock ambrata, dal gusto inteso, forte, corposa e morbida, con schiuma abbondante e cremosa. Si abbina ai cibi affumicati, non troppo sapidi e con un certo grado di untuosità. Provatela con nidi di pasta sfoglia farcita con prosciutto di Praga, scamorza e pepe.
Val la pena di apprezzare con il suo nome corretto “Cotto di Trieste” STG questo prodotto di alta qualità, esclusivo di uno specifico territorio, amato dentro e fuori i suoi confini, di lunga tradizione e comprovata documentazione storica… e soprattutto buonissimo.
Francesca Tagliabue
giugno 2025