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Gabriele Bonci, ogni pizza è un'invenzione

Il re della pizza racconta in un video il segreto dei suoi impasti. E inventa cinque ricette sorprendenti per Cucina Moderna

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Lo chiamano “il re della pizza” ma Gabriele Bonci è più che altro un inventore. In ogni teglia che mette in forno c’è un’idea, un accostamento ardito, un ingrediente insolito. “Preparo qualcosa come 1500 pizze diverse all’anno” ci racconta nella videointervista “mi piace seguire le stagioni, portare i profumi dei miei orti, giocare con i sapori e colori”.

Gabriele viene da una famiglia di agricoltori e gastronomi, ha un legame con la terra profondissimo.
Le farine sono tutte biologiche: “Quando scelgo la mia materia prima, non voglio parlare con un direttore marketing, voglio guardare negli occhi il mugnaio”, dice.

Gran parte delle verdure che utilizza proviene dagli orti delle pizzerie, meticolosamente curati, anzi, amati: “I ragazzi che collaborano con me affiancano il lavoro in pizzeria con quello nell’orto”, continua.

Il lievito è naturale, lievito madre, ma non ne basta certo uno solo. Nei laboratori di Gabriele sono sette, o anche più, a seconda dell’uso (impasto bianco, di farro, di segale…). “Ogni fornaio, ogni pizzaiolo lo sa. Il primo compito, ogni mattina, è prendersi cura dei lieviti, nutrirli, rinfrescarli”.

Ed ecco che la pizza al trancio si trasforma. Da classico cibo di strada, banalmente buono e saporito, diventa una nuova esperienza. Semplice, eppure gourmet.

Basta osservare Bonci mentre prepara l’impasto, ben idratato ed elastico. Il momento più importante è quello delle “piegature di rinforzo”, in cui ripiega più volte ogni panetto su se stesso in modo da inglobare aria. Per arrivare infine alla lievitazione completa, che non avviene “in luogo tiepido”, bensì in frigo, per un tempo molto lungo: 18-24 ore. Così si salvaguarda l’igiene e si arriva a un risultato perfetto.

E finalmente l’impasto viene steso per essere messo in teglia. Mani enormi da gigante buono, Gabriele lo tocca come se suonasse il pianoforte, lasciandolo ricco di bolle d’aria. Una volta cotta, la pizza è sorprendentemente morbida e croccante, ben alveolata e molto digeribile.

Abbiamo invitato Gabriele a Milano, nello studio fotografico Ubik, di Maurizio Lodi e Laura Cereda, per realizzare il servizio di copertina di Cucina Moderna, in occasione del restyling della rivista.

cover cucina moderna NewGabriele, insieme al suo assistente Giacomo Carlizza, schivo ed efficientissimo, ha preparato per noi cinque pizze davvero particolari: con peperoni arrostiti, mozzarella di bufala e rucola (la vedete in copertina); focaccia doppia di farro, con uova e cacio, gamberi e asparagi grigliati; con crema di ceci, mortadella e pompelmo. “È un grande classico, una pizza che parla di Roma”, spiega Gabriele.

E poi una rovesciata ai carciofi e una pizza ai 3 pomodori, con passata classica, crema di pomodori casalino (che vengono prima arrostiti in forno e poi frullati) e datterini a cubetti. Trovate tutte le ricette per realizzare queste pizze in casa su Cucina Moderna.

Per assaggiare invece le sue preparazioni dal vivo bisogna andare a Roma, al Pizzarium in via della Meloria 43; e al Panificio, via Trionfale 28-36, dove è fondamentale il sodalizio con Roberta Pezzella, "una tecnica lievitista" come la definisce lui, che fa girare tutto alla perfezione. Molte ricette, nonché la descrizione di farine, lieviti e impasti, sono raccolte nel libro "Il gioco della Pizza" (Ed. Rizzoli). Ma per chi vuole imparare dal vivo ci sono i suoi corsi di Arte Bianca a Roma, che registrano sempre il tutto esaurito.

Mentre realizzavamo il servizio, Gabriele ci ha travolto con la sua immensa passione e con la sua energia. Ma ci ha anche sorpreso (sembra strano dirlo per un personaggio XXL come lui), per la delicatezza con cui tratta gli impasti e gli ingredienti, per il suo tocco speciale. Ci ha parlato della preparazione che ha ideato per l'ultima edizione di Identità Golose: un pane di farro con le alghe "dove il mare entra nel pane": sano e incredibilmente buono. Sicuramente mai provato prima.

Barbara Galli, 
febbraio 2015

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