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News ed EventiConsigli praticiSagre e feste gastronomiche: belle e golose, ma…occhio allo shopping

Sagre e feste gastronomiche: belle e golose, ma…occhio allo shopping

Si va per scoprire vini e sapori del territorio, per assaggiarli e per comprarli, magari per portarli a casa come souvenir delle vacanze. Piccoli (e saggi) consigli per una spesa buona e sicura

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Non c’è stagione come l’estate in cui tutto finisce a “tarallucci e vino”: da Aosta a Taranto, da Bolzano a Trapani, in tutta l’Italia fioriscono le sagre gastronomiche, che attraggono migliaia di persone. La Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) stima che in questa stagione se ne organizzino 42mila, vale a dire ben 5,2 per Comune. È una macchina organizzativa capillare ed efficiente, con volontari che si danno da fare per montare tavoli e panche, allestire tensostrutture e cucine da campo, accogliere venditori ambulanti e artisti. Ma soprattutto per celebrare le specialità della terra, del mare e della cucina, che sono l’orgoglio locale: dall’anguria alla toma, dal cinghiale al pesce azzurro. In una sagra che si rispetti, oltre al ristorante, non mancano mai le bancarelle dove produttori o commercianti vendono prodotti freschi e specialità gastronomiche spesso introvabili in città. Un’offerta a cui è difficile resistere, tanto che ben il 42% degli italiani finisce per comprarli e portarseli a casa, dice una ricerca Coldiretti/Ixé. Ma come evitare brutte sorprese, come alimenti deteriorati dal caldo o malconservati, di dubbia provenienza se non addirittura contraffatti? Seguendo i preziosi consigli degli esperti del Ceirsa (Centro interdipartimentale di ricerca e documentazione sulla sicurezza alimentare).


Pericolo caldo per gli alimenti freschi
Pane di segale, mele, strudel, formaggi di malga e speck non mancano mai nel bagagliaio di chi torna da una vacanza alpina. Così come pane carasau, pistacchi di Bronte, capperi di Pantelleria, limoni di Sorrento, pane di Altamura, olio pugliese e mozzarella di bufala restano i più apprezzati souvenir delle ferie nell’Italia del sud. Soprattutto se acquistati nelle bancarelle allestite durante mercatini, sagre e feste gastronomiche. Presi dall’entusiasmo e dalla gola per tante delizie, è facile cadere in vere e proprie “sole” oppure comprare alimenti che possono provocare qualche sintomo fastidioso o deperire velocemente perché esposti al caldo o mal conservati. Attenzione, quindi, ai campanelli d’allarme, suggeriscono gli esperti del Ceirsa. Meglio valutare le condizioni igieniche dei venditori: caciotte o salami lasciati al sole e fuori dai banchi frigoriferi, frutta e verdura cui si posano indisturbate le mosche, pane e dolci sfusi che vengono maneggiati a mani nude, senza guanti igienici, oppure trasportati su furgoncini senza un’adeguata protezione da polvere sporcizia devono insospettire e far desistere dall’acquisto.


Occhio all’etichetta
Se le alte temperature estive diventano un rischio, soprattutto quando si tratta di alimenti freschi, che devono essere conservati e trasportati in frigorifero, anche la mancanza di etichettatura è un campanello d’allarme da non sottovalutare. Nell’avvicinarsi ad un banco di vendita è quindi importante accertarsi della presenza di indicazioni inerenti il venditore: l’esposizione di cartelli riportanti la denominazione d’impresa e la sede legale sono elementi di base che garantiscono di sapere da chi si acquista. Le etichette o i cartelli esplicativi (oppure un registro a disposizione dei clienti) sono obbligatori anche per i prodotti alimentari venduti “on the road” perché il consumatore deve essere informato su ciò che compra. Vi si deve poter leggere senza difficoltà la denominazione di vendita (ossia di che prodotto si tratta), l’elenco degli ingredienti (e la presenza di eventuali allergeni), e, nel caso di prodotti deperibili (come i salumi freschi), le modalità di conservazione. Infatti, è stato proprio la mancanza dell’etichetta a impedire, ad esempio, ai controllo dell’Asl di Chieri di 
individuare il responsabile della messa in commercio di salumi con odore di cloro (probabilmente trattati per eliminare alterazioni legate alla conservazione oltre i termini previsti) che erano stati acquistati a un prezzo particolarmente conveniente, ma senza scontrino, nel corso di una fiera da un cliente che poi ha presentato un esposto.


W gli ambulanti onesti
Non basta una bancarella rustica o un cartello su cui c’è scritto “genuino” per essere certi che l’ambulante sia anche il produttore degli alimenti che vende. Ad esempio, la legge sulla vendita diretta ammette che nei mercati contadini almeno il 51% dei prodotti deve provenire dall’attività agricola propria; per il restante 49% l’agricoltore può rifornirsi altrove. E non c’è obbligo di evidenziarlo e farlo sapere ai clienti. Meglio, quindi, accertarsi con qualche domanda sulla provenienza dei prodotti. Un bravo ambulante sa dove rifornirsi e può sicuramente raccontare qualche dettaglio importante a garanzia delle sue scelte d’acquisto. Un buon segno sono i venditori che segnalano chi sono (esponendo anche biglietti da visita), che attività svolgono e dove. Tutte informazioni importanti soprattutto nel caso di acquisto di prodotti sfusi, ossia che non riportano l’etichettatura. Meglio qualche cautela in più, invece, per i venditori che non danno informazioni chiare, che rispondono in modo vago alle domande dei clienti o che offrono troppi prodotti o, al contrario, ne abbiamo una sola tipologia ma in grande quantità. È un fatto assodato che tra la maggioranza dei produttori e ambulanti onesti si possono infiltrare quelli abusivi, soprattutto durante le fiere particolarmente affollate, quando le maglie dei controlli ufficiali potrebbero essere un po’ più larghe. Ci sono venditori diretti che, per ragioni fiscali, non sono obbligati al rilascio dello scontrino, ma è sempre meglio averlo perché è uno strumento essenziale. Rappresenta, infatti, una prova d’acquisto da impugnare nel caso ci fosse qualche problema in relazione alla merce acquistata.


Manuela Soressi
agosto 2018

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