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News ed EventiBenessereAlimenti “senza nichel”: perché sì

Alimenti “senza nichel”: perché sì

Donne italiane più esposte ai rischi di questo metallo pesante

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L’Italia ha un record di cui avrebbe fatto volentieri a meno: l’incidenza dell’ipersensibilità al nichel, problema che riguarda il 30% degli italiani (soprattutto donne) contro il 20% della media europea. La ragione sta, probabilmente, nel fatto che mangiamo tanti vegetali (come il pomodoro, le insalate e i legumi) in cui si concentra questo metallo pesante, ampiamente diffuso nell'ambiente. E poi siamo molto esposti al nichel anche perché è presente in tanti prodotti che maneggiamo tutti i giorni, come i cellulari, i cosmetici, gli smalti per unghie e le monete. E questo aumenta il rischio di sovraesposizione e di allergia. Con quali conseguenze? E come limitarne i rischi?

Fai il test
Una premessa importante: nel nostro organismo il nichel svolge un ruolo perché partecipa alla produzione di diversi enzimi e al metabolismo di ormoni e grassi. Il problema sorge solo se ne introduciamo troppo perché questo metallo pesante tende a depositarsi nei tessuti, provocando gonfiori, sovrappeso e alti livelli di infiammazione. I sintomi? Quelli classici sono la dermatite allergica da contatto che si manifesta con eritemi sul collo, pruriti sulle guance o rossori ai lobi delle orecchie. Ma in un caso su cinque le reazioni allergiche si presentano anche quando si ingerisce nichel tramite gli alimenti, generando problemi gastro-intestinali, cefalea e astenia. In questo caso si tratta di sindrome da allergia sistemica al nichel.
La prova del nove si ottiene sottoponendosi al patch test, che, nell’arco di 24-48 ore, misura la reattività immunologica e la sua intensità. Se l’allergia è confermata si procede eliminando tutti i prodotti (alimentari e non) che contengono nichel per poi tornare a integrarne alcuni, nell’arco di uno-sei mesi, sempre in modo graduale e sotto controllo medico.

Tieni sotto controllo il nichel
Nell’arco di una giornata evita di consumare più di 2-3 alimenti ad alto contenuto di nichel (come cacao, noci, nocciole, pomodori, cereali, cipolle, funghi, avena, patate, broccoli, crostacei, molluschi, prodotti dolciari a base di cereali, mirtilli e legumi) e preferisci quelli che ne contengono poco o niente (come latte e yogurt, pesci, carni rosse e avicole, uova, riso, agrumi, banane, radicchio, indivia, finocchi e melanzane). In cucina fai scorrere l’acqua del rubinetto per qualche minuto al mattino prima di usarla per eliminare eventuali tracce di nichel presenti nelle tubature. Scegli pentole in pirex, vetro alluminio o comunque garantite come “nichel tested” (significa che i livelli sono minimi) e, per conservare gli alimenti in frigorifero, sostituisci le pellicole per alimenti con contenitori in vetro o plastica. Per i detergenti, i detersivi e i prodotti per l’igiene personale e la cosmesi cerca sulla confezione l’indicazione “nichel free”.

Scegli i prodotti certificati “nichel free”
Pomodorini freschi e insalate in busta, curcuma e passata di pomodoro: sono sempre di più i prodotti alimentari che si presentano con l’indicazione “nichel free”. Sono ottenuti da filiere controllate in ogni fase, in modo da eliminare ogni possibile contatto con questo metallo. Ad esempio, si scelgono i terreni che ne hanno quantità irrisorie o non lo contengono per niente oppure si coltivano i pomodori fuori suolo per evitare che siano esposti al nichel. Altrettanto importante è il controllo delle acque usate durante l’irrigazione e, nel caso dei prodotti trasformati (come le conserve di pomodoro) l’uso di macchinari che garantiscano una contaminazione minima durante la fase produttiva.
Tutti questi sforzi devono essere rendicontati e verificati. Infatti, per poter dire, in etichetta o in pubblicità, che un prodotto è “nichel free” le aziende devono rispettare un regolamento tecnico e fornire ai certificatori i risultati delle analisi chimiche fatte su tutti gli elementi che possono contenere questo metallo (come l’acqua di irrigazione). E devono anche garantire la completa rintracciabilità dei prodotti lungo l’intera filiera.

Manuela Soressi,
ottobre 2023

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