Tra folklore e credenze, operistica e musica, farmacopea e cucina (senza dimenticare Harry Potter): scopriamo l’eccezionale versatilità di questa pianta antichissima
Da tempi remoti, il sambuco cresce spontaneo in luoghi incolti e umidi, ai bordi delle strade e nei boschi, in tutta l’Europa del Centro-Nord e del Mediterraneo: parliamo del sambuco comune (Sambucus nigra L.), pianta che lascerà un segno nelle tradizioni e le usanze di tutte queste popolazioni. Prende il nome dal greco sambýkē, un antico strumento musicale curvo o triangolare, a corde, quasi una piccola arpa, usato dagli antichi Greci e Romani. Nel Medioevo si iniziarono a fare strumenti a fiato, ricavati dai rami cavi e dal fusto del sambuco svuotati del midollo, mentre nel ricettario trecentesco Libro per cuoco di Anonimo Veneziano, troviamo una delle prime ricette di frittelle di fiori di sambuco.
Secondo annose – e differenti – tradizioni popolari, questa pianta ha proprietà magiche e di protezione contro spiriti ed entità maligne: era coltivata tutt’intorno alle case e alle stalle degli animali – guai a chi ne tagliasse il fusto con rabbia o cattiveria, o addirittura lo bruciasse… si sarebbero così liberate le energie ostili che la pianta protettrice aveva neutralizzato, assorbendole. Nelle leggende folcloristiche dell’Europa Centrale, si racconta che il legno di sambuco era il preferito da streghe e maghi per la realizzazione di bacchette magiche, credenza che trova riscontro nella saga di Harry Potter, dove la bacchetta di Albus Silente, il mago più potente al mondo, è di sambuco.
Gli antichi Germani chiamavano il sambuco albero di Holda, una fata del folklore medievale che si credeva lo abitasse. Fa riferimento alla magia del sambuco anche Mozart: nella sua opera Il Flauto Magico, infatti, il grande compositore racconta di come il suono di un flauto ricavato da questo legno vanifichi i sortilegi.
Il ‘magico’ sambuco era considerato in modo reverenziale dalla farmacopea popolare, per i suoi sette doni officinali: radice, corteccia, foglie, fiori, bacche, germogli e il fusto – per questa ragione, prima di raccoglierne anche uno solo, occorreva inchinarsi e ringraziare per sette volte questa pianta preziosa.
Il folklore dell’Europa del Nord in particolare, attribuiva al sambuco sette virtù magiche, una per ogni parte della pianta. In una delle più famose commedie noir del cinema d’oro americano “Arsenico e vecchi merletti” (1944) diretto da Frank Capra, le zie del protagonista (Cary Grant) usano un vino al sambuco “corretto” all’arsenico per avvelenare i loro inquilini.
L’uso del sambuco nella medicina popolare e tradizionale risale a tempi davvero molto antichi: tracce delle sue bacche sono state rinvenute in insediamenti neolitici. In Germania e Austria l’arbusto era comunemente chiamato ”Farmacia degli Dei” per onorare le sue proprietà medicinali.
Nel Rinascimento, per il medico senese Pietro Andrea Mattioli (1577) il sambuco, con le sue “ombrelle tonde, cariche di bianchi fiori, dai quali nascono gli acini… pieni di copioso e vinoso succo” è una panacea per molti mali.
Molti testi farmaceutici e la sapienza delle massaie riportano l’uso di fiori e frutti in tisana principalmente per il trattamento dell’influenza, del raffreddore e come espettorante in caso di febbre, ma viene utilizzato anche per il trattamento di coliche, sinusiti, congiuntiviti, mal di testa, reumatismi. Oltre al potere di ridurre infiammazioni dell’apparato respiratorio, al sambuco sono attribuite proprietà diuretiche e depurative di fegato e reni. In un più recente passato, massaie e nonne in montagna mettevano via le mele in cassetta e, per conservarle a lungo, le stratificavano con fiori di sambuco essiccati all’ombra.
Prima di tutto, bisogna ricordare di fare attenzione a cogliere le bacche solo quando sono pienamente mature, cioè scurissime, quasi nere, perché quelle acerbe contengono alte concentrazioni di un elemento tossico.
I fiori di sambuco appena sbocciati sono ottimi in frittelle e torte salate con verdure e profumano formaggi freschi; i fiori – ma anche lo sciroppo e le bacche – appaiono in molti dessert, sia freddi come gelo, granite e ghiaccioli, sia torte come questa con la composta di pesche.
Aromatizzano frittate e impasti di pane (per esempio il milanese ‘pan de meji’) e focaccia. I fiori si possono anche mettere a bagno per ricavarne elisir, anti-age o drink rinfrescanti, mentre le bacche sono la base per deliziose confetture o liquori. Fiori, foglie, bacche e cortecce vengono impiegati per la preparazione di decotti, tisane, drink rinfrescanti e sciroppi.
Curiosamente, la famosissima Sambuca è un liquore a base di anice, ma prende il nome da un altro ingrediente della sua ricetta, che la rende unica: un estratto ottenuto dal fiore di sambuco. La Sambuca, dopo la grappa, è l’alcolico più utilizzato per “correggere” il caffè.
Francesca Tagliabue
luglio 2025