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Latte di mandorla

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È stato per secoli l’elisir balsamico e la bevanda rinfrescante per eccellenza del nostro sud. Ottenuto a partire da una materia prima tanto diffusa e disponibile: le mandorle. Oggi lo si trova già pronto in tutti i supermercati d’Italia. Una “novità” che ha conquistato gli italiani: non solo sono aumentate in modo significativo le vendite di latte di mandorla ma lo si trova anche sempre più spesso usato come ingrediente “nobile” di tanti prodotti industriali, come snack dolci e gelati. Ma perché piace così tanto?


Un vero “latin lover”
Per capire il boom attuale del latte di mandorla, bisogna fare un passo indietro e concentrarsi sul frutto oleoso da cui è ottenuto. È la mandorla, in tutte le sue forme, a essere sulla cresta dell’onda come non mai: secondo l’Osservatorio Immagino Nielsen GS1, in super e ipermercati ci sono oltre 900 prodotti che la contengono. Un numero, fino a pochi anni fa, impensabile. Le mandorle piacciono perché sono buone e fanno bene. E il loro latte è un modo gustoso e veloce per consumarle in ogni momento della giornata. Non solo: è anche un ingrediente smart per tante bevande (come smoothies e frullati) e per tante ricette di dolci, anche senza zucchero. E per molti rappresenta anche un’alternativa vegetale al latte di mucca. Vediamo di approfondire questi aspetti.


Una bevanda buona (anche in cucina)
Col suo gusto delicatamente dolce, il latte di mandorla rende speciali molte ricette di torte, plumcake, ciambelle e budini. Ed è fondamentale per preparare sorbetti, granite e quella deliziosa specialità dolciaria che è il “biancomangiare”. Inoltre si presta molto bene alla preparazione di bevande dissetanti e tonificanti, come il frullato fatto con 50 g di barbabietola, una carota, una mela verde, una banana, due cucchiai di lamponi e 50 g di zenzero. Da provare anche l’abbinamento con un superfood come la spirulina. Basta frullare 230 ml di latte di mandorla con 2 grammi di spirulina essiccata, 11 ml di sciroppo di fiori di sambuco e 5 ml di succo di carota, e poi filtrare, per ottenere una super bevanda, perfetta dopo l’attività sportiva e per fronteggiare la stanchezza causata dal caldo. Oltre a trovarlo già pronto, il latte di mandorla è facile anche da preparare in casa usando l’estrattore. Si lasciano 100 g di mandorle in ammollo in 50 cl di acqua per una notte e, la mattina successiva, si sostituisce l’acqua. Poi si mettono le mandorle nell’estrattore aggiungendo gradualmente 40 ml di acqua e si fa un secondo passaggio nell’estrattore, aggiungendo dell’altra acqua se necessario. Il latte di mandorla così ottenuto va consumato entro due giorni.


Un alimento benefico?
“Bere” le mandorle apporta gli stessi benefici salutistici che mangiarle? Purtroppo no. Nel latte di mandorla la quantità di questo frutto a guscio è molto bassa (circa il 2%). La maggior parte del prodotto venduto al super è costituito da acqua, da additivi (come stabilizzanti ed emulsionanti) e da zuccheri aggiunti (basta verificarlo leggendo l’elenco degli ingredienti). E questo spiega perché il latte di mandorla non è una bevanda light: un bicchiere da 200 ml vale circa 50kcalorie, apportate perlopiù da zuccheri e di grassi. Però, la maggior parte dei suoi grassi sono “buoni” (come l’acido oleico e quello linoleico) perché tengono in salute il sistema circolatorio. E poi nel latte di mandorla c’è anche una buona quantità di antiossidanti, come la vitamina E. Il mix di minerali, oligoelementi e vitamine (spesso addizionati, come specificato sulle confezioni) ne fa un buon integratore naturale per chi segue un’alimentazione vegetariana o vuole rinunciare, almeno per un po’, alle proteine animali e al lattosio, di cui è privo. Però, il latte di mandorla non è una reale alternativa a quello di mucca, perché è troppo povero di proteine (meno dell’1%), troppo pieno di zuccheri ed è naturalmente carente di alcuni micronutrienti importanti, come il calcio, la vitamina D e la vitamina B12. Perdipiù, secondo l’OMS, sostituire il latte di mucca con quello di mandorle porta a un deficit di iodio, aumentando il rischio di danni cerebrali.


Manuela Soressi
luglio 2019



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