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Luoghi e PersonaggiPersonaggiMarta Pulini, da casalinga a chef di fama internazionale

Marta Pulini, da casalinga a chef di fama internazionale

Era una casalinga, si è laureata in biologia, poi si è dedicata a seri studi gourmet e, con un impegno di anni e anni in Italia e all'estero, è diventata una chef di fama internazionale. Abbiamo incontrato e intervistato Marta Pulini per scoprire i segreti del suo successo.

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La passione per la cucina è stato il motore della sua vita, quando ha incominciato a poter realizzare il suo sogno?
Fino a 35 anni sono stata la tradizionale casalinga dedita alla casa e alla sua famiglia, ma già allora gestivo la mia casa come fosse un ristorante, stabilivo il menu settimanale e andavo a far la spesa tre volte la settimana. Una routine che però non mi soddisfaceva, io volevo rendermi indipendente, quindi appena ho potuto mi sono laureata in biologia, ho seguito un corso di cucina alla Scuola di Arte culinaria Le cordon bleu e poi ho aperto a Modena la mia brasserie: cucinavo tantissimo, sperimentando e scoprendo nuove appaganti emozioni. Un’esperienza un po’ impegnativa ma fondamentale per il mio futuro.

Quali sono state le tappe più importanti del suo percorso professionale?
Innanzitutto quella americana: appena i miei figli sono stati grandi sono partita per una straordinaria avventura: lavorare per un prestigioso ristorante di New York, incontrare nuove culture, ampliare i miei orizzonti e riuscire ad affermarmi professionalmente.

112899Ma poi è tornata alle sue origini ed è riuscita a imporsi, come ha dichiarato anche Davide Oldani, con una cucina italiana reinventata e molto attuale. Non un passo indietro, quindi, ma uno sguardo al futuro partendo dalla tradizione.
Ho voluto tornare alla mia famiglia e godermi un po’ anche i nipotini, ma non ho rinunciato per questo al mio percorso professionale, anzi… ho aperto, in società con Sabrina Lazzareschi, Bibendum Catering. 
Ma la più grande soddisfazione l’ho avuta quando Massimo Bottura mi ha chiesto di dare una nuova impronta al suo Bistrot, la Franceschetta: qui ho potuto creare un’atmosfera conviviale, una concezione innovativa dello stare insieme a tavola, quello che chiamiamo comfort food: piatti diversificati, tra tradizione e fantasia, messi in tavola sotto forma di stuzzicanti assaggi da cui ciascuno si può servire a piacere. Ma questo non è bastato perché sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, quindi all’inizio di quest’anno ho aderito con entusiasmo alla richiesta della gallerista Rossana Orlandi di prendere in gestione il ristorante del suo show room in via Bandello a Milano: un’altra sfida che mi sta già dando molte soddisfazioni.

Dicono che il suo è un carattere morbido e condiscendente, che non sa mai dire di no, ma che riesce sempre a ottenere il meglio dai suoi collaboratori. Qual è il segreto?
Essere determinati ed esigenti non significa alzare la voce e voler dominare, occorre puntare sull’esempio e sul lavoro d’équipe. Io considero uno chef come il capitano di una nave: lavora sempre con l’equipaggio ed è l’ultimo ad abbandonare la nave.

Cosa ne pensa della professione di chef al femminile?
Che è ancora considerata privilegio maschile, ma le cose stanno cambiando perché oggi sono molte le donne che vogliono votarsi a questo difficile mestiere mettendo in campo, oltre che l’innata passione, tenacia, perseveranza, gusto e soprattutto fiducia nelle loro possibilità di farcela anche da sole. Proprio come è successo a me.  

Miriam Ferrari
18 dicembre 2015

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