Per capire cosa succede ai grappoli, dopo la vendemmia, siamo andati nella cooperativa Caviro, la più grande della filiera vitivinicola italiana: ogni anno i suoi oltre 13mila soci raccolgono circa 7 milioni di quintali di uva, ossia circa l’11% di tutta quella coltivata in Italia. Dalla lavorazione di tutta quest’uva ottiene tanti prodotti per uso farmaceutico, alimentare e agronomico. Le uve più pregiate vanno a produrre vini d’eccellenza (come il Sangiovese) o vengono prima stoccate e poi miscelate con le altre per ottenere vini da tavola in cartone.
Dagli acini ai medicinali
Dagli acini si estrae il succo che diventa vino e mosto; da quest’ultimo si ricava lo zucchero d’uva, quello che viene utilizzato per arricchire numerosi prodotti alimentari, dalle conserve ai succhi di frutta, dai gelati a biscotti e yogurt. Ma non solo: i mosti vengono anche concentrati e rettificati e venduti alle industrie alimentari, ai produttori di aceto e di vino. E, insieme alle acquaviti di vino fresche e invecchiate, sono ampiamente utilizzati in liquori, acquaviti, amari e champagne.
Dalle bucce alle caramelle
La cooperativa è anche uno dei maggiori produttori nazionali di alcol: dalle uve ne ricava oltre 40 tipi differenti, tra alcol alimentare e alcoli ad alto grado destinati all’industria farmaceutica e cosmetica. E non è finita. Dagli acini estrae i vinaccioli, ricchi di polifenoli, richiesti dal mercato alimentare, farmaceutico e cosmetico per il loro alto potere antiossidante, sfruttato in tanti prodotti, dalle creme antiage all’olio di vinacciolo.
Invece, dalle bucce viene estratta l’enocianina, un colorante naturale molto diffuso nel mondo alimentare, utilizzato in tanti prodotti: dalle caramelle alle marmellate, dalle gelatine ai succhi frutta.
E poi ci sono le fecce, un altro sottoprodotto agricolo ottenuto dalla lavorazione dell’uva. Da esse si ricava l’acido tartarico naturale, utilizzato in molteplici settori: dall’edilizia alla farmaceutica, all’alimentare (ad esempio, nei panetti di polenta). È questa sostanza, infatti, a rendere frizzanti le compresse effervescenti e gommose le caramelle.
Dagli scarti ai fertilizzanti
Dopo aver spremuto gli acini e riutilizzato le bucce, quel che resta poteva essere gettato come scarto? Ovviamente no, perche viene trasformato in risorsa. Le bucce vengono mixate con altri scarti compatibili e usate come combustibile per ottenere energia termica ed elettrica. Le fecce producono biogas che, attraverso un impianto di cogenerazione, finisce anch’esso a generare energia elettrica.
Al termine di tutte queste trasformazioni gli scarti che ancora restano vanno a produrre fertilizzanti e compost (anche certificato biologico) che ritornerà alla terra e nelle campagne. E così come si era partiti dalla vigna, alla vigna infine si ritorna. È l’economia circolare, bellezza!
Manuela Soressi
aprile 2017
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