Dall'uso azteco alla diffusione in Europa. Il Museo Città del Cioccolato e il LAB Perugina a Perugia regalano un viaggio alla scoperta delle origini del cioccolato e tante altre curiosità
Come ben tratteggia Wolfgang Schivelbusch in Storia dei generi voluttuari (Bruno Mondadori ed.,1999) la penetrazione di caffè e cioccolato in Europa non furono fortuiti. Piuttosto trovarono terreno fertile in una società che da feudale si stava trasformando di un sistema produttivo capitalista, dove la produttività indotta da una bevanda eccitante come il caffè era benvenuta, al pari della cioccolata sotto forma liquida che poteva soddisfare le carenze energetiche durante il digiuno imposto dalla religione (liquidum non frangit ieiunum). Da status symbol a prodotto di consumo il passo fu breve soprattutto per la cioccolata, che divenne in pochi decenni bevanda per colazione dei bambini e goloso intrattenimento per le signore sotto forma di tavoletta, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento quando grazie all’olandese Van Houten si diffuse il cioccolato in polvere. Il museo Città del Cioccolato e il LAB, Luisa Annibale Base, la ristrutturazione del primo opificio della Perugina in uso tra il 1907 e il 1915, appena inaugurati a Perugia, svelano tanti altri segreti intorno al mondo del cacao, spesso banalizzato o più semplicemente ignoto.
La Città del Cioccolato si trova nell’edificio dell’ex mercato coperto; da qui servono due minuti a piedi per il LAB, in pieno centro in via Galeazzo Alessi. Al Museo si scopre la geografia del cacao, pianta che si adatta alla temperatura costante tra 21 e 30 gradi sotto i 1500 metri di altitudine nella fascia tropicale. Si narra la storia, dalle ultime scoperte in campo genetico, che fanno risalire la presenza degli antenati dell’attuale cacao a 7,5 milioni di anni fa, l’uso che ne fecero gli aztechi, l’arrivo in Europa nel 1520 e fino al primo carico diretto al porto di Siviglia nel 1585.
Un’interessante sezione è dedicata all’arrivo e diffusione del cacao in Italia, che ebbe inizio con Emanuele Filiberto di Savoia, al soldo degli Spagnoli nel 1559. La tradizione piemontese, quella toscana e modicana appaiono sempre comunque legate ai rapporti di queste terre nostrane con la casa regnante iberica. Sono esposte al pubblico anche alcune migliaia di incarti di tavolette provenienti dalla collezione di Stanislav Krámskỳ, il più grande collezionista vivente. Si può persino passeggiare nel modo sconosciuto del cacao, tra alberi e cabosse, i frutti dell’albero del cacao, seguendo i processi di fermentazione ed essiccazione, sino alla spedizione in un autentico container. È la fase più spinosa quella dedicata all’economia: alcuni pannelli in continuo aggiornamento descrivono la distribuzione della ricchezza generata dal cacao con l’obiettivo di fare riflettere il visitatore.
Il 3% spetta ai coltivatori, il 12% se lo prende il costo del trasporto, il 20% si deve imputare ai costi di produzione e il 43% rimane nelle mani della GDO (grande distribuzione). La parte più scientifica riguarda invece il programma Cocoa of Excellence, sostenuto da Alliance of Biodiversity e dal Centro per l’Agricoltura Tropicale (CIAT) e Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Sebastián Parra dirige una squadra di tecnici provenienti da tutto il mondo che hanno il compito di individuare ogni anno i 50 migliori cacao prodotti al mondo. Alcuni si trovano alla fine del percorso nel Chico Shop che ospita oltre 150 referenze da tutto il mondo.
L’immersione nel mondo del cioccolato non sarebbe completa se non si accedesse a LAB, il luogo dove Luisa Spagnoli e il marito Annibale fondarono, nel 1907, la Perugina con altri tre soci: Francesco Buitoni , Francesco Andreani e Leone Ascoli. Sembra impossibile che nelle stanze malagevoli lavorassero a pieno ritmo una cinquantina di persone. In esposizione gli arredi della fiction RAI sulla Spagnoli, gli stampi originali e la riproduzione di Giuseppe Battaglini, il primo operaio tostatore della Perugina. Sul tavolo di marmo Luisa Spagnoli temperava il cacao per ottenere il primo Bacio, che al momento della creazione passava sotto il poco appassionante termine di Cazzotto.
Nell’atmosfera cristallizzata, le sale sono ora adibite a degustazioni guidate e a lezioni sul cacao. Curiosa la Sala delle cerimonie che riproduce l’ambiente del rito mesoamericano del cioccolato.
Per maggiori informazioni cittadelcioccolato.it
Riccardo Lagorio,
dicembre 2025