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News ed EventiNewsIn cerca di pace tra gli olivi

In cerca di pace tra gli olivi

La raccolta delle olive in Cisgiordania è messa in pericolo da attacchi, violenze e ritorsioni, oltre che dalla difficile situazione generale della zona. Dall’Italia nasce un’alleanza per sostenere gli olivicoltori palestinesi e una tradizione alla base dell’economia locale

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Da una sponda all’altra del Mediterraneo, i mesi di ottobre e novembre sono quelli della raccolta delle olive: un rito antico e condiviso, che sia fatto ancora oggi con metodi tradizionali o con moderne strumentazioni, da donne che si arrampicano sui rami con le scale o da squadre di raccoglitori esperti (spesso, immigrati) armati di scuotitori, in cui momenti di gioia e condivisione intervallano la fatica del lavoro e ne celebrano la fine, suggellata dall’olio nuovo e del pane caldo, o spesso da veri e propri pranzi contadini.

La raccolta in Cisgiordania

Questo dovrebbe avvenire anche nelle campagne della Cisgiordania, la zona interna dei Territori Palestinesi, dove la coltivazione dell’olivo ha radici antiche e profondissime, segnando un legame indissolubile tra la terra e chi la abita da secoli, e diventa un simbolo appunto di radicamento e appartenenza: nonostante le difficili condizioni di vita e lavoro, dovute alle limitazioni all'accesso alla terra e all'acqua (vi risiede solo il 10% della popolazione palestinese, circa 300 mila persone), questa è ancora una zona agricola, in gran parte dedicata all'olivicoltura, e l'industria dell'olio d'oliva costituisce il 25% del reddito agricolo, sostentando circa 100mila famiglie.
Proprio per questo, però, in queste zone da lungo tempo contese tra Palestina e Israele (ufficialmente assegnate all’Autorità Nazionale Palestinese dagli Accordi di Oslo del 1993, di fatto sotto il controllo israeliano e oggetto di insediamenti illegali da parte di coloni), spesso gli alberi d’olivo diventano un bersaglio metaforico e concreto: secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), durante la scorsa stagione di raccolta delle olive, tra ottobre e novembre 2024, si sono verificati oltre 225 attacchi da parte dei coloni israeliani, con più di 2.500 ulivi distrutti, aggressioni ai contadini e furti di attrezzi agricoli.

E anche quest’anno la raccolta delle olive, che qui ha preso il via ufficialmente il 15 ottobre, è macchiata da violenza: i villaggi agricoli di almeno quattro province della Cisgiordania – Ramallah, Jenin, Nablus e Hebron – in cui sono iniziati i lavori negli oliveti hanno subito attacchi, gli alberi sono stati spesso bruciati o divelti, e proprio in questi giorni ci sono state delle aggressioni verso chi era impegnato nella raccolta: dalle donne palestinesi ai giovani attivisti internazionali che ogni autunno arrivano per partecipare alla raccolta, ma soprattutto per testimoniare la situazione e cercare di fare da scudo alle popolazioni locali e agli alberi.


Una campagna solidale

A questo scopo, dalle campagne italiane è nata un’iniziativa di gemellaggio e solidarietà chiamata Olivi – Cultura di Pace in Palestina . 
Frutto di confronti e incontri tra tecnici agronomi, cooperative, produttori biologici, amministrazioni locali e realtà della società civile e rappresentanti delle comunità agricole palestinesi, e promossa e coordinata dall’Ong padovana ACS – Associazione di Cooperazione e Solidarietà e dall’organizzazione palestinese Arab Agronomists Association (e sostenuta da una rete ampia e articolata di realtà italiane e palestinesi impegnate nella cooperazione internazionale, nell’agricoltura responsabile e nella promozione della giustizia economica e sociale), si tratta di un’”alleanza” che vuole idealmente ma anche fattivamente collegare gli olivicoltori del Mediterraneo e rafforzare i legami di solidarietà tra produttori, cooperative e territori.

In cosa consiste l'iniziativa

“I promotori di questa campagna sono organizzazioni, cooperative e aziende che da molti anni sostengono concretamente le filiere agricole palestinesi, promuovendo attività quotidiane di supporto tecnico alle comunità rurali, campagne etiche e prezzi solidali per garantire reddito dignitoso ai produttori, pratiche agricole conservative e trasparenza ai consumatori”, spiega Nicola Manno, agroecologo e cooperante di ACS Italia. “Non si tratta soltanto di commercio equo e solidale, ma di un impegno concreto per l’autodeterminazione delle comunità palestinesi. L’adesione a questa campagna si traduce in azioni reali: gli agricoltori promuovono iniziative di solidarietà nei loro territori e, dove possibile, viene applicato un sovrapprezzo solidale ai prodotti. I fondi raccolti vengono destinati direttamente alle organizzazioni agricole palestinesi impegnate nella difesa del territorio e nella ricostruzione degli oliveti danneggiati”. 
Le attività di monitoraggio e assistenza tecnica sono già iniziate in molti villaggi della Cisgiordania, dove operano i partners palestinesi – Oltre alla Arab Agronomists Association sono coinvolti anche Palestinian Agricultural Relief Committee (PARC), Palestinian Farmers' Union (PFU), The Arab Center for Agricultural Development (ACAD) – e numerosi agricoltori affiliati.


Come partecipare

Per diventare parte attiva del progetto, si può anche aderire alla campagna di crowdfunding lanciata per recuperare gli oliveti danneggiati, o impiantare nuovi alberi: donando 5 euro, si contribuisce a far piantare un giovane olivo di tre anni, pronto a dare frutti per la prossima annata. Ma i fondi servono anche a monitorare la situazione, sostenere il mutualismo tra gli agricoltori locali, pubblicare report di denuncia per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale e attivare gemellaggi tra territori rurali del Mediterraneo, coinvolgendo cooperative, amministrazioni locali e società civile nel sostegno diretto alle comunità agricole palestinesi.

Un simbolo di pace politica

“In Cisgiordania l’esercito israeliano ha moltiplicato posti di blocco e chiusure, superando il migliaio, isolando i villaggi e spezzando la libertà di movimento dei palestinesi. Gli attacchi contro le comunità palestinesi sono aumentati non solo in numero, ma anche in violenza, come parte di una strategia di lungo corso che oggi ha raggiunto la sua fase più estrema, con l’obiettivo di costringere i contadini ad abbandonare la terra”, spiega Issa Al-Shatleh, vicepresidente dell’Arab Agronomists Association. “È per questo che la campagna Olivi-cultura di Pace in Palestina è fondamentale: non solo offre un sostegno materiale concreto agli agricoltori palestinesi nel duro lavoro quotidiano, ma perché l’albero di ulivo è il simbolo stesso della resilienza del popolo palestinese. È un simbolo di pace politica, economica, socio-culturale e ambientale – e per questo dobbiamo proteggerlo. La campagna contribuisce a rafforzare le comunità rurali grazie anche a un intenso lavoro di monitoraggio e denuncia delle violazioni israeliane, in particolare contro il settore agricolo e olivicolo”.

Luciana Squadrilli,
ottobre 2025

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