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Luoghi e PersonaggiIl cavatappi, un pezzo da museo

Il cavatappi, un pezzo da museo

Nato a fine settecento, oggi consente persino di versare il vino senza togliere il turacciolo: è il cavatappi

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Tra tutti gli oggetti del mondo, i pezzi da museo sono quelli a cui tocca aiutarci a ricordare chi siamo, sfidare il tempo e raccontare storie.

Un pezzo da museo
Il cavatappi è certamente uno di questi, tanto che in Italia esistono ben due musei dedicati alla sua storia: quello di Barolo, nelle Langhe, e quello di Montecalvo Versiggia, nel Pavese.

E se l’ideazione del cavatappi deve in parte ringraziare quel genio di Archimede (che inventò la vite senza fine), oggi la moderna tecnologia fa sì che le bottiglie si aprano addirittura senza togliere il tappo.

Tra design e storia
Tutto questo per dire che lo sturabottiglie, uno degli utensili per la tavola più usati quotidianamente, ha una storia che va dalla Magna Grecia alla ricerca e sviluppo dell’ingegneria contemporanea, passando per designer ed appassionati di vino che hanno dato il proprio contributo a questa epopea. Il cavatappi nasce per necessità, quando le prime bottiglie in vetro vengono sigillate con tappi di sughero alla fine del XVIII secolo in Inghilterra e iniziano a circolare rudimentali strumenti a forma di “vermi d’acciaio”.

Da quel momento inventori e designer depositano senza sosta migliaia di brevetti per migliorare, rinnovare, ridisegnare questo oggetto così amato e popolare. Il primo brevetto al mondo per un cavatappi viene depositato dal reverendo inglese Samuel Henshall nel 1795: la sua invenzione consiste nell’aggiungere alla vite di acciaio un manico di legno e un cerchio al di là del quale il tappo non riesce più a girare.

La successiva innovazione si deve al tedesco Carl F.A. Wienke che nel 1882 inventa il “Waiter’s Friend“, letteralmente: amico del cameriere. Questo tirabusciò, sottile e pieghevole, con forma simile a un coltellino tascabile, utilizza una vite e una leva singola.

Proprio come fa oggi il cavatappi da sommelier, fa leva sul collo della bottiglia di vino, facilitando la trazione verso l’alto del tappo. Il cavaturaccioli più scenografico è certamente quello a doppia leva con pignone e cremagliera centrale, brevettato dal designer italiano Dominick Rosati nel 1930. Mentre giri la vite nel sughero, un paio di leve si alzano come se fossero ali su ciascun lato del collo della bottiglia.

Tra i designer più attivi c’è Herbert Allen, ingegnere petrolifero e aerospaziale che per primo ha utilizzato plastica e metalli moderni per produrre nel 1975 lo Screwpull, un cavatappi così elegante che è entrato nella collezione permanente del MoMA di New York (sempre a proposito di musei).

Il Coravin
Ed è ancora una volta un appassionato a mettere il nome accanto alla storia moderna del cavatappi: Greg Lambrecht ha una laurea al MIT di Boston e la sua invenzione cambia per sempre il modo di aprire una bottiglia.

Il primo modello di Coravin è del 2013. Il segreto sta in un ago sottile che perfora il tappo di sughero senza togliere la capsula di alluminio. Una volta entrato, l’ago immette nella bottiglia un gas – l’argon – totalmente inerte e privo di ogni tipo di sapore o odore che rimpiazza l’aria e consente così al vino che resta in bottiglia, ancora perfettamente sigillata, di non ossidarsi e rimanere per giorni inalterato.

Nei musei del futuro ci sarà un posto per il Coravin, intanto è oggetto di culto di appassionati e addetti ai lavori.

L’evoluzione del tirabuscion Indispensabile strumento della civiltà della tavola, il cavatappi nel corso del tempo è stato realizzato in tutte le fogge e con materiali diversi, con importanti miglioramenti tecnici. Fa parte del nostro quotidiano, è un utensile necessario, amato e popolare.

Di Martina Liverani
Settembre 2022

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