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News ed EventiPiaceriLa Busiata e lo Zingarelli

La Busiata e lo Zingarelli

Dallo slang trapanese al dizionario 2026: il neologismo che sa di grano

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Busiata nello Zingarelli: pasta e non solo

Friccicarello e bizona, certo. Ma anche cicchetto e amichettismo. L’italiano cambia (come l’Italia d’altronde) e lo Zingarelli, vera bibbia del patrio idioma parlato e scritto, si aggiorna e registra nuove parole e nuovi lemmi. Tra le new entry del 2026 (sono un migliaio!) c’è anche busiata, che, abbandonato il limbo dei dialettismi, diventa a tutti gli effetti un pilastro della lingua italiana, al pari di amore, cuore, mamma. Ma cos’è una busiata? Lo Zingarelli non ha esitazioni: busiàta s. f. (spec. al pl.) tipo di pasta di forma elicoidale a base di semola di grano duro, tipica della Sicilia occidentale.

Lo Zingarelli non si sbaglia: la busiata nasce in provincia di Trapani, come un colpo di genio e un mix di farina, acqua e fantasia. Ma attenzione, dicono i suoi fan, “lei” non è un semplice spaghetto attorcigliato: è un'opera d'arte, un piccolo ricciolo ruvido, trafilato (spesso) al bronzo, che sembra nato apposta per trattenere ogni goccia di condimento. Una specie di Rolls Royce degli acchiappasugo. Un’arma di distrazione di massa per le papille gustative. Tra sapienza delle nonne e ricette tramandate a voce, la sua origine è un tuffo nella storia isolana. Il nome deriva, infatti, da busa, che nello slang trapanese indicava (e indica) il ferro per lavorare a maglia, ma anche, ancor più prosaicamente, il sottile stelo di canna sul quale si arrotolavano le strisce di pasta. In pratica, le massaie di Trapani&dintorni – che a quanto pare erano anche abili tricoteuses o botaniche ante litteram – avvolgevano i pezzetti di impasto (fatto con semola di grano duro e acqua, pochi fronzoli!) attorno al ferro da calza (o allo stelo), creando una forma elicoidale perfetta. Un lavoro di fino, insomma, un'arte che, dicono i bene informati, probabilmente ha radici addirittura arabe.

L'accoppiata vincente: i tredici centimetri della busiata e il pesto alla Trapanese

La busiata, insomma, è sempre stata legata ad una cucina povera e contadina: pochi ingredienti certo, ma grande cura nel gesto, nella manualità, nel creare una pasta che avesse personalità e si distinguesse dalle altre paste “arrotolate, come fusilli, fileja, fr'zzuli. Ma, oggi, riconosciuta a livello lessicale come un termine ormai di uso comune, da pasta umile e casalinga, “lei” è diventata una delle ambasciatrici golose della Sicilia, simbolo della gastronomia della campagna trapanese e della vallata del Belìce. “La busiata originale? Deve misurare 13 centimetri, rispettando la misura esatta della 'busa' che veniva utilizzata": Valerio Campo, pastaio in quel di Erice, non ammette margini d’errore quando si parla di busiata. E’ stato lui, infatti, il primo a far uscire le busiate dalle mani delle massaie e a lanciare una produzione, tra artigianale e industriale, di questa antica specialità. Solo con queste misure, fa capire Campo, la busiata si sposa con tutto: pesce spada, gamberi rossi di Mazara, ragù rustici di maiale. Ma il suo partner in crime, l'abbinamento che la fa diventare leggenda, è uno solo: il Pesto alla Trapanese. La busiata accoglie tra le sue spirali, il condimento freschissimo a base di pomodoro crudo, mandorle (che non devono mancare mai), basilico, aglio e olio EVO. È la risposta siciliana al pesto genovese, nata – si dice – proprio dall'incontro sulle banchine del porto di Trapani tra l’agliata dei marinai liguri e gli ingredienti solari della terra trapanese. Il risultato è la pasta cu’ l’agghia (come dicono da queste parti), una esplosione di gusto che, a quanto si racconta, ha conquistato tutti: dai presidenti della Repubblica (Scalfaro, Ciampi, Napolitano) ai piloti di Formula Uno fino ai membri della Royal Family britannica che a Buckingham Palace si sono arresi al ricciolo siciliano.

Quando l'imperfezione fa il boom: la "nuova vita" della busiata tra pastifici artigianali e turismo gourmet

La busiata è più di una pasta. È una metafora. È la pasta della resilienza, che non molla un grammo di sugo. In un’epoca dove tutto è liscio, perfetto e instagrammabile, lei è un inno all’imperfezione gloriosa. Ogni pezzo è unico, anche se non è più fatto a mano dalle massaie trapanesi. Che, spesso, si arrendono alle busiate pronte, uscite da pastifici artigianali che ne mantengono il formato e la forma, le trafilano al bronzo e le essiccano a bassa temperatura per conservare gli aromi del grano, la ruvidezza della superficie e una consistenza al dente. Quelle del Pastificio Campo di Erice, per esempio, o quelle di TerraMia di Castelvetrano che ne propone una versione preparata con farina di Tumminia, uno dei più antichi grani siciliani o ancora quelle integrali di Molini del Ponte, sempre a Castelvetrano, di Tumminia bio, molita a pietra naturale. "La busiata non è più solo una pasta povera che racconta la storia di un territorio – commenta il mugnaio Filippo Drago, titolare di Molini del Ponte, - in alcuni casi, come è successo a Salemi, è diventata volano di turismo e incoming con la sagra che si organizza da decenni. Raccontare la Sicilia significa anche prendere i visitatori per il palato e con la busiata il gioco è fatto".

Enrico Saravalle,
ottobre 2025

Enrico Saravalle
Enrico Saravalle

Enrico Saravalle è giornalista di vasta e varia cultura, che ama viaggiare, mangiare e usare mouse e tastiera per raccontare luoghi, esperienze e sapori ad ogni angolo del globo. Quando non è in giro per il mondo si divide tra Milano e la Sicilia.

Enrico Saravalle è giornalista di vasta e varia cultura, che ama viaggiare, mangiare e usare mouse e tastiera per raccontare luoghi, esperienze e sapori ad ogni angolo del globo. Quando non è in giro per il mondo si divide tra Milano e la Sicilia.

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