Benvenuto al verme della mela. Una volta consideravamo ‘bacate’, appunto, quelle con il baco: oggi dovrebbe esser vero l’esatto contrario. Le mele pericolose sono quelle lucide e apparentemente perfette, come lo è tutta quella frutta e verdura trattata, nata, cresciuta e conservata post-mortem con sostanze chimiche velenose. Il glifosato è una di quelle, onnipresente e ufficialmente pericoloso, ma lecito.
Cibi contaminati da batteri, virus, parassiti e sostanze chimiche sono responsabili di oltre 200 malattie, ha stabilito l’Organizzazione Mondiale della Salute. Alcuni di essi – a partire dalle mele e dalle fragole – compaiono immancabilmente nell’annuale classifica dei 12 cibi più contaminati dai pesticidi, la famosa e inquietante “Dirty Dozen”. Il glifosato è l’erbicida più utilizzato al mondo. Quasi ovunque, e anche in Italia, è uno dei prodotti fitosanitari più venduti.
Strisce rosse sui campi verdi: il glifosato è servito. Storicamente prodotto dalla Monsanto (di recente acquisita dalla multinazionale farmaceutica Bayer) e aggressivamente commercializzato con il nome Roundup, oggi è prodotto anche da altre aziende chimiche con nomi quali Accord e Rodeo. Alla fine del 2017 è stato riautorizzato dall’Unione Europea per altri 5 anni, nonostante il voto contrario dell’Italia e di altre 8 nazioni (nel nostro Paese la campagna #StopGlifosato raccoglie l'adesione di 45 importanti associazioni tra cui Slow Food, Associazione Culturale Pediatri e ISDE, Medici per l’Ambiente). Meglio, da questo punto di vista, la legislazione di Paesi quali lo Sri Lanka.
“Il glifosato era stato giudicato dall’IARC, agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, come ‘cancerogeno’ – spiega Francesco Balducci, medico esperto in medicina preventiva e Anti-Aging - Poi su pressioni dell’EFSA, l’organismo per la sicurezza alimentare della Ue, è stato declassato a ‘probabilmente cancerogeno’ (più precisamente come '2a', ossia agente la cui cancerogenità è confermata sugli animali ma non sull'uomo, n.d.r.), nonostante l’esistenza di studi indipendenti che hanno rivelato la sua pericolosità". E nonostante ciò, studio monografico in questione è attualmente sotto accusa, in particolare da parte del Congresso statunitense. "Non solo: in una recente dichiarazione dell’EFSA, il glifosato non è stato ritenuto sicuramente interferente ormonale. Ma lo è: è un distruttore del nostro equilibrio ormonale; nelle zone di produzione e di utilizzo massiccio si manifestano problematiche livello ormonale e renale”.
In cosa consistono le problematiche ormonali derivanti dall’assunzione di glifosato? “Abbassa i livelli di testosterone, estrogeni e progesterone. Favorisce la prevalenza estrogenica, sia nell’uomo che nella donna: nell’uomo è devastante, perché si abbassa il livello di testosterone, con rischio di femminilizzazione – perdita di potenza e libido, forma del corpo con mammelle di tipo femminile, problematiche future. Problematiche tanto più gravi quanto colpiscono i bambini. Nella donna, porta a predisposizione al cancro degli organi sessuali: ovaie, utero… Studi dimostrano che anche da noi, per esempio in Trentino e in Veneto nelle zone di produzione intensiva di mele, c’è stato un aumento dei casi di problematiche a livello ormonale. E gli studi indipendenti sono stati messi a tacere da interessi commerciali”.
Patrizia Gentilini, oncologa e componente del comitato scientifico dei Medici per l'Ambiente, ha dichiarato: "Ci sono numerosi dati sperimentali condotti su cellule placentari ed embrionali umane che dimostrano come il glifosato induca necrosi e favorisca la morte cellulare programmata, quindi si tratta di una sostanza genotossica (che danneggia l'informazione genetica all'interno di una cellula, ndr) oltre che cancerogena, non dimenticando che l’erbicida agisce anche come interferente endocrino”.
Come difenderci?
“Se vogliamo mangiare frutta e verdura esente da glifosato dobbiamo mangiare quella biologica o biodinamica certificata ed evitare le aziende - anche quelle più famose - che lo utilizzano in gran copia e i prodotti che vengono da zone di produzione dove persone scafandrate irrorano i terreni di questa sostanza. Bisogna andare in negozi che vendono prodotti biologici sicuri o ortolani che comprano da piccoli produttori locali, da verificare. Possibilmente di persona. Non bisogna fidarsi mai. E nel dubbio scegliere un prodotto meno perfetto all’apparenza: mele brutte, irregolari, per esempio, hanno meno probabilità di essere trattate. Non esigere sempre frutta bellissima, perché la perfezione non è della natura, è una perfezione che si paga in modo salato…”.
Il glifosato non è presente solo in frutta e verdura, ma in molti cibi: pasta, farine e farinacei – soprattutto in quella delle grandi aziende che comprano la maggior parte del grano da Paesi nordamericani come il Canada, in cui le leggi sono più permissive. Sotto pressione dei consumatori, molti grande aziende italiane produttrici di pasta stanno optando per "Grano 100% italiano": un report dell'autunno scorso de Il Salvagente, rivista leader nei test di laboratorio a difesa dei consumatori, aveva trovato glifosato in abbondanti quantità in 27 marchi di pasta 'italiana'.
Il glifosato si trova anche in carne, latte e derivati: oltre l’85% dei mangimi utilizzati in allevamenti, infatti, sono costituiti da mais, colza, soia per i quali l’erbicida viene abbondantemente usato, accumulandosi nella carne degli animali e nei prodotti derivati di cui poi ci nutriamo. “Non è l’uso occasionale che dà problemi – continua Balducci - perché noi abbiamo capacità detox in grado sopperire. È l’uso continuativo e accumulato con altre sostanze xenobiotiche (estranee alla normale nutrizione dell'organismo e al suo normale metabolismo, ndr) che crea il sovraccarico, e questo è una vera bomba a orologeria”.
Carola Traverso Saibante
marzo 2018
aggiornato in aprile 2019
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