Ci vogliono tempo e pazienza per prepararla. Ci vuole anche un inverno rigido, magari la neve, per predisporre lo stomaco ad accoglierla. Ma questo non è l’inverno giusto. Tempi duri per la polenta, un piatto così semplice che ha bisogno solo di un paiolo, un fuoco, una spatola e la gialla farina. Scriveva lo scrittore Giovanni Arpino: “Dovevi dedicarle una giornata tra il ruotare del paiolo, il mangiare e il predisporti al prossimo inevitabile appetito. Nel mondo più lento che ignorava le frenesie, la polenta fungeva da orologio. Potete chiedere o ritrovare questa virtù in un’aragosta o in un soufflé?”.
È vero che oggi tra farine precotte, pentola a pressione e paiolo elettrico la polenta è presto in tavola ma, pur buona, perde un po’ di quella magica poesia che l’ha vista protagonista del desco di un intero mondo contadino. Nei ricettari veneti capita di leggere: “Durante l’inverno si consumava il mattino a colazione polenta brustolà su la gradela, così a pranzo, con o senza minestra, accompagnata da un companatico di maiale. La sera la polenta dominava la tavola sulla larga panara”.
Dopo aver conquistato il Veneto, il Friuli, il Trentino, la Lombardia e poi il Piemonte, la polenta non riesce a imporsi in Liguria, in Emilia, in Toscana e sempre meno scendendo lungo lo stivale. Però la celebrano poeti e scrittori come Manzoni, Goldoni, Rigoni Stern, Soldati. Nel Settecento inizia l’ascesa alla mensa dei nobili ed è persino istituita un’Accademia, quella dei Polentofagi, progenitrice del Circolo della Polenta, fondato a Parigi alla fine dell’Ottocento per gli italiani più in vista. Era un circolo culturale che insigniva i suoi iscritti dell’Ordine dei Polentoni, tra i primi Arrigo Boito, autore della “Canzone della spatola” (così popolare da essere suonata dalle orchestrine nei ristoranti e negli alberghi).
Meno nobile può sembrare la ricettistica perché nell’immaginario la polenta è la polenta, e invece due illustri personaggi della cucina italiana, Luigi Carnacina e Vincenzo Buonassisi, le dedicano nel 1974 un intero libro raccogliendo o inventando ricette di ogni tipo come quella che trovate nella pagina seguente. Non solo, questo mese Sale&Pepe dedica alla polenta anche il suo servizio di pasticceria per sottolineare che la “traviata”, come viene definita in alcune zone del cuneese, per la sua facilità ai più disparati connubi, è buona sempre. In qualsiasi versione.
di Laura Maragliano
Oltre ai bignè di polenta con zampone e formaggio alla Telesforo Fini, su Sale&Pepe in edicola dal 21 gennaio potrai trovare:
CARNEVALE: frittelle ma non solo
SUGHI ALLA TOSCANA: sapori robusti da intenditori
CHAMPIGNON coltivati, delicati, sempre a disposizione
MAIALE, tagli dimenticati che vanno riscoperti
Il numero di marzo 2016 sarà in edicola dal 20 febbraio 2016.
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