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La piadina romagnola

La piadina, una preparazione semplice e antica a base di farina, acqua e strutto, che si declina in tante varianti da farcire secondo tradizione o in stile contemporaneo

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Piadina, le origini
La piada, dal dialetto piè a piada e poi piadina, ha un nome antico. Non è un diminutivo, ma ha alle spalle cinque secoli di storia. Fu chiamata così da Giovanni Pascoli che le dedicò l’omonima poesia nel 1909, ed è considerata il pane identitario dei romagnoli.

Abbiamo chiesto a Graziano Pozzetto, giornalista, gastronomo, esperto di ricerca storico-letteraria, culturale e antropologica della cucina romagnola, di parlarci della vera piada tradizionale. “Nei secoli si afferma come pane di tutti i giorni presso le famiglie contadine e quelle più povere della bassa Romagna”, spiega Pozzetto. “A fine Ottocento era diffusa in tutte le case meno abbienti, preparata con farine poverissime come quella gialla da polenta, quelle di castagne, di fave, cicerchie, perfino ghiande. Farina, acqua, sale e poco strutto (raramente olio di frantoio): la piada nasce come il pane povero dei ceti subalterni che solo grazie allo sviluppo economico degli anni `60 del Novecento cominciarono a utilizzare nell’impasto farine bianche e un pizzico di bicarbonato, senza però modificare l’antica tecnica di preparazione“.

Metodo di preparazione e cottura
Perché la piada tradizionale ancora oggi dev’essere rigorosamente preparata a mano: “L’impasto si divide in piccole palle da 100 g che vengono lavorate con il calore delle mani, stese utilizzando un piccolo matterello corto e non liscio per dare loro la forma di luna piena, senza che perdano quella ruvidità così tipica e speciale”, specifica Pozzetto. La piada romagnola tradizionalmente viene cotta in una teglia di argilla, il ‘testo’, ancora prodotto a Montetiffi (FC) e usato per la cottura sul treppiede, sulle braci del caminetto o sulla stufa a legna. Ma anche su lastre di metallo o piastre. “Soprattutto è imprescindibile che venga preparata, cotta e mangiata subito. Questa è l’unica discriminante della vera piada tradizionale, il consumo immediato, e dev’essere ben cotta. È un pane stratificato: una volta spezzato, l’interno deve avere un colore uniforme, una riga più scura significa che la piada non è cotta correttamente e che sarà di difficile digestione”: Graziano Pozzetto è molto fermo a riguardo.

Una varietà di ricette
Una tecnica di preparazione semplice e antica che permette ancora oggi a 2000 chioschi in Romagna di proporre la vera piada tradizionale. Le ricette dell’impasto della piadina sono tantissime; solo quelle codificate sono una ventina e in più ci sono tutte quelle che appartengono alla tradizione familiare, che mutano secondo l’area geografica di provenienza. “Nel Pesarese la piada è più ricca di strutto, per esempio. E può cambiare anche di grandezza e spessore secondo la zona: larga e sottile nella bassa Romagna (Rimini, Riccione, Cattolica), larga ma meno sottile nel cesenate e nel ravennate, dove va cotta maggiormente, come quella più piccola ma spessa di Forlì. Per la piada sfogliata riminese, assai più ricca di ingredienti, servono braccia robuste, ma il risultato è uno spettacolo!”, spiega Pozzetto.

Gustosi abbinamenti antichi e moderni
“La piada è un pane di gusto neutro, quindi si sposa facilmente con ogni sapore: nascendo come pane ‘miserabile’, gli abbinamenti originali sono con i mangiari contadini che per decenni sono stati accompagnati da questo pane tipico, come mortadella, saraghina (i sardoncini), verdure grigliate, pesce azzurro, cipolla, salsiccia gratinata, uva e fichi maturi. Tipici i bruciatini, radicchi di campo saltati con pancetta infuocata con aceto in padella. La piada si sposa idealmente con la carne di maiale, ma accompagna anche trippa o baccalà, fagioli e cotiche, lumache e rane, e anche solo semplici erbe di campo spadellate con sale marino, come nei cassoni, preparati con lo stesso impasto ma più sottili della piada tradizionale, farciti con erbe passate in padella e poi sigillati. Qualunque cosa fosse a disposizione si poteva abbinare a questo pane contadino: ciccioli montanari, frattaglie, la coppa di testa, le uova, il fegato con la rete, perfino l’anguilla”.

Gli abbinamenti moderni sono solitamente più delicati: vediamo salumi, erbe spadellate o insalatine di campo come la rucola selvatica, l’asparagina, gli amari stridoli, la borragine; formaggi freschi di prima mungitura, vaccini o anche caprini, il classico squacquerone o il raveggiolo. “Accompagnati da un buon bicchiere di Sangiovese o di Trebbiano”, si raccomanda Graziano Pozzetto, che non disdegna la piada con il foie gras e che ne svela anche la versione dolce, abbinandola a confetture, miele, cotognata e, per i bambini, crema spalmabile alla nocciola e cioccolato.

Francesca Tagliabue
Maggio 2022

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