Seguici su Facebook Seguici su Instagram
News ed EventiPiaceriBraciole italiane: tutto quello che (forse) non sapete

Braciole italiane: tutto quello che (forse) non sapete

Ritroviamo un termine un po’ dimenticato ma tanto presente nella cucina di tradizione italiana, da Nord a Sud scopriamo le braciole delle mamme e delle nonne

Condividi

Il vocabolo ‘braciola’ – derivante da brace –  viene usato per la prima volta intorno al 1500 per indicare una fetta di carne da cuocere sulla brace, appunto, con la graticola. La Treccani definisce la braciola come una “fetta di carne magra, di manzo, di vitello, di maiale, da cuocere arrosto sulla brace, oppure in tegame o in padella”. Asciutto e sintetico. Ma la braciola in Italia è molto di più.

braciole di maiale

Mentre nel Nord del Paese la definizione del termine data dal dizionario, più o meno, coincide con una fetta o un taglio di carne proveniente dal carrè di manzo, vitello o suino, e che quindi può comprendere anche l’osso – un tempo erano considerate braciole la costata di manzo e il nodino di vitello, mentre oggi più genericamente si definiscono così il nodino e la costoletta di maiale –  in molte regioni del Centro e del Sud per braciola si intende un involtino, ricavato dal carré o dalla fesa, farcito con carne, erbe, formaggi, salumi, etc.

La braciola nell’Artusi

Frontespizio_Artusi_Cucina

Per Pellegrino Artusi, la “braciuola” è principalmente una fetta di carne, anche importante – riporta infatti la Braciuola alla fiorentina (n° 556), intendendo l’imponente bistecca tipica della tradizione toscana, che definisce “una braciuola col suo osso, grossa un dito o un dito e mezzo, tagliata dalla lombata di vitella” e che fa cuocere sulla gratella.
In molte altre ricette del suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, invece, le braciole citate, anche sotto forma di involtino, vengono cotte in umido (338, Braciuole di castrato e filetto di vitella alla finanziera), in casseruola (n° 307, Bracioline ripiene e 339, Braciuoline ripiene con carciofi) e perfino allo spiedo, arrosto (n° 537, Braciuola di manzo ripiena arrosto), per citarne solo alcune.

Braciole ‘rifatte’: quando la tradizione trova soluzioni e non butta niente

BRACIOLE RIFATTE 2

Le ricette con le braciole, storicamente, sono ricette per il riuso della carne: la braciola era la fettina avanzata del giorno prima che si recuperava il giorno dopo per renderla di nuovo appetibile, parlando infatti di braciole “rifatte”, un’alternativa alle solite polpette. Al sospetto che la fettina fosse troppo asciutta perché non consumata, da molte massaie veniva lasciata nella passata di pomodoro e cucinata con l’aggiunta di aromi, per darle nuova vita. Lo stesso Artusi spiega che, se la carne viene da “bestia non tanto giovane o macellata di fresco, (e) vi faccia dubitare della sua morbidezza, invece di cuocerla in gratella, mettetela in un tegame”.

Toscana: braciole di ‘recupero’

BRACIOLE EMPOLESE

Le ricette toscane con le braciole sono due: le braciole all’empolese e quelle alla livornese. Entrambe si sospetta siano nate nelle trattorie e nelle osterie dei secoli scorsi, quando poteva capitare che si cucinasse in eccesso rispetto alla effettiva clientela e ci fosse quindi la necessità di recuperare avanzi già cotti, anche perché le massaie, nel fare la spesa, erano molto attente ed era raro ma non impossibile che avanzasse della carne – quando la si poteva comprare.

Le braciole all’empolese sono piuttosto semplici, la carne viene impanata e fritta e poi “rifatta” nella passata di pomodoro con paio di spicchi di aglio, sale, pepe e scorzetta di limone; c’è chi aggiunge i capperi, ma non fanno parte della ricetta originale, che negli ultimi decenni è stata rivista molte volte.

Nel caso delle braciole alla livornese, hanno preso il nome da quello che in tutta la Toscana era – ed è ancora – il modo di cucinare “alla livornese”, cioè in un sugo di pomodoro con un battuto di aglio, prezzemolo e sedano (alcuni, ma non tutti, aggiungono acciughe e capperi). Anche qui la braciola viene passata nell’uovo sbattuto, poi nel pangrattato e infine fritta in olio. Sgocciolata, si cuoce in tegame a fuoco lento con passata di pomodoro e un battuto di prezzemolo e aglio: al termine, la carne così “rifatta” sarà morbidissima e gustosa. Con il tempo, si è forse perduta la differenza tra le due versioni, che si possono trovare entrambe sotto il nome di braciole rifatte al pomodoro.

Braciole al Sud: involtini golosi

INVOLTINI DI CAVALLO

In Campania, ma anche in Sicilia, Puglia e Basilicata, il termine “braciola” si riferisce a involtini di carne, spesso di cavallo o vitello, cotti in un sugo di pomodoro.

Braciole al ragù napoletano

Le braciole napoletane sono un perno della cucina campana, come lo è il ragù alla napoletana: carne di bovino adulto (spalla e sottospalla, reale, noce: basta che sia un taglio caratterizzato da presenza di grasso) tagliata a fette spesse un centimetro, farcite con un mix di pecorino tritato, aglio, prezzemolo, pinoli e uva passa, sale e pepe, e poi avvolte a involtino, talvolta steccate con pancetta o prosciutto e infine fermate con lo spago con uno spiedino. Gli involtini così preparati seguono poi la stessa cottura nel ragù (trovate qui la ricetta di Eduardo De Filippo). Campana come le braciole al sugo napoletane è anche la braciola di capra di Siano, un involtino di carne di capra, spalla o coscia, farcito con erbe aromatiche (aglio, prezzemolo, pepe) e formaggio pecorino stagionato; ha avuto il risconoscimento di PAT, prodotto agroalimentare tradizionale.

Braciole alla messinese - NP

Le braciole alla messinese, conosciute anche come braciolettine o braciolette, sono un autentico piatto iconico  della zona di Messina, ormai diffuso in tutta la Sicilia, in Italia e persino all'estero, con varianti e contaminazioni varie. Queste braciole sono spesso identificate, in modo erroneo, come spiedini.

La leggenda vuole che siano nate nel XVI secolo e attribuite agli Spagnoli, che le chiamavano “braciole della Regina” perché pare che la sovrana Giovanna di Spagna, detta "la pazza”  ne fosse ghiotta al punto da avere dieci cuochi dedicati alla preparazione del piatto: uno di questi si dice che fuggì in Sicilia, portando a Messina la ricetta che divenne un piatto tipico del territorio. Le braciole messinesi vogliono fettine di carne sottili come un carpaccio (infatti si usa il magatello) marinate in olio d’oliva, sale e pepe e poi passate in un mix di pangrattato tostato, aglio, prezzemolo e caciocavallo. Arrotolate a involtino, vengono ripassate nel mix e infilzate, a gruppi di 5-7 involtini, su uno spiedino e cotte in padella o in forno. Verranno servite condite con salmoriglio. Qui trovate la ricetta.

Strascinati con ragù di braciole

Le brasciole, braciolette o braciole pugliesi sono anch’esse involtini di carne di cavallo o di vitello farciti di prezzemolo, aglio e pecorino (cui talvolta vengono aggiunti lardo e pancetta), chiusi con uno stecchino, rosolati in olio e aglio fresco e poi fatti cuocere lentamente e per diverse ore (specie se sono di cavallo) nella passata di pomodoro che alla fine avrà il sapore e la densità di un ragù. Tipiche delle province di Bari, Foggia, Barletta-Anzia-Trapani, Taranto e in parte del Salento, diffuse anche in Basilicata, le brasciole sono un piatto tipico del pranzo domenicale, tradizionalmente associate alla tipica pasta fatta in casa tradizionale, le orecchiette o i maccheroni. Trovate la ricetta tipica delle orecchiette con lu sugu de pezzetti de cavaddhru qui e qui, quella con il video qui.  

Qualunque sia la braciola che sceglierete, la scarpetta è d’obbligo.

 

Francesca Tagliabue
maggio 2025

Abbina il tuo piatto a