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News ed EventiNewsVino bio alla riscossa

Vino bio alla riscossa

È migliore di quello tradizionale? Quali sono le differenze? Ne parlano gli esperti

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Inizialmente era guardato con sospetto. Nonostante l’indiscutibile pregio di essere bio, lo si riteneva un prodotto poco strutturato, più simile a una spremuta d’uva che non a un nettare maturato in cantina, e forse è anche vero che in certi casi ricordava più una “bevanda” che non un vino, ma le cose sono cambiate. Le etichette bio hanno guadagnato eccellenza nel tempo e hanno saputo farsi apprezzare.

Sulle pagine del Corriere della Sera si legge che in Lombardia, una tra le piazze più importanti per il settore enologico, almeno 25 persone su cento hanno deciso di assaggiare il vino bio negli ultimi 12 mesi, con un aumento di ben 12 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Tra gli estimatori, soprattutto i giovani e i ristoranti di livello medio, mentre quelli stellati rimangono mediamente su prodotti di più lunga tradizione (e molto più costosi). Ma vediamo quali sono le differenze principali tra i vini bio e i tradizionali.

Il disciplinare. A governare la produzione di vino bio è un apposito disciplinare europeo, che prevede l’uitilizzo di uve da agricoltura biologica (ovvero coltivata senza antiparassitari e pestici chimici) e alcune restrizioni sui trattamenti che si fanno in cantina.

I conservanti. Per allungare la vita di un vino (e di molti prodotti alimentari) si utilizzano i solfiti. La dose concessa per i vini bio è di 100 milligrammi per i rossi (contro i 150 dei vini tradizionali) e di 150 per i vini bianchi (contro i 200 dei vini tradizionali). La differenza si percepisce al gusto, ma anche sulla salute, dato che i solfiti possono scatenare allergie e memorabili mal di testa.

In cantina. In cantina le differenze tra bio e non bio sono poche e poco trasparenti, poiché non indicate in etichetta. Una delle questioni principali riguarda i lieviti. Microorganismi che si trovano naturalmente sulla buccia dell’uva, fondamentali per il processo di fermentazione, e che contribuiscono a caratterizzare l’aroma del vino. In ogni territorio si sviluppano lieviti diversi, capaci di attribuire al vino grande tipicità, ma questo, che potrebbe sembrare un pregio, crea non pochi problemi ai produttori, perché lasciando fare alla natura il gusto del vino rischia di essere ogni volta diverso, poco stabile. Per evitare sorprese, sono stati selezionati dei lieviti con caratteristiche standardizzate, che assicurano stabilità ma tolgono tipicità. Oltre ai lieviti, come spiegano gli esperti intervistati dal Corriere della Sera, si possono aggiungere dei "nutrimenti" per i lieviti o degli enzimi che facilitano la fermentazione. E si possono anche usare gelatine per catturare eventuali sedimenti.

I vini “super biologici”. La definizione corretta è “vini naturali”, ultima e apprezzata frontiera della viticoltura bio. Pur non esistendo un disciplinare vero e proprio, i produttori di vini naturali si sono date regole precise per limitare al minimo la manipolazione in cantina: solo lieviti naturali, niente aggiunte durante la fermentazione, niente gelatine o filtrazione. Addirittura alcuni coltivatori vanno nella vigna a cavallo perché il trattore compatta la terra impedendole di “respirare”.

Cristiana Cassé
27 aprile 2016

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