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News ed EventiNewsLa versione della Val d'Arda

La versione della Val d'Arda

Nella vallata piacentina gli anolini (anvein) fanno storia a sé e parlano di una ghiotta tradizione contadina

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In quel tratto dell'autostrada A4 che da Fiorenzuola d'Arda porta a Fidenza, si passa nel giro di due caselli autostradali (15 km circa), dalla provincia di Piacenza a quella di Parma. E in quello spazio-tempo cambia tutto: il dialetto, l'accento e la cucina e se poi il discorso cade sugli anolini, anvein da una parte e anùlen dall'altra, si accende una vecchia e mai sopita rivalità e qualche sorpresa. Già perché le due province, cugine nell'antico Granducato, si contendono oltre alla paternità, anche il primato della bontà di questa pasta che nel ripieno ha pangrattato, uova e formaggio più lo stracotto di carne a Piacenza e il sugo di stracotto e non la carne in quel di Parma. Ma passando al territorio extraurbano, al contrario di quello che pensavo, gli anolini cambiano. Così le varianti della collina e montagna parmense vantano un sugo di manzo e maiale e in Val di Taro si aggiungono anche i funghi secchi. Ma è soprattutto in quella parte della provincia di Piacenza che, a est, confina con quella di Parma che il ripieno degli anolini diventa un'altra cosa. L'ho imparato sul campo, invitata in giuria al Festival di questa pasta ripiena che da alcuni anni si tiene a Fiorenzuola d'Arda. Da sempre crocevia di gente e di merci, la cittadina è il capoluogo dell'omonima vallata dove l'allevamento bovino è il fulcro dell'attività agricola, ieri come oggi, e dove il grana padano viene prodotto da almeno quattro secoli. Qui i bovini servivano per il latte e la carne era merce rara; per non rinunciare all'anolino bisognava lavorare in sottrazione e inventare un personalissimo ripieno con quello che si aveva: il formaggio, pangrattato e poco altro. La tradizione è ben salda ancora oggi nelle case, come nelle trattorie e nei pastifici artigianali della Val d'Arda dove l'anvein rimane con fierezza quello povero, tramandato da generazioni di rezdore. La versione piacentina è un'eresia da queste parti, l'ho capito durante la due giorni del Festival, avvicinando le signore del luogo che si sono prodigate in consigli o versioni di famiglia ma tutte sono state concordi nel definire elemento fondamentale il brodo, dove cadono, anche se solo per la cottura, anche gli anolini piacentini da servire asciutti. Per gli anvein della Val d'Arda non c'è scelta, sono nati per unirsi al brodo di terza, che consiste nel far cuocere in contemporanea tre pentole: una con carne di manzo e un osso, la seconda con una gallina in età e la terza con un salame da brodo, oggi spesso sostituito da carne di vitello. Questo era ed è il vero piatto di tradizione delle feste di Natale. Dove la Val d'Arda scema intorno a Fiorenzuola, la pianura piacentina si mescola con quella parmense verso Fidenza. Se arrivate con l'autostrada troverete appena fuori dal casello un outlet, paradiso dello shopping, intorno al quale sono nate diverse botteghe che vendono prodotti tipici. Chiedete l'anùlen di Fidenza e scoprirete che il suo ripieno non è quello di Parma ma è quasi uguale a quello del cugino di Fiorenzuola: parmigiano reggiano al posto del grana padano, dimensioni simili, diverse scuole di pensiero sul bordo dentellato, cotto e servito nel brodo di terza. Inutile andare a cercare la paternità del ripieno riaccendendo rivalità, le persone si mescolavano allora come oggi, le attività agricole erano le stesse, come le necessità e i prodotti a disposizione. Natale arrivava anche nelle campagne e le rezdore si apprestavano a preparare gli anvein o gli anùlen, a seconda di dove vivevano, con la versione povera e contadina. Perché tutti volevano festeggiare.

Laura Maragliano,
dicembre 2023

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