Figlio del mare e dei vulcani che nei millenni diedero origine all'isola (almeno cinque, oggi spenti e sommersi), il carciofo di Procida ha un sapore peculiare, dove le note salmastre si mescolano a sentori minerali.
Coltivato nelle cosiddette parule, gli orti vicino alla costa irrigati con acqua leggermente salina, assorbe dal terreno un retrogusto di rocce vulcaniche: quasi fosse un mix delle due anime, marinara e contadina, della piccola isola flegrea. Qui il carciofo viene chiamato mammarella, perché è formato da un capolino primario, la "mamma" appunto, grosso e turgido, di colore verde chiaro con sfumature violacee, e da vari capolini secondari più piccoli e tendenti al viola, come tanti "figli". È di tipo romanesco, grande e senza spine, dalla pianta rustica e vigorosa, che non ha bisogno di trattamenti chimici: per proteggerlo dalle lumache, i contadini spargono un po' di cenere sulle foglie e sul fiore e i concimi sono di origine organica (come spiegato nel libro Procida, realizzato dall'Associazione Ambiente e Cultura Mediterranea in occasione di Procida Capitale Italiana della Cultura 2022).
La varietà è tardiva e dunque la raccolta delle mammarelle incomincia a marzo, per proseguire fino a maggio. Per le sue caratteristiche tipiche, il carciofo procidano fa parte dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) della Campania, una regione grande produttrice di questi ortaggi: già si coltivavano ai tempi dei Romani, nelle vicinanze di Pompei, e i Borboni ne erano grandi estimatori. La cucina di Procida si divide tra il mare, ricchissimo di pesce, e la terra, altrettanto generosa di frutti: se la pesca e la marineria hanno segnato la storia dell'isola, forte è anche la dimensione agricola e contadina, con un susseguirsi di orti giardino dove crescono limoni, pomodori, carciofi, zucchine, melanzane, patate, legumi, uva. Purtroppo negli ultimi anni le coltivazioni si sono ridotte di circa il 50%, come la produzione di vino, ormai solo amatoriale; non fanno eccezione i carciofi ma, visitando l'isola a primavera, è ancora possibile gustarli in tante ottime ricette, alcune legate alle celebrazioni della Pasqua, qui molto sentita.
Le mammarelle vengono cucinate lessate, farcite con aglio fresco, prezzemolo e peperoncino piccante; oppure cotte sotto la cenere; tagliate a pezzetti, impanate e fritte; ripiene a piacere, per esempio con salsiccia e formaggio oppure riso, mozzarella e uova, e cotte in forno; alla giudia, schiacciate e fritte. Sono poi ingredienti di piatti deliziosi come il tortano ai carciofi e salsiccia, una ciambella lievitata da mangiare anche fredda; i paccheri con acciughe, olive, capperi, prezzemolo, pecorino e briciole di pane; la pizza (torta salata ripiena) e altri. La nota chef procidana Libera Iovine, stella Michelin con il ristorante Il Melograno di Ischia (oggi chiuso), propone la parmigiana di primavera, con carciofi affettati e fritti, mozzarella, uova e salsa di pomodoro, da abbinare al coniglio, altra specialità isolana (la ricetta si trova nel libro Storie e sapori di Procida, Nutrimenti, 2017).
Marina Cella
aprile 2023
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