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News ed EventiConsigli praticiCren o rafano? Caratteristiche e utilizzi di una radice piccantissima

Cren o rafano? Caratteristiche e utilizzi di una radice piccantissima

Si acquista al mercato o in vasetto al super e si usa al naturale o come base per salse intense da abbinare a carni, pesci e verdure

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Si chiama cren, popolarmente barbaforte, horseradish in inglese, erroneamente ma comunemente rafano. È una radice commestibile caratterizzata da un gusto fresco e pungente. Molto fresco e molto pungente. Tanto che, a un assaggio eccessivamente disinvolto, fa persino piangere e starnutire. Tuttavia, chi ama i sapori decisi lo trova irresistibile. E ben dosato diventa protagonista di salse eleganti.

Il nome giusto

Il cren è la radice di una pianta della famiglia delle brassicacee (o crocifere) l’Armoracia Rusticana, cui appartengono cavoli e rape. E infatti il sapore ricorda la piccantezza di certi ravanelli, o quella del cavolfiore crudo, sebbene portati all’ennesima potenza. Dello stesso gruppo botanico è anche il rafano più propriamente detto, ovvero il ramolaccio, nome scientifico Raphanus Raphanistrum: una sorta di grossa rapa, piccante in alcune varietà, dolce in altre. Comunque, nel linguaggio comune i due termini, cren e rafano, si usano indifferentemente uno per l’altro. Per concludere con le parentele, possono dirsi affini al cren altre due brassicacee: la senape, di cui si usano i semi, e la radice di wasabi giapponese.

Tante tradizioni

Dalla cucina dell’Europa del nord e dell’est al nostro Alto Adige, dalla tradizione anglosassone a quella giudaica, la radice di cren è comprimaria irrinunciabile di moltissimi piatti. Si sposa principalmente alle carni, ai pesci - specie se grassi - e agli ortaggi “nordici”. Così, accompagna per tradizione i würstel bavaresi e il roast beef con lo Yorkshire pudding del sunday lunch, ma anche il lesso o gli arrosti freddi della nostra tradizione. Si sposa a salmone, trota e aringhe affumicati in bagel e crostini di ispirazione scandinava, alle tartare di pesce o al gefilte fish, le polpettine di nasello o merluzzo della cucina ebraica. Più semplicemente, condisce barbabietole, patate, insalate di crauti o di cappuccio.

Fresco o conservato

La radice fresca di cren somiglia a una grossa carota marroncina. Non facilissima da trovare, potete scovarla sui banchi dei mercati rionali e dagli ortolani forniti. Più comuni le salse cremose pronte che si trovano anche in molti super ed esistono versione piccante o dolce. La prima è composta per oltre il 50% di radice grattugiata, poi mescolata con acqua, aceto e una punta di zucchero. Nella seconda la percentuale di cren è minore, intorno al 30%, e c’è una certa quantità di panna che smorza con decisione il gusto forte. Interessante, poi, il cren al naturale, sempre in vasetto: fili sottili, da acquistare nelle gastronomie più ricercate oppure in rete, che si spargono direttamente sulle pietanze o si aggiungono ad altre salse, come una maionese o una salsa verde.

Lavorare la radice fresca


Per preparare il cren, spuntate la radice e raschiate la parte esterna con un pelapatate. Se non lo lavorate tutto, pulite solo la parte che intendete usare perché la polpa “nuda”, all’aria, scurisce velocemente. Fate attenzione a maneggiarlo: potrebbe far lacrimare come e più della cipolla e in generale risultare irritante se, per esempio, vi strofinate gli occhi dopo averlo toccato. Una volta pulito, è pronto per essere grattugiato o tritato.

Salse dal fresco o dal vasetto

Il modo più semplice per usare in purezza il cren fresco è pulirlo e tagliarlo a pezzetti, poi tritarlo, di preferenza in un tritatutto (è piuttosto sodo), unendo poca acqua fredda o qualche goccia di aceto bianco, che rendereranno l'insieme più morbido e aiuteranno a rallentare i processi ossidativi. Un pizzico di sale e una punta di zucchero saranno sufficienti per arrotondare il gusto che, con questo metodo, resta comunque piuttosto intenso. Per una salsa più delicata, potete stemperare questa base con panna fresca, lasciata al naturale oppure montata, per ottenere una originalissima chantilly salata e lievemente piccante. Ottima da usare, a riccioli e ciuffi, come guarnizione chic di finger food e antipasti.

Oppure, grattugiate un pezzo di radice di rafano (circa 20 g), raccoglietela in una ciotola, unite 100 g di mollica di pane spezzettata, un pizzico di sale, un cucchiaino di zucchero, un dl di aceto bianco, 3-4 cucchiai di olio e frullate. Con le stesse dosi degli altri ingredienti potete usare i filetti in vasetto. Per i bolliti, anche freddi, preparate una salsa cotta. Rosolate 2 cucchiai di pangrattato (meglio se casalingo) con una noce di burro, aggiungete la radice grattugiata, sale, zucchero e diluite con poco brodo vegetale o di carne. Per creare una salsa si può partire anche dalla crema pronta in versione piccante: infatti, quella con la panna, già lavorata, si usa di preferenza tal quale. Potete mescolare la crema a yogurt e/o maionese, profumando con prezzemolo tritato. Per le dosi, circa un cucchiaino ogni 2-3 di mayo o yogurt, ma assaggiate per regolare la piccantezza secondo il vostro gusto.

La salsa alla Falstaff

Ottima con il lesso caldo o freddo, nei sandwich con salumi come speck o prosciutto di Praga e persino con il pesce crudo, mescola cren, sott’aceti e sott’oli. Pulite 120 g di cren fresco e spezzettatelo. Frullatelo con 200 g di giardiniera sott’aceto, 120 g di funghetti sott’olio, una spruzzata di brandy, mezzo cucchiaio di senape (possibilmente dolce, per non intensificare la piccantezza) e olio a filo per ottenere una salsa densa. Potete completarla con una leggera spolverizzata di pepe nero, macinato fresco.

L’hummus di barbabietola

Passate al passaverdure 100 g di ceci lessati e frullateli con 250 g di barbabietole cotte, sbucciate e a pezzetti, un filo d’olio, un cucchiaio di succo di limone, 1-2 cucchiaini di crema di rafano, sale e poca acqua. Potete guarnire questo insolito hummus con una cucchiaiata di panna acida o di yogurt e con chips di barbabietole.

aggiornato marzo 2024

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